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Volare sul ghiaccio

Volare sul ghiaccio

Società/ Sport. Intervista a Franca Bianconi - Le sfide, la famiglia, le passioni, Franca Bianconi - commissaria tecnica della nazionale di pattinaggio alle prossime Olimpiadi - si racconta

Yuri Maderloni Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2005

E’ una donna il commissario tecnico della nazionale italiana di pattinaggio di figura, che comprende le specialità del pattinaggio artistico, di quello sincronizzato e della danza. Noidonne la incontra, anche in vista delle prossime Olimpiadi invernali

Chi è Franca Bianconi?
E’ una bella domanda, direi che Franca è senz’altro una donna appassionata di pattinaggio meglio ancora pattinaggio-dipendente, ma che è anche mamma e moglie, direi, quindi, poliedrica.

Come ha scoperto il pattinaggio su ghiaccio?
Da piccola, avevo sette anni e vivevo nei pressi del Piranesi, storico impianto del ghiaccio milanese, come tutti i bambini del mio quartiere, ho provato a pattinare, grazie anche a mia madre che mi ha spinto a provare. E’ stato amore a prima vista, da allora non ho più tolto i pattini.

Quando hai capito che sarebbe stato più di uno sport per te?
Molto presto, intorno ai 14/15 anni. A quest’età ho cominciato a dedicarmi completamente al pattinaggio, fino a 8/9 ore al giorno sul ghiaccio, nello stesso tempo ho avuto l'opportunità di andare avanti negli studi grazie alle lezioni private fatte anche con il sostegno della federazione ghiaccio.

Qual è stata la tua vittoria più bella?
Nella vita è senza dubbio mia figlia, nel pattinaggio invece resta indimenticabile la partecipazione alle Olimpiadi, che rappresenta il traguardo di ogni atleta.

Pattinatrice prima, maestra di pattinaggio e “specialist” poi, moglie, madre, ora commissario tecnico della nazionale di pattinaggio di figura, qual è il tuo segreto?
E' l’amore per questo sport, la passione per quello che faccio in generale. E’ vero, è difficile coniugarle tutte, ma è al contempo gratificante, perché alla fine della giornata ti rendi conto di aver fatto qualcosa di utile per te e per gli altri.

La famiglia, quanto conta nelle scelte quotidiane?
E’ alla base di tutto e mi supporta. La mia fortuna è anche quella di avere una famiglia dedita allo sport, perciò capisce quello che sto facendo e per questo motivo si adegua con facilità; così riusciamo a condurre una vita tranquilla, niente è imposto tutto è discusso e alla fine troviamo sempre un accordo. In fin dei conti in casa le valige sono sempre pronte per partire, se non sono fatte per le gare nel fine settimana, sono preparate per gli stage invernali o quelli estivi, ma quando siamo a casa il ritmo non cambia si esce la mattina tutti e tre e si torna la sera insieme.

Sul lavoro ti consideri una donna sola al comando oppure preferisci lavorare in squadra?
Mi piace lavorare in squadra, magari esserne il comandante, ma è difficile perché bisogna sapersi circondare di persone che siano capaci ed in sintonia con te, meglio ancora se appassionate. Se riesco ad essere poliedrica, lo devo anche ai bravi collaboratori che lavorano con me tutti i giorni in pista e fuori. L’aggiornamento per noi tecnici è quasi quotidiano, bisogna studiare sempre perché l’evoluzione è continua e procede a gran velocità, quindi diventa molto sfidante fare questo lavoro.

E’ difficile riuscire ad essere una donna importante nel mondo del pattinaggio?
Non mi piace essere considerata una donna importante, anche se questo sport forse lascia più liberta di movimento alle donne. Detto questo, non vedo nessuna differenza dagli altri mondi del lavoro. Diciamo che, da giovane atleta prima e in seguito alle prime esperienze come allenatrice, avevo difficoltà a gestire al meglio gli ostacoli, non prettamente tecnici, che mi si paravano davanti, oggi li vedo e provo a gestirli per il meglio cercando di far valere il lavoro che faccio. Nonostante tutto, credo fortemente che il buon lavoro alla fine paghi sempre perché ti permette di costruire qualcosa di duraturo.

Il futuro del pattinaggio di figura dopo le Olimpiadi, dovrà puntare a fare cosa?
Innanzi tutto spero che ci sia maggiore attenzione verso il movimento da parte dei media. Sarebbe bello che le tv e i giornali ne parlassero e i dirigenti riuscissero con iniziative che guardino oltre i giochi a far conoscere ai giovani il pattinaggio, com’è avvenuto dopo la vittoria della coppia Fusar Poli – Margaglio alcuni anni fa. Il movimento del pattinaggio in Italia sta crescendo grazie a tanti tecnici capaci ed appassionati e ai giovani atleti che s’impegnano; infatti, a livello giovanile i nostri pattinatori ottengono buoni risultati. Di contro i palazzi per pattinare e i fondi per sostenere l’attività non bastano mai, visti anche gli alti costi per questo tipo di attività. Credo però che queste Olimpiadi potranno segnare un punto di svolta.

Sei ct con le Olimpiadi in Italia, tra pochi mesi a Torino, come ci si sente con gli occhi di un’intera nazione addosso?
E’ una bella responsabilità la nazionale, ma non c’è solo l’allenatore o il ct che hanno tutti i meriti, il risultato finale è dato dal lavoro di tutto lo staff, infatti, noi siamo solo una parte, la pressione maggiore sarà sugli atleti. Inoltre, il pubblico, ne sono certa, sarà calorosissimo e potrà pesare sul risultato, in quanto il tifo potrà esaltare o terrorizzare i pattinatori, insomma è ancora tutto da decidere e gli atleti italiani possono giocarsela.

Da grande cosa vorresti fare?
Mi piacerebbe continuare a crescere in questo mondo assumendo incarichi più di tipo dirigenziale lasciando le piste di allenamento ai giovani che con le loro idee portano sempre dei punti di vista diversi e utili alla crescita del movimento. Mi piacerebbe aiutarli a crescere, dare a loro un’opportunità con la quale sviluppare i loro talenti, come mi è stata data da miei dirigenti di allora.

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