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Voci satiriche di pregio

Voci satiriche di pregio

Rezza e Crozza - Impertinenti e dissenzienti, ciascuno a modo suo questi due artisti portano in teatro ciò che la TV difficilmente accoglie

Mirella Caveggia Martedi, 26/01/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2010

Quando a teatro l’intelligenza dà i numeri volteggia in scena la follia, come nello spettacolo “7,14,21,28” di Antonio Rezza. Non c’è nulla di simile nel panorama teatrale, cabarettistico, radiotelevisivo italiano. L’artista novarese è unico è inimitabile. Brutto di una bruttezza senza speranza, (ma è lui che si fa laido a più non posso), mette in campo paradosso, sarcasmo, un delirio di ragionamenti sconclusionati. Le sue insensatezze non vanno da nessuna parte, ma prima di dissolversi gettano bagliori fulminanti sui miserabili connotati della nostra società. Di queste acrobazie verbali e fisiche è impossibile dare conto, l’espressione scenica di Antonio Rezza, che richiama un po’ Chaplin, un po’ Totò, ma anche Petrolini, sfugge alle descrizioni, perché i suoi guizzi maligni non si afferrano. L’aspetto più impressionante di quest’attore è la mimica facciale, oltrechè quella corporale, una fisionomia che si allunga e si allarga, si contrae e si espande come un elastico e come la plastilina si modella con effetti sempre diversi. In scena, una installazione di Flavia Mastella raduna intorno ad uno scheletro metallico elementi discrepanti e complementari a tanta insensatezza: stracci, drappi, veli e reti nei quali il monologante si impaluda per potenziare il peso del suo sproloquio; inconsistente lì per lì, ma in fondo segno di una solitudine senza scampo davanti al nulla che avvolge la vita odierna. Il messaggio arriva e induce lo spettatore a cogliere fra le risate la malinconia di questo moderno clown che finisce coll’inseguire correndo in tondo Ivan Bellavista, il suo coadiuvante. Nudi come vermi, le mani sulle pudende, i due si sfiatano a vuoto.

Mentre Rezza fa capriole nell’astrazione, Maurizio Crozza, altra voce satirica di pregio, fila sui binari della concretezza per punzecchiare, trafiggere, mettere alle corde politica, costume e società in uno show intitolato “Fenomeni”. Basta moltiplicare per venti la sua introduzione a “Ballarò”, con le aggiunte ben più graffianti che il teatro accoglie più della TV, e si ha la misura della qualità dell’artista genovese. Accompagnato da due musicisti che ogni tanto recitano per dare rilievo alle caricature, Maurizio Crozza crea un ameno laghetto di comicità senza eccessi, senza ammiccamenti, senza costumi e travestimenti, solo con la forza della sua fulminante carica umoristica (“La destra va con le escort, la sinistra con i trans e il paese va a puttane”).

Rezza, vestito di una patetica malinconia, riflette un mondo furbastro e carognesco, Crozza attinge a una vena goliardica piena di allegria, di impertinenza e di certezze. Il primo, astratto, smarrito nel suo abbandono, tira somme amare e tristi di vizi, disumanità e amoralità; il secondo, consapevole della propria energia, riflettendo con il pubblico sui lati più stupidi dell’attualità politica e mettendoli in caricatura, dirama un messaggio di giulivo dissenso. Magro, lucido di sudore, animato da un delirio febbrile, Rezza; pacioso e rassicurante Crozza. Così diversi, sono due bravissimi, irresistibili artisti entrambi.



(26 gennaio 2010)

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