Oltre centomila persone scesero per le strade di Madrid lo scorso 1° febbraio. Molte erano arrivate nella capitale a bordo del “tren de la libertad”, una carovana insieme fisica e simbolica, che ha unito spagnole e spagnoli da ogni parte della penisola per manifestare conto la proposta di legge sull’aborto del Ministro della Giustizia Gallardòn. Un provvedimento che riporterebbe le donne spagnole indietro di trent’anni, limitando la possibilità di abortire solo nei casi di violenza sessuale o di rischio duraturo e comprovato per la salute fisica o psichica della madre. In tutti gli altri casi l’aborto diventerebbe illegale.
Proprio in questi giorni, dopo aver ricevuto un sostanziale via libera dal Consejo fiscal (organo del Ministerio Fiscal, l’istituzione che ha come missione la promozione dell’azione della giustizia in difesa della legalità, dei diritti dei cittadini e dell’interesse pubblico in conformità con quanto stabilito dalla Costituzione, ndr), il Governo torna alla carica con la volontà di tramutare l’ante-proyecto in un “proyecto de ley”, da portare in Parlamento a luglio. L’intento è quello di rendere il testo legge a tutti gli effeti entro la fine dell’anno. Dopo la parentesi della campagna elettorale per le elezioni europee durante la quale il Partido Popular si è ben guardato di fare cenno alla legge, i conservatori hanno riproposto il loro pugno di ferro contro il diritto ad un aborto libero e sicuro.
Le attiviste però non si arrendono e adesso possono contare, oltre che sulla grande rete che si è formata in occasione della manifestazione di febbraio, in un lavoro eccezionale cui hanno partecipato oltre ottanta videomaker. El tren de la libertad è infatti diventato un docu-film, costruito con le immagini di tutte le registe che nei giorni prima e durante la manifestazione hanno filmato volti e striscioni, raccogliendo opinioni, mostrando come quella chiamata alla sollevazione popolare abbia trovato grande riscontro nella società civile spagnola, decisa a non negoziare in nessun modo il diritto all’autodeterminazione delle donne in materia di aborto.
Il prossimo 10 luglio ci sarà la prima spagnola proprio nelle Asturie, la regione in cui si è accesa la miccia di questa grande prova di disobbedienza civile contro una legge considerata ingiusta e limitante. Il documentario, che è stato appena ultimato, è stato finanziato da diverse case di produzione e sta continuando a ricevere il supporto di tanti donatori della società civile che attraverso il sito possono partecipare al crowdfunding. Attiviste e registe stanno lavorando insieme al calendario delle proiezioni in tutta la penisola e già ieri una clip di dieci minuti estratta dal film è stata proiettata durante la rassegna “Dífferent 7! L’autre cinéma espagnol” a Parigi. Sintomo del fatto che il documentario avrà un eco internazionale, così come è stato in occasione della manifestazione del primo febbraio, che ha riempito anche le piazze delle principali città europee, Roma compresa.
L’affossamento della risoluzione Estrela al Parlamento Europeo e la concomitanza delle vicende spagnole, oltre all’inveterato scandalo dell’obiezione di coscienza in Italia che sta svuotando la legge 194, mobilitano tutt* all’azione collettiva. Che sia una donazione per il documentario, l’organizzazione di una manifestazione, o la creazione di una rete piccola o vasta poco importa. A ognun* la sua modalità di lotta.
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