Mercoledi, 12/06/2019 - Desta sconcerto e preoccupazione la decisione presa dalla Direzione medica dell’Ospedale di Chivasso (circolare del 31.05.2019) di posizionare nuovi crocefissi nelle stanze di degenza. Dopo il Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona dello scorso marzo ed una campagna elettorale dove il crocifisso è stato brandito come simbolo identitario ed utilizzato strumentalmente per legittimare prese di posizione politiche antidemocratiche, molto urlate e poco argomentate, appare purtroppo evidente che questo, o altri simboli che richiamano il cattolicesimo, hanno assunto connotazioni ideologiche la cui pretesa universalità consiste invece nella negazione di posizioni diverse.
Difficile non contestualizzare il fatto di Chivasso con gli esiti del voto regionale piemontese e con il nuovo corso politico che vedrà alla guida della Regione i sostenitori di quelle “radici cristiane” a cui da tempo le destre, e non solo la Lega, guardano per cercare consenso politico. E difficile anche non pensare alle iniziative internazionali portate avanti da associazioni cristiane integraliste, associazioni Pro-vita e politici conservatori con il progetto espresso nel manifesto “Ristabilire l’Ordine Naturale”, su cui “Se Non Ora Quando?” di Torino ha richiamato l’ attenzione traducendo la ricerca realizzata da EPF, il Forum Europeo per i Diritti e lo Sviluppo.
Proprio in questa ricerca viene alla luce il tentativo di ritornare ad una “Legge Naturale”, basata sull’imposizione di convinzioni religiose da realizzare attraverso la politica e la legge in modo da contrastare la presunta deriva morale e l’imbarbarimento della società causati dal riconoscimento di diritti che toccano ambiti solo apparentemente lontani, come le leggi a tutela dell’eguaglianza e contro la discriminazione, i modelli familiari, il divorzio, la bioetica, le tecniche diagnostiche prenatali, la contraccezione, l’aborto, l’eutanasia…
Ma veniamo ai fatti di Chivasso. Mentre nei social ferve il dibattito, a cui hanno fatto eco le spiegazioni dei diretti interessati ed i commenti di politici plaudenti all’iniziativa, poche sono state le prese di posizione ufficiali di denuncia della violazione del principio di laicità e dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione.
Lorenzo Ardissone, direttore dell’ASL To4 di cui l’ospedale di Chivasso fa parte, difende l’operato del collega: “La colpa è tutta mia, non è una scelta del direttore dell’ospedale di Chivasso. Facendo i lavori alcuni crocifissi si erano rotti e mi pareva che fosse disordinato che in alcune stanze ci fossero e in altre no. Quindi ho chiesto a tutti gli ospedali dell’azienda di fare una verifica. A Cuorgné [altro ospedale dell’ASL 4 ndr] è stata fatta un anno fa e a tutti ho detto che se ci fosse un paziente che non vuole il crocifisso si toglie e si mette via fino a che è nella stanza… Io personalmente i 2 crocifissi non li tolgo, anche se so che altri ospedali li hanno tolti. Ci sono sempre stati, da me ci sono tanti anziani e ci tengono. Quindi non credo che togliere i crocifissi sia una dimostrazione di libertà”.
A suo sostegno intervengono molti difensori dell’identità cristiana come fondamento della società italiana e tra questi il vicepresidente del Senato e uomo delle istituzioni da molti anni onorevole Calderoli che dichiara: “Il crocefisso è la nostra storia, la nostra radice cristiana e bene ha fatto il direttore a prendere questa decisione di semplice buon senso, per dare conforto a chi soffre ed a chi ha paura.. e chi non gradisce può anche andarsene altrove…”, aggiungendo alcuni giorni dopo che “nascondere il crocefisso nel timore di offendere gli immigrati di religione islamica significa rinnegare chi siamo e confondere integrazione con sottomissione”.
