Focus - Madri/1 - Una società familistica ma ostile ai bambini. Tiziana Valpiana, presidente de Il Melograno, parla delle fragilità e dei bisogni delle mamme di oggi
Bartolini Tiziana Domenica, 04/10/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2015
“Trenta anni fa venivano da noi donne consapevoli dei propri bisogni e del loro corpo, spesso erano politicizzate o femministe, e avevano scelto di cercare un’alternativa sulle modalità con cui vivere il parto e la maternità. Pian piano la platea si è allargata e hanno cominciato a venire donne diverse tra loro per cultura e provenienza sociale. Questo ha reso il nostro lavoro più difficile, abbiamo anche dovuto riprendere temi e concetti che pensavamo scontati e lo abbiamo ritenuto un fatto positivo”. E adesso? “Adesso arrivano da noi molti tipi di donna, di età e esperienze anche molto diverse, quindi è difficile parlare in generale, ma posso dire che sono accomunate dal bisogno di essere considerate persone piene e uniche, rispettate e accolte per ciò che sono. Senza giudizio. Inoltre alcune sono molto sole, non hanno cerchie di amiche, spesso non hanno un lavoro e quindi neppure colleghe con le quali parlare. Sono magari attivissime sui social, ma l’unico loro riferimento in carne ed ossa durante la gravidanza è il compagno, il padre del bimbo che nascerà, che però non può dare loro il tipo di supporto necessario ad una donna che diventerà mamma”.
La sintesi di Tiziana Valpiana, fondatrice e Presidente onoraria dell’Associazione nazionale ‘Il Melograno’, è illuminante e al tempo stesso sconfortante se ci si vuole addentrare nella complessa dimensione della maternità rifiutando la retorica familistica e l’aridità delle statistiche. Perché se è vero che la scarsità dei servizi sociali è obiettivamente e concretamente un ostacolo per le donne nella decisione di mettere al mondo un/a figlio/a, molti altri sono i fattori che concorrono. Quindi l’attesa del momento giusto, che arriverà (o dovrebbe arrivare) con un lavoro stabile, l’acquisto della casa, insomma l’uscita dalla precarietà che contrassegna la vita odierna in senso ampio. Se ne parla continuamente e sappiamo tutto. O forse no, forse c’è altro che va preso in considerazione, forse occorre esaminare aspetti che determinano la scelta - o la non scelta - di diventare madre. Partiamo dalla solitudine e riprendiamo il filo del ragionamento di Valpiana. “Oggi nei nostri Centri le donne arrivano non tanto sulla spinta di una consapevolezza, ma anche di una solitudine, alla ricerca di ambiti di scambio e di condivisione tra donne riguardo l’esperienza della maternità, nei suoi aspetti emotivi e psicologici ma anche concreti, legati alla cura e all’accudimento. E la solitudine acuisce il senso di inadeguatezza e di spaesamento. Non hanno altri luoghi in cui potersi confrontare e da noi trovano una risposta alle loro preoccupazioni, trovano persone che le rassicurano e che le informano. Naturalmente ci sono anche donne consapevoli, ma non sono la maggioranza. I tempi sono mutati e dallo spazio collettivo si è tornati a un orizzonte privato, al cui centro c’è ancora quell’istituzione malridotta ma ineludibile: la famiglia. E di familismo è intrisa la nostra società”. Sulla questione dell’informazione vale la pena di soffermarsi, perché davvero quello che non manca ed è a portata di mano è proprio la possibilità di conoscere e avere notizie, contenuti, esperienze, indirizzi… “Questa è una questione centrale. Un conto è essere inondati di informazioni, altro è essere informate.
