A un anno dalla scomparsa della parlamentare del PCI, un libro collettaneo - voluto dal PD - la ricorda con una raccolta di testimonianze e suoi interventi
Domenica, 22/09/2024 - Angela Bottari è stata deputata del Pci negli anni in cui a Montecitorio “passavano” le questioni sulle professioni escludenti, sul delitto d’onore, sul matrimonio riparatore, sull’aborto, sulla violenza di genere. Il femminismo era extraparlamentare: poche donne si fidavano dei partiti e oggi sono convinta che le ragioni di fondo erano giuste, ma le donne debbono amministrare una loro politica, partendo da istituzioni create da interessi nobili anche se maschili. Le leggi sono necessarie e la loro approvazione esige il concorso dell’elettorato, anche femminile, quindi è necessaria anche la capacità di negoziare nel confronto con le posizioni diverse.
Erano gli anni in cui le situazioni venivano trasformandosi: se nei primi decenni della Repubblica la parola d’ordine era l’emancipazione, termine usato per le rivendicazioni di libertà, oltre che per le donne, per i popoli oppressi, ma trae origine dalla liberazione degli schiavi.
Il femminismo contestava in nome della liberazione, ma i partiti - nati e continuati patriarcali - giudicavano estremismo che le loro compagne aspirassero a qualcosa di più, a troppo di più.
Ci furono in quegli anni due approvazioni di buone leggi poi soggette a referendum abrogativo, il divorzio prima e l’aborto dopo. Il Pci era convinto che il popolo avrebbe obbedito alla tradizione: ricordo l’espressione “una donna a cinquant’anni non chiederà di essere abbandonata”, esemplare di una logica patriarcale. Bisognava imparare che le donne tengono di più alla loro dignità. Pertanto votarono secondo i loro interessi, non quelli del marito o del partito.
Ma un nuovo riformismo di genere si impose in Parlamento: la violenza sessuale. La discussione - fortunatamente i tempi possono cambiare in meglio e oggi sarebbero bastati due giorni - durò vent’anni e cinque legislature.
Angela fu nominata relatrice nella discussione della legge che condannava lo stupro. Non era allora una partita facile: i viaggi delle discussioni tra Camera e Senato o diluivano i tempi o approvavano emendamenti che riaprivano gli scontri. Allora le donne riempivano le piazze e io suggerii a Giglia Tedesco, portavoce del Pci in Senato, di andare allo scontro: anche se si fosse perso, avremmo avuto la piazza piena. Mi rispose che sbagliavo se credevo che la colpa fosse della DC: “i compagni non vogliono che fosse violenza quella del marito”. La responsabilità di Angela era grande, anche perché era relatrice, ma apparteneva all’opposizione e i suoi interventi appassionati dovevano tenere conto dell’andamento della discussione. Tuttavia quando fu approvato un emendamento di Carlo Casini, leader del Movimento per la vita, che riportava lo stupro a reato contro la morale, Angela rassegnò le dimissioni: era stato “snaturato il testo presentato dalla Commissione”.
Oggi il cellulare l’avrebbe tenuta in contatto con il capogruppo e avrebbe ricevuto istruzioni: forse le cose sarebbero andate in altro modo.
Nel 1983 la rottura di Angela provocò l’ira di Napolitano che la riprese aspramente e anche la presidente Iotti le espresse il proprio rammarico: era in corso il Congresso (e le elezioni).
Ma la ragione politica giusta era di Angela: l’intero paese (delle donne) ringraziò il coraggio della parlamentare comunista. Ma in Parlamento le donne, nonostante si trattasse di un interesse “di genere”, erano divise: democristiane favorevoli si assoggettarono al partito che disponeva della loro carriera politica e donne del Pci che o tenevano per il partito prima di sé stesse, oppure furono al fianco di Angela e si ribellarono al partito-patriarca. Fu una testimonianza particolarmente significativa: una donna, una comunista, una siciliana si batteva contro la violenza peggiore che abitava le famiglie.
Angela ha fatto anche altro, da eletta responsabile, ma l’episodio ha determinato il suo profilo. E’ scomparsa l’anno scorso e il Pd ha voluto ricordarla con un libro collettaneo che contiene i ricordi di amiche e di amici e le testimonianze dei suoi interventi. Una delle molte, degne di essere ricordate alla nuova generazione.
ANGELA BOTTARI
Storia di una donna libera
(a cura di Pietro Folena e Francesco Lepore)
Castelvecchi editore, 20 euro
Lascia un Commento