Login Registrati
We want sex anche nel 1945 a Torino

We want sex anche nel 1945 a Torino

Le operaie torinesi scioperarono per la parità venti anni prima

Sabato, 01/01/2011 - Come tanti, ho visto in questi giorni il bel film “We want sex”, sulla lotta - dura e vincente - per la parità salariale delle operaie della Ford di Dagenham (UK) nel 1968.



Il caso ha voluto che, qualche giorno dopo, mi sia capitato di rileggere qualche pagina di “Pane nero”, il libro di Miriam Mafai sulla vita quotidiana delle donne italiane nell’ultima guerra.



Nell’ultimo capitolo, quello sul “ripiegamento nella normalità”, una volta finita la guerra, Mafai parla dell’esclusione delle donne che avevano partecipato alla lotta di liberazione dalle sfilate dei partigiani in armi nelle città liberate: un pericolo per la “serietà” della cerimonia, e un’occasione – per le coraggiose che vollero sfilare lo stesso – per essere trattate da puttane, o nel migliore dei casi per sentirsi dire “torna a fare la calza”.



Le donne però non si rassegnarono tanto facilmente. Riprendo qui un brano (pag. 266 nella mia edizione) che sembra proprio “We want sex” 20 anni prima.



***



Il 5 maggio (1945) è stato concesso, a tutti i lavoratori, un “Premio della Liberazione”. Sono 5.000 lire a testa per i capifamiglia e 3.500 per i non capifamiglia. Dunque è uguale, per uomini e donne. Ma quando alla fine di giugno, viene stipulato, a livello nazionale, l’accordo sulla contingenza, tutti, anche i sindacalisti, trovano naturale che per le donne la contingenza sia minore che per gli uomini: 100 lire al giorno contro le 120 degli uomini. A Torino questa decisione non viene accettata. Le operaie si riuniscono, protestano, vanno al sindacato, dal prefetto, al Comando alleato e a tutti pongono lo stesso interrogativo: “Forse che le donne, il pane o il vino lo pagano meno degli uomini? E allora, il carovita dev’essere uguale per tutti!”



Alla Camera del Lavoro, i dirigenti sindacali non ne vogliono sapere. L’acccordo è stato firmato a Roma, è un accordo nazionale e vale per tutti. Ma le operaie di Torino non si danno per vinte. Hanno fatto gli scioperi contro i tedeschi e non potranno fare uno sciopero contro il sindacato? Lo sciopero, quindi, viene proclamato. Sono migliaia e migliaia le donne che invadono le strade della città, protestando e chiedendo parità di contingenza. La Camera del Lavoro è esitante, l’Unione Industriali è preoccupata. Alla fine, con l’intervento dell’Udi e del Comitato di liberazione nazionale, un accordo provinciale viene firmato: a Torino, operai ed operaie avranno la stessa contingenza.



Ma quello di Torino resta un episodio isolato. Il ritorno alla normalità significa anche il ritorno alle vecchie discriminazioni: le donne avranno un salario inferiore agli uomini, come è sempre stato. Qui il fascismo e l’antifascismo non c’entrano… e le donne, anche quelle che sanno perfettamente che questo non è giusto, pian piano si rassegneranno.



***



Mi viene spontaneo aggiungere alcune cose: la storia non si fa in un giorno, ci sono passi avanti e passi indietro, e anche se talvolta si è costretti a tornare indietro, non sarà per sempre. A patto che non venga meno la memoria storica del cammino percorso.



Infatti siamo tutti debitori e debitrici a chi ha cominciato. Mi sono convinta che per noi donne la memoria storica è particolarmente difficile: sembra sempre di dover cominciare da zero. Se guardate la bibliografia di un qualsiasi libro sulla condizione femminile, non trovate mai citate quelle che ne hanno scritto anche solo 20 o 30 anni fa. E così, qualcuna crederà che le lotte delle donne per la parità salariale sono cominciate in Inghilterra nel 1968: del resto si sa che in Italia siamo sempre indietro, e che dobbiamo correre appresso a chi sta più avanti.



Un frutto avvelenato della politica degli ultimi anni è quello di ritenerci – come Paese - ancora peggiori di come siamo, e di aver dimenticato (o meglio: colpevolmente censurato, come cosa di cui vergognarsi) un passato di lotte che qualche volta sono state anticipatrici. Ricordarlo non è solo un debito di riconoscenza che noi abbiamo per chi ha cominciato, ma un passo necessario per continuare il cammino che loro hanno percorso.

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®