Sabato, 11/01/2014 - Considerato l’ampio successo di pubblico e di critica e il rilevante interesse suscitato nella Regione FVG e oltre confine da “La poetica del silenzio”, antologica d’eccezione dedicata al grande pittore Anton Zoran Music alla Galleria One San Nicolò (Via S. Nicolò 1) di Trieste, la mostra viene prorogata fino al 1 febbraio 2014. Un silenzio assorto, a volte ovattato, come quello che risuona nelle calli veneziane, pervade, attraverso il segno di Music, lo spazio espositivo, autentica icona del buon gusto, fondata nel 2011 e diretta da Parmiani, gallerista di origine milanese, fine intenditore d’arte e grande amico di Ottavio Missoni.
Curata dall’arch. Marianna Accerboni, la rassegna propone quasi un centinaio di pezzi provenienti dalle più prestigiose collezioni del mondo quali la raccolta de Rothschild, la Estorick di Londra (oggi Fondazione Estorick), la Galleria Jan Krugier (gallerista di Picasso) di Ginevra e New York e la Galleria Ugo Meneghini di Venezia, le collezioni Lizzola di Milano e Bosi di Bologna e quella di Patty Birch, famosa gallerista americana a Venezia. Si tratta di dipinti a olio, acrilici, acquerelli, tecniche miste, pastelli colorati, carboncini e grafiche (acqueforti, acquetinte puntesecche, litografie) realizzati dal 1946 al ’90 da Music, uno dei grandi maestri del ‘900, nato nel 1909 a Bukovica (vicino a Gorizia, oggi Slovenia, allora Impero asburgico) e morto a Venezia nel 2005.
L’esposizione riassume felicemente, attraverso una preziosa selezione e alcuni pezzi inediti o rarissimi, le tematiche più amate dal pittore: dai cavallini ai paesaggi dalmati, senesi e umbri, a Venezia, alle Dolomiti e alle rocce; dall’autoritratto e dal ritratto della moglie Ida, al doppio ritratto, ai disegni sull’uomo e sulla sua decadenza, al ciclo “Non siamo gli ultimi”, ispirato alla sua tragica esperienza a Dachau, e al ciclo naturalistico della vita, dove nei “Motivi vegetali” e nelle radici è simbolizzato il concetto di trasmutazione: vita, morte e rinascita nell’universo animale, vegetale e minerale. Un pensiero che germinò in Music nella sua prigionia estrema assieme a quello della semplificazione: togliere il superfluo fu in seguito il suo fine, per giungere all’essenza delle cose e, con essa, appunto, alla poetica del silenzio.
Tra le chicche, un pezzo molto interessante e inedito è l’inchiostro nero acquerellato su cartoncino, disegnato nel 1950 per la Galleria L’Obelisco di Roma, una delle più importanti in Italia, che aveva lavorato con Music negli anni ’49 - ’53. Diretta da Livio Caputo e Irene Brin, aveva “traghettato” a New York i più importanti artisti italiani, tra cui Campigli, De Chirico, de Pisis e lo stesso Music.
Zoran Music nasce nel 1909 a Bukovica (Gorizia), punto d’incontro della cultura italiana, slava e austro-tedesca. Il turbine del 1° conflitto mondiale porta nel 1915 il piccolo Zoran con la famiglia (il padre è un direttore scolastico, la madre insegna) in Stiria, lontano dal fronte e dalle serene vacanze estive trascorse sul Carso triestino, sul Collio e in Istria. Nel ’20 il padre viene trasferito a Völkermarkt (Carinzia), dove Zoran frequenta il liceo, che concluderà a Maribor in Slovenia. Significativo è il suo contatto nella seconda metà degli anni ’20 con il mondo letterario e teatrale viennese e con le sue brillanti e fascinose avanguardie pittoriche, da Klimt a Schiele, e più tardi a Praga con gli Impressionisti francesi.