Se trenta anni fa la donna-tipo che veniva al Melograno aveva mediamente 25/27 anni e chiedeva di essere rassicurata circa le sue conoscenze non so, sul tipo di parto o sull’allattamento al seno, oggi le ragazze che si rivolgono a noi hanno circa 35 anni e non sanno scegliere tra la marea di informazioni cui hanno accesso”. Perché non sanno scegliere? “Perché non hanno valori di riferimento, non hanno le basi teoriche per poter scegliere per sé, troppe informazioni e poca consapevolezza di sé. Da noi trovano chi offre loro spiegazioni e soprattutto gli strumenti per poter scegliere consapevolmente. La maternità per le giovani donne occidentali di oggi da destino è diventata una scelta. Sessualità, piacere, differenza, autodeterminazione dovrebbero essere acquisite. Ma diventare madre, acme della ‘creatività’, è vissuto come ‘perdita’. Donne in teoria libere di scegliere, di decidere, di essere se stesse divengono timorose, si sentono impreparate a convivere con la forza dell’evento maternità, con il dolore e con la gioia, con la grande potenza”. Quindi arriviamo al punto in cui matura la scelta nell’intimo, nonostante tutto e forse approfittando di un temporaneo blackout della razionalità…. “Sì, arriva il momento in cui nasce il desiderio nella donna o nella coppia, di avere una relazione con una creatura nuova che hai messo al mondo tu. Se la scelta arriva tardi, a volte è necessario il ricorso alla fecondazione assistita, fenomeno che sta crescendo in maniera esponenziale. Quando poi arriva la gravidanza, nascerà quello che viene definito ‘il bambino prezioso’”. Che si intende con questa definizione? “Il fatto che quella gravidanza passi attraverso un intervento esterno, doloroso, costoso, rende tutto più faticoso. Diventa una meta da raggiungere a tutti i costi, quasi un accanimento perché ti dici ‘adesso che ho deciso, lo voglio a tutti i costi, ce la voglio proprio fare’. Questa è una differenza notevole rispetto al passato e tutta la relazione della mamma con quel bambino sarà con un essere che ti sei guadagnato a forza, non un dono che ti è arrivato”. Con quali ripercussioni nella relazione madre-figlio? “Vediamo una sorta di modificazione nella relazione; nel pensiero è come se fosse qualcosa di fragile, da proteggere maggiormente”. Andiamo verso un mondo popolato sempre più di soggetti che non sono semplicemente bambini, ma sono ‘quei bambini’, sono ‘il bambino’ che ho voluto e che finalmente è nato. Qui si apre un’altra questione di grande importanza: come la società accoglie questi bambini e bambine così desiderati? “Viviamo in un paese in cui non ci sono spazi per i bambini, non ci sono pensieri per i bambini. È una società che rifiuta i bambini e che non è attrezzata per accoglierli e non si pone il problema di come cambiarsi in funzione dei bambini. Si possono fare tantissimi esempi: dai parchi condominiali in cui è vietato ai bambini di giocare a palla fino al divieto di portare i passeggini aperti sull’autobus, come sta accadendo in varie città. Siamo al paradosso che l’autobus ha il predellino per permettere alla persona con handicap di salire, ma chiede a una mamma con un neonato di salire reggendolo in braccio, tenendo il passeggino chiuso nell’altra, magari con borse della spesa e dovendosi reggere per non cadere. Per non parlare degli scivoli sui marciapiedi occupati dalle macchine parcheggiate ecc… l’attenzione alla coppia mamma-bambino nei primi anni di vita manca del tutto. La maternità è vista come una scelta individuale e non come un bene comune della nazione. Manca completamente l’idea che se la donna mette al mondo un figlio lo fa per sé ma lo fa anche per tutti noi. Abbiamo sicuramente leggi avanzate per la tutela della maternità nel lavoro, ma ormai chi ha un lavoro fisso è una minoranza residua. La maggioranza delle donne, soprattutto le giovani, si arrabattano tra una marea di lavoretti, negozietti, precarietà in cui non possono avere nessun sostegno alla maternità”. Il Melograno ha un motto che è la sintesi della sua mission… “Con “Quando nasce un bambino nasce anche una mamma” vogliamo dire che i bisogni e i diritti dell’una non possono essere trattati separatamente e disgiunti dal benessere e dalla dignità dell’altro, che è lui che ti insegna ad essere mamma, tu scopri cosa vuol dire essere mamma di giorno in giorno nella relazione. Conseguentemente vogliamo sottolineare che anche la mamma ha bisogno di tutte le cure e le attenzioni di cui ha bisogno chi nasce e che lei riversa verso il bambino. Diciamo sempre che le operatrici del Melograno accudiscono le mamme mentre le mamme accudiscono il bambino. Il senso è: chi cura ha bisogno di essere curata”. E i papà non li considerate? “Attenzione: il padre non nasce quando nasce il bambino, ha bisogno di tempo. La mamma ha avuto un tempo, durante la gestazione, di conoscere e dialogare con il bambino e al momento della nascita lo conosce già, e poi ha dalla sua gli ormoni che la rendono particolarmente recettiva al suo linguaggio e ai suoi bisogni. Al padre non è concesso questo, noi pensiamo che lui debba essere “il guardiano della tana’, permettendo alla donna che vive questo intenso viaggio d’amore con il suo bambino nei primi mesi di non avere alti compiti, di non essere disturbata. Il ruolo del padre è importantissimo, ma non è sovrapponibile a quello della mamma. Invece purtroppo vediamo che l’immagine che viene proposta è quella del mammo. Non è questa la paternità consapevole che va messa a disposizione perché non serve solo un aiuto concreto - ben venga, ovviamente - ma soprattutto un ascolto, un sostegno per le nuove responsabilità, un ruolo di protezione della coppia mamma-bambino. Per essere protettori bisogna essere degli uomini, invece parecchie volte vediamo ragazzini”. Ma nei vostri programmi c’è anche un lavoro con i padri. “La paternità è importante e facciamo anche incontri per i padri e molti degli incontri nei corsi di accompagnamento alla nascita sono aperti per chi lo desidera alle coppie. Speravamo che i padri si organizzassero con loro centri. Ci sono stati tentativi negli anni, ma è mancata la continuità e l’idea che potessero prendersi in carico il tema della paternità. Siamo ancora all’imitazione del modello materno. E non va bene”.