Ma quanto solerte e generoso il dirigente pubblico che difende il collega, anche lui dirigente medico, ottemperante all’ordine di un superiore! Si preoccupa della gestione della Sanità a partire dal “disordine” delle stanze, chiede una verifica, è pronto a togliere il crocefisso in caso qualcuno non lo voglia e, considerato che la libertà religiosa non si dimostra con un crocefisso in più o in meno, anche se in altri ospedali sono stati tolti, nel “suo” ci sono sempre stati e ci resteranno perché “gli anziani ci tengono”. E quanta competenza istituzionale e rispetto delle opinioni e delle libertà altrui dimostra il vicepresidente del Senato, che snatura la questione additando l’Islam come nemico e dimenticando come Religione e Stato siano due cose ben diverse nella prospettiva laica raggiunta dall’occidente moderno liberaldemocratico e di cui lo stesso Cavour fu assertore di una “Libera Chiesa in libero Stato”, come uno dei principi ispiratori del Risorgimento italiano. Sono lontani i tempi in cui il “cattolicissimo” Presidente Oscar Luigi Scalfaro, giurista e padre costituente, osservava che “lo Stato è la casa di tutti e nessuno ha il diritto di mettervi sopra il proprio marchio o il proprio sigillo. Esso ha il dovere di essere laico e ha il diritto alla laicità” (Intervista di “Confronti”, a cura di Paolo Naso, n.3 marzo 2000).
Appunto, diritto e dovere, lo Stato come casa di tutti. Concetti molto lontani dai contenuti che animano le crociate dei social. Pseudo-argomentazioni spesso fallaci sia nel merito, come “In Italia il Cristianesimo è religione di Stato, fatevene una ragione” o “lo Stato italiano non è laico, rassegnatevi! Nella Costituzione non appaiono mai le parole laico, laicità”, sia nel metodo. Infatti alla questione della laicità delle istituzioni repubblicane, di cui l’ASL è emanazione, si sostituisce un problema di guerra di civiltà, di vilipendio religioso, di vittimismo identitario o di proiezioni psicologiche aneddotiche, spesso paradossali: “Sono ateo, mi chiedo che disturbo possa dare il crocifisso”, “ Se non gradiscono, si girino dall’altra”, “Se ne tornino a casa loro”, “Non le piace? Vada a farsi ricoverare altrove”, “Alla fine, di fronte agli scacchi della medicina, l’ultima spiaggia è pregare” oppure “Perché rifiutare un simbolo del dolore e dell’amore umano, un simbolo della nostra cultura e nazione?”.
La questione della liceità della presenza di crocifissi e simboli religiosi nei luoghi pubblici e istituzionali è stata affrontata anche in altri stati europei dove le associazioni laiche hanno ottenuto risultati più brillanti che in Italia. Nell’UE l’affermazione delle “radici cristiane dell’Europa” non è stata inserita nel testo definitivo della Costituzione europea e non sono mancati, negli anni, i richiami alla laicità quale garanzia di armonia sociale e multiculturalismo: “Laicità non vuol dire 3 mancanza di dialogo. Laicità non vuol dire negare il pluralismo su cui l’Europa si fonda. Laicità significa autonomia, imparzialità, garanzia e libertà, non introspezione” (Martin Schulz, Il senso dell’Unione, in «L’Osservatore Romano», 23 novembre 2014) o ancora “Ognuno ha il diritto di mostrare quel che pensa nello spazio privato” ma “gli spazi pubblici devono restare neutrali” (lo stesso Schultz in un dibattito pubblico).
Nel 2017 la Corte Europea di Giustizia ha stabilito in una sentenza che i datori di lavoro sono autorizzati a vietare i simboli religiosi dall’abbigliamento dei propri impiegati, compreso il velo islamico: dunque, in questa prospettiva, la libertà religiosa è garantita dalla cancellazione di tutti i simboli religiosi nella sfera pubblica. Nel 2018 il Consiglio direttivo dell’Assemblea Nazionale francese ha adottato un provvedimento che vieta ai deputati di presentarsi in aula ostentando simboli religiosi e li obbliga a recarsi in Parlamento con un abbigliamento “neutro”, misura considerata eccessiva perfino dall’Osservatorio per la laicità, in quanto lesiva della libertà di espressione dei parlamentari.
In Italia, invece, in materia di esposizione del crocifisso in scuole, ospedali e tribunali valgono ancora, perché non abrogate ma modificate solo in parte, alcune disposizioni fasciste emanate tra il 1924 e il 1928 e concernenti gli arredi degli uffici pubblici (Regi Decreti e, nel caso dei Tribunali, una circolare del Ministro Rocco del 1926). Tutto ciò nonostante la Costituzione del 1948 affermi l’eguaglianza delle religioni di fronte alla legge e diverse sentenze della Corte Costituzionale ribadiscano la laicità dello Stato e la supremazia dei principi costituzionali su altre norme e leggi.
