La storia di una crisi e di una possibile (e non scontata) rinascita
Anna si è svegliata, il primo romanzo (Elliot edizioni, 2023) di Alessandra Albertini, racconta con una scrittura asciutta, ma dolente e mai vittimistica, la storia di una donna resa insicura, spaesata, impaurita, e abituata a farsi trascinare dagli eventi più che a dominarli. La donna, di nome Anna, è resa insicura dal passato e dalle persone che la circondano.
È come se Anna, pur non lo sapendolo, stava dormendo. Viveva una vita narcotizzata. Incapace di afferrare le cose e gli eventi. All’ombra di un sonno strano, che la faceva respirare, le permetteva di lavorare, occuparsi di suo figlio.
Poi, un giorno, Anna si sveglia e si accorge che la sua non è altro che un’esistenza piena di crepe. La consapevolezza le viene dalla scoperta di una malattia, che mette in discussione tutto: le scelte fatte più per gli altri che per se stessa, una maternità vissuta con una determinazione forse ossessiva, i sensi di colpa verso un uomo da cui si è allontanata impercettibilmente, anno dopo anno, senza quasi accorgersene.
Anna allora riflette, pensa, guarda con altri occhi la vita che pensava modesta e si trova a pensare che «quando servo i clienti, mi sembra che la gente puzzi di più. Non solo i piedi, ma anche le mani. Penso a chi di loro potrebbe covare una malattia e ancora non lo sa. Chi avrebbe voglia di cambiare vita, chi è felice, chi vorrebbe scappare dall’altra parte del mondo. Mi piacerebbe che i clienti mi raccontassero le loro storie, vorrei diventare il loro confessore. Ho voglia di vita, di gente che compie azioni e che sogna. Vorrei prendere in prestito i corpi degli altri».
Anna si è svegliata è dunque la storia di una consapevolezza dove l’amore (filiale, carnale, amicale) è parte integrante della storia e i rimandi alla sfera emotiva (ma anche erotica) della protagonista abbondano.
Si mostra fin da subito, seguendo il filo dei pensieri della donna, un profondo bisogno non di avere a tutti i costi una relazione, quanto piuttosto di trovare una sua dimensione esistenziale, nella quale poter finalmente essere libera di scegliere. Di vivere una sessualità consapevole e libera e non sentirsi, sempre, subalterna al proprio partner.
Anna non ha bisogno di una ‘vita randagia sessualmente’, o storie di una notte, ma di un rapporto alla pari, in cui esprimere il proprio desiderio di vita, anche attraverso una sessualità consapevole. Questo la porta a cercare un uomo che sia in grado di completare questa parte di sé.
Non per niente in tal senso il finale è aperto, il lettore non ha certezza di quelle che saranno le scelte future, se il rapporto con il marito potrà essere sanato o se avrà la meglio un amore nuovo. E poco importa, in fondo, perché la vera svolta, più che la destinazione, è il viaggio che Anna ha finalmente intrapreso.
Alessandra Albertini non difende mai la protagonista da qualsiasi sbaglio o da qualsiasi strada cieca che la protagonista prende, è come se mettesse la sua protagonista davanti alla responsabilità da cui è sempre fuggita. Ne viene fuori, così, un ritratto spietato della donna, delle sue scelte e delle sue mancanze.
L’autrice passa al setaccio la mente di Anna, ma anche le sue relazioni. Anna è madre. Pietro, suo figlio, è stato desiderato con cieca determinazione oltre ogni limite imposto dalla natura. Anna e il marito, Marcello, un tempo molto amato e oggi incapace di capirla, toccarla, perdonarla. Anna e Simona, la sorella ribelle e coraggiosa a cui è legata da un forte legame di complicità. Anna e Sara, l’amica più cara, capace di offrirle un conforto concreto, ma mai complice nella sua tendenza all’autocommiserazione e al pessimismo. Anna e Dario, forse un nuovo amore, una di quelle sorprese che la vita ti fa nei momenti più strani, quando meno te lo aspetti.
La malattia, che la sfianca nel fisico e nello spirito, è l’occasione per modificare, finalmente, la sua vita, guardarsi senza vergogna allo specchio e rivendicare i propri desideri, prendere per mano le paure di una vita intera e trasformarle in opportunità. Il tutto senza affanno, con lucida serenità e uno stato d’animo che le permette di muoversi, per la prima volta, senza appoggiarsi a nessuno e in solitudine. Una solitudine, che non è forzata assenza di relazioni, ma consapevole segno di maturità.
Anna si è svegliata è la storia di una crisi e di una possibile (e non scontata) rinascita. È la più universale storia delle sfumature di cui è fatta l’esistenza, della cortina di fumo che tutti noi attraversiamo almeno una volta nella vita di coppia, della felicità che è sempre pericolosamente contigua all’infelicità. Il risveglio, per Anna così come per tutte le donne per troppo tempo incastrate in un limbo di vuoto, è sinonimo proprio di rinascita. E quando si nasce non si può fare altro che vivere, o almeno provarci.
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