Laicità - Spirito missionario e dogmi conducono all’intolleranza e minacciano la democrazia
Stefania Friggeri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2008
Ha suscitato giustificate preoccupazioni il progetto della Regione Emilia-Romagna recante le “linee guida per la piena applicazione della legge 194”. Infatti, dando “piena” libertà alle associazioni di volontariato, dunque anche a quelle antiabortiste pregiudizialmente e senza eccezioni, esse potrebbero aprire la porta a indebite pressioni “missionarie”sulle donne che si rivolgono al consultorio per presentare i loro problemi. Nessuno stupore. Primo: perché la coscienza laica del paese è ormai così debole che il magistero cattolico non osa chiamare “assassine” le donne che abortiscono, ma può permettersi di definire l’aborto un “assassinio”; secondo: perché la posizione del Partito Democratico nei confronti dell’ingerenza del Vaticano e dei teodem appare ondivaga e troppo indulgente. Sarebbe bene, invece, che il PD, partito di opposizione, richiamasse i suoi iscritti e simpatizzanti cattolici al costume della tolleranza, elemento fondante delle rispetto reciproco e della pace sociale. Ma questo partito purtroppo ha tanto esteso il concetto di tolleranza al suo interno da “tollerare gli intolleranti”. Voglio dire: nessuno deve essere spinto a rinunciare alle proprie convinzioni, ma la buona fede di chi è persuaso di agire per il Bene non è un’attenuante se quel Bene lede i diritti altrui. Il filosofo Popper ci mette in guardia sui rischi del “paradosso dell’intolleranza”: se pratichiamo una tolleranza illimitata, se la estendiamo anche agli intolleranti, ne segue che i tolleranti saranno distrutti e, con loro, la virtù della tolleranza. E’ necessario dunque dare un’impostazione pragmatica al concetto di tolleranza, vedere cioè quali sono le conseguenze che ne derivano concretamente. Ma non basta: si deve anche sfatare l’immagine mitica della tolleranza: non è vero che chi è tollerante apprezza la diversità dell’Altro, è ansioso di confrontarsi con lui, ne accetta facilmente il modo di pensare e di vivere. Anzi: tolleranza vuol dire venire a patti con qualcosa che è lontano da te, qualcosa comunque in cui non ti riconosci perché urta i tuoi sentimenti e a volte ti infastidisce. Cosa vuol dire tolleranza lo spiega benissimo l’espressione “case di tolleranza”: anche la Roma dei Papi ne era piena, ma si portava pazienza, il desiderio di purezza e castità veniva a patti col convincimento che la prostituzione fosse necessaria per rispondere ai bisogni insopprimibili dei maschi italici, respinti dalle caste vergini, future madri e spose. La tolleranza insomma è ben lontana dall’idea utopica di amore, dall’agape dei greci e dalla pietas dei romani; non esprime cioè un elevato ideale, bensì un concetto molto più povero e dimesso: la tolleranza è un rimedio pratico che, grazie al necessario distacco dalle proprie opinioni, permette di raggiungere i necessari compromessi, induce gli individui ad essere accomodanti e ragionevoli, concilianti e flessibili. La tolleranza lascia insoddisfatti quanti sono mossi da utopiche idee-forza poiché rappresenta un tipo di convivenza modesto, incapace di accendere uno spirito visionario.In quanto “rassegnazione consensuale” (M.Talbi) essa non può albergare nell’animo di chi vive l’ossessione della purezza, di chi sente di avere il compito di portare il prossimo a conoscere e condividere la Verità. Queste persone animate da una forte carica emotiva, spesso ideale e disinteressata, sono ripiene di spirito missionario, vogliono salvarci dal Male. Niente di nuovo: la conversione è la parola d’ordine del cristiano militante, anzi lo zelo missionario ha scritto alcune delle peggiori pagine nella storia della chiesa (il prete è stato l’accompagnatore dei mercanti e dei soldati che sono sbarcati nelle colonie). E ancora: se il prefetto di Roma, il pagano Simmaco, scriveva: “Il mistero di Dio è così grande che non vi si può arrivare per una sola via”, S. Ambrogio rispondeva: “ Quello che voi cercate noi già lo sappiamo dalla voce di Dio”. Gli italiani dunque sono figli di una cultura millenaria costruita non solo sullo spirito missionario, ma anche sull’autorità dei dogmi, cioè sulla voce di Dio interpretata dalla Chiesa di Roma (la stessa che condannò la decisione di Lutero di tradurre in tedesco la Bibbia per permettere a tutti i fedeli di leggere la parola divina). Concludendo: spirito missionario e dogmi, un binomio che rende non giustificabile umanamente, ma storicamente comprensibile l’intolleranza che minaccia la disposizione alla democrazia del cittadino di fede cristiana (dal ginecologo obiettore al farmacista, dal volontario del consultorio al parlamentare). Bisogna ammettere però che coloro che sferrano attacchi alla 194 si muovono in un’atmosfera propizia, nel senso che un clima di intolleranza e di fobia si è ormai diffuso nel paese e oggi, come nel ventidue, l’Europa ci guarda preoccupata sperando che l’Italia non diventi, con tutte le differenze del caso, il laboratorio di una democrazia di carta dove i primi a rimetterci sono, come sempre, i più deboli: bambini, donne, anziani.
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