Mercoledi, 01/10/2014 - Ultime ore al Women Fiction Festival a Matera. E' il momento dei saluti, degli abbracci, degli ultimi consigli, dei numeri di telefono scambiati e delle foto ricordo.
Quattro giorni insieme, quattro giorni a raccontare e a raccontarsi. D'altronde il Festival internazionale di narrativa femminile quest'anno è intitolato “Raccontami una storia” e chi meglio delle donne come protagoniste di questi racconti, di questo disvelare i propri sogni, i propri desideri, la propria realtà, il fluire stesso della vita.
Ci si incontra al Centro Le Monacelle - dove si svolge il WFF - la mattina presto e fino a pranzo si susseguono incontri, dibattiti, presentazioni, appuntamenti con editor e agenti letterari. E nel pomeriggio presentazioni di libri di scrittrici famose e di esordienti, di libri cartacei e di e-book, di autrici italiane e straniere. Fino a sera, quando ancora si ha voglia di stare insieme e di raccontarsi, in una Matera, magica e accogliente, ma in questi giorni fredda fredda.
Al WFF a Matera si incontrano diverse generazioni di donne che riescono a confrontarsi e a scambiarsi esperienze ed opinioni sui loro libri, sulla loro idea di scrittura, su generi di racconto diversi che si incrociano e si contaminano. Vampiri e storie d'amore, fantascienza e noir, racconti ottocenteschi ed efferati assassini si rincorrono nei discorsi ai tavolini dei bar. E la gran parte delle scrittrici ha intorno ai quarant'anni, con un lavoro non sempre ideale, con figli ancora piccoli affidati a giovani uomini, a volte compiaciuti complici, in città sparse per la penisola.
Giovani donne che cercano di uscire dagli schemi e di entrarci al contempo, con le loro emozioni, storie, potenzialità amori possibili e impossibili, con la loro voglia di esserci e di esserci da protagoniste, con le idee confuse e chiare al tempo stesso, con la coscienza della loro forza di essere donne, ma probabilmente non con la consapevolezza del loro genere.
Blandite, ricercate, esibite, amate ed odiate, le giovani donne crescono.
Forse senza aspettare che “vengano a noi”, dovremmo provare ad andare ad incontrarle dove sono loro.
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