"Amore, ma se mi uccidi poi chi picchi?" Quando si sbagliano le parole
Il cartellone che pubblicizza un convegno sulla violenza contro le donne è comparso a Potenza, ma usa un linguaggio assolutamente scorretto e fuorviante
Martedi, 03/04/2018 - Molto clamore hanno suscitato sul web e fra le associazioni che si occupano di violenza contro le donne, i manifesti comparsi a Potenza per pubblicizzare un convegno, che sensibilizzi sulla violenza sulle donne.
Fa molto discutere, giustamente, il linguaggio scelto per comunicare l'evento: "Amore, ma se mi uccidi poi chi picchi?" Questa frase veicola un messaggio sbagliato specialmente se decontestualizzato e senza un filtro di lettura (cosa che non può avvenire su un cartellone pubblicitario che scorre davanti alle persone che gli passano di fronte).
In questo senso il video (https://www.youtube.com/watch?v=67ZieiSS9rE), con lo stesso titolo, (realizzato da un Centro antiviolenza Campano e con il patrocinio del Comune di Napoli e della regione Campania) pur continuando a mantenere le criticità di cui abbiamo detto, risulta più tollerabile perchè esprime un paradosso facilmente decodificabile.
E' ormai chiaro a tutte le operatrici e agli operatori del settore che è importantissimo il linguaggio che viene usato per trasmettere alle donne quella consapevolezza per uscire dalla violenza e per indurle a denunciare o in ogni caso ad uscire dal silenzio.
Perchè continuare a rappresentare una donna che è maltrattata fragile, succube e vittima contenta, non aiuta certo a contrastare la violenza contro le donne. E' importante, invece utilizzare un linguaggio rispettoso della dignità femminile e che trasmetta valori positivi ed anche di forza.
Bene ha fatto la consigliera regionale alle Pari Opportunità Ivana Ipponzi a chiederne la rimozione immediata.
La responsabilità di chi fa comunicazione su questo tema è delicata perchè il contrasto alla violenza di genere passa anche dal linguaggio. Quando si sbagliano le parole, come in questo caso, non si aiutano le donne.
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