Dal 1930 al ’35 studia all’Accademia di Zagabria sotto la guida del pittore croato Babic, poi per un anno, fino allo scoppio della guerra civile, soggiorna a Toledo e Madrid, dove al Prado si esercita nel confronto con i grandi spagnoli, tra cui Goya e El Greco. A questa fondamentale esperienza fa seguito il soggiorno nell’isola dalmata di Curzola, che rimarrà icona assolata ed essenziale nella sua pittura. Qui nasce il Leitmotiv dei cavallini (inizialmente asinelli) e dei paesaggi dalmati. Nel ’38 inizia a esporre a Belgrado, Lubiana, Maribor e Zagabria, ma allo scoppio del 2° conflitto mondiale, dopo l’occupazione italiana di Dalmazia e Slovenia, si rifugia a Gorizia: è il periodo in cui esegue, tra l’altro, pitture murali nelle chiese di Grahovo e Dreznica assieme all’artista triestino Augusto Cernigoj.
Il ’43 lo vede a Venezia, vivacissimo luogo d’incontro dell’arte e dell’intellighenzia di tutta Italia: espone alla Piccola Galleria di Roberto Nonvellier (presentazione scritta di de Pisis) e poi alla Galleria Decrescenzio di Trieste, dove conosce il pittore veneziano Guido Cadorin e la figlia Ida, pittrice, che nel ’49 diverrà sua moglie.
Tragico coup de théâtre, che cambierà per sempre la sua vita e la sua arte, è l’arresto a Venezia nell’ottobre ’44 da parte delle SS e la deportazione a Dachau, dove rimarrà fino all’aprile 1945. A rischio della vita, disegna le cataste di cadaveri dei prigionieri che i tedeschi non riescono a eliminare. Di queste carte, ne porterà a casa una trentina: tragico motivo che traluce in seguito nelle colline dalmate, senesi e umbre, nei motivi vegetali e nella città di Parigi vista dall’alto, fino quasi a dissolversi nella sintesi segnica e cromatica sulla soglia dell’informale. Stremato dalla prigionia, Music viene ricoverato a Lubiana, poi torna a Venezia, dove riprende a dipingere: i primi autoritratti, i cavallini, le Venezie luminose e poetiche, segno del ritorno alla vita.
Una città, quella lagunare, che gli rimarrà sempre nel cuore e che dipingerà fino agli ultimi anni. Nel ’48 partecipa alla prima Biennale veneziana postbellica, da cui prende il via la sua fortuna internazionale e risale a quegli anni l’approccio con le tecniche incisorie (linoleografia, acquaforte, acquatinta). Nel ’51 sfonda a Cortina vincendo il Premio Parigi (organizzato dal Centro Italiano di Cultura della capitale francese): ulteriore e decisivo passo verso il successo internazionale, che si palesa nell’importante personale alla Galerie de France, in cui consiste il premio, e con il contratto offertogli dalla galleria. Senza lasciare del tutto Venezia, nel ’53 si trasferisce a Parigi ed espone a New York da Patty Birch: è il momento delle nasse e delle reti, che testimoniano la sua crescente e personale inclinazione verso la sintesi e l’informale, mai però dimentica del dato naturalistico delle origini.
Ripetutamente insignito di prestigiosissimi premi e riconoscimenti, Music espone successivamente in luoghi-culto dell’arte europea e internazionale: nel ’70 una mostra-evento alla Galerie de France con il tragico ciclo Non siamo gli ultimi, nel ’72 il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris gli consacra la prima retrospettiva a un pittore vivente, nel 1985 ha luogo la grande antologica al Museo Correr di Venezia, nel 1988 un’importante mostra di grafica al Centre Pompidou di Parigi. Il successo internazionale è quindi sancito dalle collaborazioni con gallerie di prestigio come la Claude Bernard di Parigi, la Krugier-Ditesheim di Ginevra, la Contini di Venezia.
Mentre negli ultimi anni la sua arte abbandona l’altro da sé, per concentrarsi nell’introspezione di sé attraverso gli autoritratti, i ritratti della moglie e l’analisi della decadenza fisica, proseguono i successi espositivi con la prestigiosa antologica al Gran Palais di Parigi (1995), l’importante rassegna alla Schirn Kunsthalle di Francoforte (1997) e quella dedicata agli acquerelli veneziani del dopoguerra al Museo Morandi di Bologna (1998).
Nel 2005 Music muore nella sua casa veneziana, lasciandoci un messaggio indimenticabile di grande, sottaciuta poesia e di raffinata, icastica bellezza.
DOVE: Galleria One San Nicolò - via S. Nicolò 1 - Trieste
QUANDO: 7 dicembre 2013 - 1 febbraio 2014
ORARIO: da martedì a sabato solo pomeriggio 16 - 20/ dom e lun chiuso
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