In particolare il paragrafo 4 della sentenza n.203 del 1989 della Corte Costituzionale identifica il “principio supremo della laicità dello Stato” come uno dei caratteri fondanti della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica (artt. 7, 8 e 20 della Costituzione). Peraltro il parere n.63/1988 del Consiglio di Stato recita: “il Crocifisso, o più esattamente la Croce, a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica confessione religiosa…”. E il parere n. 556/2006 del Consiglio di Stato ribadisce che “il principio di laicità non risulta compromesso dall’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche” in quanto in Italia, il crocifisso esprimerebbe “l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione”, insomma dei valori fondanti della cultura italiana quali “emergono dalle norme fondamentali della nostra Carta costituzionale, accolte tra i “Principi fondamentali” e la Parte I della stessa, e, specificamente, da quelle richiamate dalla Corte costituzionale, delineanti la laicità propria dello Stato italiano”.
E’ a queste ambiguità e interpretazioni “laiche” del simbolo ed alla mancanza di esplicita abrogazione delle leggi dell’era fascista che si appellano i difensori del crocifisso. Negli atti giuridici, infatti, il crocifisso è considerato come un emblema della nostra identità culturale di italiani. Proprio questa commistione dei piani giuridico e culturale, volta a diffondere una visione “neutra”, “passiva” del simbolo, cioè come universale e non molesto per i credenti, risulta oggi pericolosa perché il simbolo è invece usato come strumento divisivo, a segnare un territorio e un confine tra chi è dentro e chi è 4 fuori una identità culturale-religiosa-politica, ribaltando l’interpretazione offerta, per esempio, dal succitato parere 566/2006.
Esistono per fortuna anche in Italia esempi virtuosi che propongono soluzioni attente alla complessità del mondo contemporaneo nel rispetto di principi che sono alla base della convivenza civile. Nel 2009, primo in Italia, l’Ospedale Molinette di Torino ha inaugurato al suo interno una “stanza del silenzio”, spazio dedicato alla meditazione, al raccoglimento e alla preghiera da mettere a disposizione di tutti i cittadini, atei o appartenenti a una confessione religiosa. L’iniziativa ha avuto seguito in molti altri ospedali non solo della città ed è di questi giorni la notizia di un accordo a Milano tra 19 enti religiosi e non, dalla Chiesa Valdese a quella Metodista a quella Russo-Ortodossa, dalla Comunità Ebraica a quelle Islamiche, Induiste, Sikh ad associazioni di non credenti, per la creazione di spazi analoghi in ospedali e case di riposo, con la prospettiva di estenderli ad altri luoghi come carceri, stazioni ferroviarie e aeroporti.
Mai disperare dunque, ma neanche sottovalutare fatti solo apparentemente marginali che invece sono parte di un processo di involuzione gravemente dannoso per la società in cui viviamo. Concetti come “identità”, religiosa o “naturale” o di genere, sono da maneggiare con cautela, e la realtà di questi tempi purtroppo lo dimostra.
Il rischio è l’affermarsi di un’ idea forte di appartenenza che, invece di puntare alla collaborazione ed alla integrazione, alimenta divisioni, intolleranza a sfondo etnico, di genere e religioso, sostituisce al dialogo il dogmatismo autoritario ed è terreno fertile per pericolose derive antidemocratiche. E non mancano segnali in questa direzione.
La volontà che periodicamente si riaffaccia di esporre nuovamente i crocifissi è segno evidente di un uso pretestuoso di questi temi in una società pluralista che non necessità di simboli divisivi quali sono diventati quelli religiosi, strumentalizzati per propaganda politica e collocati nelle sedi istituzionali di quello Stato in cui ogni cittadino dovrebbe sentirsi sicuro come a casa propria e non coinvolto in una vera e propria “crociata”.
In sintesi, una legge che vieti esplicitamente l’esposizione dei simboli religiosi non esiste in Italia e negli anni la via di una soluzione legislativa pare diventata tabù, ma la strada di affidare alla buona capacità delle amministrazioni e dei cittadini il compito di superare nella pratica quei residui legislativi di un passato lontano non appare praticabile in questo momento di tensione e ignoranza istituzionale a tutti i livelli. E non a caso la scelta operata nell’ospedale di Chivasso è stata giustificata dal Direttore dell’ASL To4 e dall’on. Calderoli come “un’azione di buon senso”.
Maria Grazia Alemanno, FNISm, sez. Torino “Frida Malan” e Cinzia Ballesio, Se Non Ora Quando? comitato di Torino
Per approfondire:
https://www.uaar.it/
http://www.italialaica.it/
Questo articolo è pubblicato anche nel numero di Giugno 2019 di “Laicità della scuola News”, il notiziario on line del Coordinamento per la Laicità della Scuola di Torinoe sul sito di SeNonOraQuando? Torino
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