“Silvana: una vita straordinaria”: un libro-ricordo, per renderle omaggio
Pubblicato un libro di testimonianze che ricostruiscono i momenti salienti della vita di Silvana Rivela: la famiglia, gli amici, i viaggi, la generosità, una storia di “fatti e di relazioni”
Mercoledi, 22/06/2022 - Uno spirito indomito, quello di Silvana Rivela, nata nel 1942 a Roma, cresciuta tra Piazza Bologna e San Basilio con la sua famiglia di origine, e divenuta poi cittadina del mondo grazie ai suoi moltissimi viaggi, oltre 300 nei cinque continenti, le cui mete venivano segnate con cura sulla carta geografica del mondo che teneva appesa in camera: spillette rosse se il Paese era stato visitato una sola volta, bianche se il luogo era stato meta di più viaggi.
Trascinante e determinata, allegra e seria, burbera e sorridente, indipendente e sognatrice, pragmatica e generosa (ha sostenuto per anni con donazioni cospicue l’associazione MICHE per la scolarizzazione dei bambini di un villaggio in Tanzania), Silvana è stata una femminista ante-litteram, legata al sindacato e alle sue iniziative, alla difesa dei diritti delle lavoratrici, della cui importanza aveva piena consapevolezza anche avendo vissuto per anni da donna single.
Come giovanissima pensionata (a 52 anni aveva raggiunto i contributi necessari), Silvana potrà permettersi una casa nuova alla Garbatella, e dedicarsi pienamente ai suoi adorati viaggi, senza però dimenticare i pranzi della domenica con la sua famiglia, alla quale resterà sempre legatissima.
Silvana inizia a lavorare a 14 anni come operaia presso la “Visiola”, una fabbrica di apparecchiature elettroniche, radio e televisioni, sulla Tiburtina. A quell’epoca si iniziava presto a lavorare, soprattutto provenendo da ceti popolari, “perché ‘si doveva’ (i soldi erano pochi), si ‘voleva’ (perché il lavoro dava autonomia) e si ‘poteva’ (il lavoro si trovava e nascevano molte aziende)”. Qui troverà le ‘amiche del cuore’ che la seguiranno fino agli ultimi anni, in particolare Giulia, Marisa e Claudia.
Ma la vita lavorativa ed intellettuale di Silvana non si è fermata alla fabbrica: ha seguito i movimenti beat sessantottini, ha aperto un negozio di elettrodomestici, ha lavorato in campagne elettorali di politici e come impiegata in banca e, soprattutto, è divenuta accanita lettrice e viaggiatrice, imparando a parlare tre lingue da autodidatta ed allargando in modo esponenziale le sue vedute e la sua cultura.
Tante le storie d’amore ma soprattutto le numerose e solide amicizie scaturite dai suoi numerosi viaggi: tra le esperienze più interessanti della sua vita, quella di accompagnatrice dei viaggi di “Avventure nel Mondo”, dove si trovò anche in situazioni molto difficili (come l’aggressione al gruppo di viaggiatori da parte dei ribelli in Algeria) che seppe gestire con coraggio e nervi saldi.
Riferimento per nipoti e pronipoti (che le confidavano tutto quanto non si può dire a una madre), punto di incontro per amiche e amici, ai quali ha offerto sempre affetto, accoglienza e solidarietà, Silvana è stata un esempio di libertà ed autonomia femminile contro gli stereotipi e i pregiudizi tipici di un’epoca in cui vivere da sole per le donne era visto con sospetto.
Oggi Silvana non c’è più: complicazioni post-operatorie e Covid hanno fiaccato, nell’estate del 2021, anche la sua combattività e la sua forza di carattere, e le sue ceneri si sono unite al mare. Ma i semi d’amore e libertà che ha seminato ovunque nel mondo, l’amicizia e l’affetto che ha avuto per i suoi amici e per la sua famiglia, quelli germoglieranno ancora per lunghi anni, annaffiati dai rivoli della memoria e coltivati con cura dalle tante persone che ancora oggi concordano nel dire: “È stata una fortuna conoscere Silvana!”.
Chi fosse interessato al libro può contattare Flaviana Rossi, la nipote di Silvana, al seguente indirizzo: flavianarossi60@gmail.com
Così ci racconta Silvana la nipote Flaviana.
Silvana, si comprende benissimo leggendo il libro di ricordi, testimonianze e foto che la famiglia e gli amici hanno realizzato per lei, “Silvana: una vita straordinaria”, è stata molto amata ed ha donato il meglio di sé stessa nelle relazioni umane. Un particolare legame aveva con la sorella Anna Maria e con il fratello Pino, oltre che con i suoi nipoti e pronipoti. Flaviana Rossi, la figlia maggiore di Anna Maria, ci racconta chi era sua zia Silvana e come è nata l’idea del libro.
Com’è nato questo libro? Perché un libro su Zia Silvana?