GIOIA, DOLORE E POTERE DELLA GRAVIDANZA
Le donne d’oggi quando affrontano la gravidanza sembrano più timorose, più impreparate a convivere con la forza dell’evento maternità, che è dolore, gioia, grande potere; sembrano meno in grado di trovar da sé la propria modalità. Sembrano più dipendenti dal parere medico, più propense ad affidarsi.
Il ritmo biologico della fertilità sembra non coincidere più con il tempo del desiderio, il modo di vivere impone al corpo e alle menti storture che non rispettano le scadenze dei cicli di vita, con il conseguente aumento della dipendenza dal sapere medico, dalle promesse suadenti della scienza e della tecnica.
La maternità è seguita in modo quasi esasperato dal punto di vista medico: visite continue, esami costosi, all’inseguimento di sicurezza e di ‘risultato’, continue intrusioni e continue pre-dizioni, trasformando quelle che dovrebbero essere opportunità in obblighi (e chi vi si sottrae viene tacciata di irresponsabilità, invece che di assunzione di responsabilità, in nome di un figlio la cui salute pare interessare molto fino a che è embrione, salvo poi, come la donna, non essere più ‘interessante’ una volta nato).
La diagnostica prenatale implica un nuovo ‘mito’ della ‘sicurezza’ (parola magica del nostro vivere quanto più aumenta la precarizzazione, insicurezza per antonomasia): quanto più vi sono possibilità diagnostiche, tanto più si estende l’obbligo di pre-venire: è la tecnica a ridefinire la responsabilità, piegandola a sé e ampliandola in modo abnorme.
Indotte a leggere come libertà femminile la possibilità di ‘estraniarsi’ dall’esperienza ‘acquistando’ al mercato della salute un parto programmato, breve, indolore, o vivendo come libertà femminile il fatto di farsi togliere dalla pancia un bambino con un taglio chirurgico o che, invece di essere dentro l’esperienza straordinaria del parto, le donne scelgono di viverla anestetizzate, rese ancora più deboli e passive.
Tiziana Valpiana
Una bella storia scritta dalle donne per le donne
NON SUBIRE LA GRAVIDANZA, MA DIRIGERLA è la frase-guida scelta quando, a Verona nel 1981, nasce il primo nucleo di quella che oggi è una realtà diffusa in molte regioni con 18 centri attivi de IL MELOGRANO. L’idea alla base dell’iniziativa era “che madri si diventa piano piano attraverso una gestazione fisica ma anche emozionale e di crescita interiore, attraverso un parto vissuto come scoperta e rispetto delle straordinarie capacità e risorse del corpo di donna, attraverso l’autodeterminazione. Si voleva realizzare un luogo dove questo potesse avvenire, creare un’istituzione in cui fossero al primo posto accoglienza e cura; che operasse non con improvvisazione e volontarismo ma che fosse servizio permanente per aiutare la consapevolezza delle donne”. Oggi in tutta Italia sono tantissime le iniziative e i progetti, quasi sempre in collaborazione con gli enti pubblici: assistenza domiciliare nel puerperio, s.o.s. allattamento, ‘farmacie amiche dell’allattamento’, formazione babysitter, gestione Sportello Nascita e Prima Infanzia. Tutti servizi utili per sostenere le scelte delle donne con gli strumenti che da sempre Il Melograno utilizza: informazione precisa ed esaustiva, attivazione di consapevolezza ed empowerment delle donne. (Info: www.melogranovr.org)
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