Lunedi, 26/06/2017 - PER INFORMAZIONI E PER ACQUISTARE IL LIBRO, VEDI NEL SITO
"A mano libera.. Donne tra prigioni e libertà". è un piccolo gioiello. Raccoglie pensieri e riflessioni di detenute e non detenute sul tema delle prigioni e della libertà.
“A mano libera” è il frutto del Laboratorio tenuto dal novembre 2016 al maggio 2017 nella Casa circondariale di Rebibbia da Tiziana Bartolini e Paola Ortensi per “Noi donne” e “Noi donne Tre Punto Zero. Ma in realtà il progetto è in piedi da tre anni.
Ho avuto l’occasione di partecipare all’”evento” finale a Rebibbia con la lettura da parte delle autrici dei loro testi-riflessione. Ho pensato che finalmente questo è un lavoro veramente utile, pieno di significati, ricco di umanità, un confronto vero..
A Rebibbia ci sono ca 350 detenute (la metà straniere).I reati sono prevalentemente spaccio di droga e in misura minore sfruttamento della prostituzione, furti e delitti contro la persona. Come sottolinea Ida Del Grosso, giovane e attiva Direttrice dell’Istituto di pena, “…le donne sono doppiamente vittime…molte sono succubi di personaggi maschili(padri, fidanzati, fratelli..) i loro reati sono riconducibili a queste relazioni affettive o familiari….non riescono a dire dei no che talvolta sarebbero fondamentali per salvarsi” Del Grosso, nella sua intervista, parla anche del concetto di “rieducazione” definendolo un po’ superato. Il carcere deve aiutare a scoprire talenti che non si sapeva di possedere, a ricostruire la fiducia in se stesse.
Per questo il Laboratorio è un progetto “utile”, costruito sulle parole (ma non fatto di chiacchiere), sulla scrittura come dialogo con sé e con le altre.
“A mano libera” si presta a vari piani di lettura.
C’è la criticità della situazione carceraria con le sue strette regole ma anche la consapevolezza che il silenzio, il tempo vuoto, il sapere e lo studio sono leve potenti per una valutazione autonoma della propria esperienza e per “ricominciare”.
C’è il rapporto tra condizione femminile e reato dove al fondo, insieme a cause di povertà e/o deprivazione culturale, gioca una concezione sbagliata dell’amore come annullamento di sé.
C’è il lavoro su di sé. Il silenzio della condizione carceraria porta a riflettere sulla propria libertà interiore, su quel “dentro e fuori” che non è rappresentato solo dalle sbarre ma da come affrontiamo la vita, dalla nostra forza e dalla nostra volontà.
E le detenute di Rebibbia, le “diversamente libere”, hanno prodotto pensieri e parole di grande determinazione e di grande tenerezza.
Molto buona è stata anche l’idea di inserire riflessioni ed esperienze di non detenute; il tema della libertà e delle prigioni riguarda e impegna tutte e tutti.
“A mano libera” colpisce veramente perché è il frutto di un lavoro che vuole restituire speranza e dignità senza pregiudizi e, nella sua profonda semplicità, aiuta tutti noi a riflettere su temi così decisivi.
Ordinate questo volumetto sul sito www.noidonne.org e regalatelo ai vostri amici. E’ un grande dono: un piccolo gioiello!
Alessandra Tazza (pubblicato nel sito della Fondazione Nilde Iotti)
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