Silvana aveva tantissimi amici perché aveva fatto moltissimi viaggi in tutto il mondo, ed era una donna sempre in pieno movimento; non si era sposata e non aveva figli ma è stata sempre molto vicina a tutti i nipoti ed era legatissima alla sorella Anna Maria, mia madre, e al fratello, mio zio Pino. Quando è venuta a mancare, in un modo abbastanza improvviso, abbiamo fatto una piccola cerimonia di commiato laica - lei aveva lasciato un testamento specificando che non voleva funzioni in chiesa e che voleva essere cremata - e quel giorno ci sono state molte testimonianze, oltre che dei parenti, anche di amici per i quali, in un modo o nell’altro, Silvana era stata un punto di riferimento importantissimo nella vita. Noi siamo stati sempre la famiglia da cui lei veniva la domenica, rinunciando ad altri impegni perché voleva stare con noi. In quell’occasione ha parlato una persona dicendo che loro erano la famiglia del sabato, e noi non lo sapevamo: si vedevano il sabato con un gruppetto di amiche a casa di una delle sue più care amiche, che conosceva da quando aveva 14 anni - l’aveva conosciuta in fabbrica – tutti i sabati compravano la pizza, salame e mortadella, si prendevano un caffè, venivano anche le figlie di questa amica, e trascorrevano insieme la giornata.
Poi ha parlato un signore moldavo, Yuri, che stava lì coi figli grandi e piangeva più di noi parenti, dicendo che Silvana era stata più di una madre per loro, perché dovevano comprare casa e nessuno faceva loro un mutuo, e Silvana aveva dato alla famiglia il denaro che mancava, loro lo stavano già restituendo a lei ed ora avrebbero restituito quello che restava a noi nipoti. Ma il gran bene e la stima per mia zia che veniva fuori da queste persone, da questo signore, ci ha lasciato senza parole: è venuto fuori un quadro di una persona che aveva sempre lottato per affermarsi come persona e per salire la scala sociale ma sempre con lo sguardo verso gli altri. Mia zia è l’esempio di come, con la volontà, con la determinazione e la disponibilità si possano ottenere enormi risultati di crescita, personale e non solo.
Aveva iniziato da giovane a lavorare in fabbrica?
Si, lei aveva iniziato a lavorare a 14 anni in fabbrica, col primo libretto di lavoro: veniva da una famiglia molto molto povera, era nata in tempo di guerra, poi nel dopoguerra suo padre, mio nonno, che era un ebanista, ebbe un glaucoma e perse la vista tra i 40 e i 50 anni, e non poté più lavorare, così i figli giovanissimi tutti e tre dovettero andare a lavorare. Lei lavorava alla “Visiola”, sulla Tiburtina, dove conobbe un gruppetto di compagne ed amiche che ha sempre frequentato, è diventata vecchia senza mai perderle e, naturalmente, il giorno in cui l’abbiamo ricordata, erano presenti.
La definiresti una femminista ante litteram?
Si, sicuramente, fuori da tutti gli schemi: lei è stata una donna libera fino in fondo non stretta in convenzioni, aveva le regole e le rispettava ma era fuori dalla formalità e dalle convenzioni. Ha fatto tante esperienze nel ’68, la politica, il nudismo, la spiritualità a Puna in India, sempre portando avanti una ricerca interiore per diventare una persona autentica. Aveva fatto scelte diverse dalla sorella Anna Maria, mia madre, che si era sposata giovanissima ed aveva avuto tre figli, eppure andavano d’accordissimo e ciascuna - si erano dette una volta - se fosse tornata indietro, avrebbe rifatto le stesse scelte.
Hai un ricordo particolare di lei?
Quando ero piccola lei con noi nipoti era piuttosto intransigente, voleva che parlassimo in italiano e non nel romanesco della borgata, esigeva che rispettassimo gli impegni presi e fossimo educati, poi negli anni era diventata molto più permissiva.
Un ricordo particolare che mi è rimasto impresso, quando ci raccontò che in un viaggio alle Maldive – di cui lei era capogruppo - i viaggiatori decisero di mangiare un’anguria in mare, nel mare stupendo e trasparente, gettando tutti i semi dell’anguria in acqua, e mia zia si arrabbiò moltissimo dicendo alle persone di raccogliere i semi, perché non voleva assolutamente che si rovinasse o alterasse in alcun modo quell’ambiente perfetto, e che se tutti lo avessero fatto sarebbe stato un disastro: sentiva molto il valore dell’ambiente.
Altra cosa che ricordo è il rapporto con la politica: lei viaggiava sempre ma si organizzava in modo tale da poter essere sempre presente in Italia per votare, perché per lei era un punto d’onore. A noi quattro nipoti e ai cinque pronipoti ha lasciato un grande ricordo di coerenza e chiarezza, ci diceva tutto quello che sentiva, magari discutendo. Pur essendo sempre lontana era sempre vicina e oggi ci manca tanto.
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