Testimonianze - Presentato recentemente da Katia Graziosi dell'UDI di Bologna, insieme a Angelamaria Golfarelli e Alba Piolanti
Alba Piolanti Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2007
E’ un libro di memorie fatto di racconti di vita. Voluto dalle donne del Gruppo Otto Marzo, che nel piccolo borgo della provincia di Forlì-Cesena Cusercoli svolgono da decenni attività di sensibilizzazione sui temi femminili,"Voci di donne; storia di paese" (Alba Piolanti e Germana Cimatti, ed. Il Ponte Vecchio di Cesena) è una raccolta di testimonianze che ha saputo coinvolgere tutta la comunità in un moltiplicarsi di disponibilità e contributi.
Nella prima parte, Germana Cimatti, vestale discreta e silenziosa, raccoglie le testimonianze di 42 donne, per la maggior parte nate tra gli anni ’10 e’20 del secolo scorso, che raccontano la propria infanzia, la giovinezza, la guerra, la resistenza, il lavoro. Nella seconda Alba Piolanti, attraverso una narrazione letteraria, fa rivivere presenze, mestieri, sapori, rumori di quel tempo che dalle testimonianze prendono forma e vita. E così Cusercoli diventa il simbolo di quell’Italia povera e bracciantile del primo dopoguerra, fatta di cooperative, di leghe e di martiri, in cui le donne fanno di tutto: allevano i figli e badano alla famiglia, sono contadine, lavandaie, sarte, bottegaie, e lavorano a domicilio. Prima infatti realizzano una specie di berretti in raffia (fè al bretti), poi le tende e infine le corone: è questa attività che caratterizza ancora oggi il lavoro delle donne di Cusercoli e che è presente nel paese fin dagli anni ’20, portata dalla famiglia Beccucci di Bologna.
“Primo fu il prete a dare lavoro alle donne perché Beccucci portava da Bologna dei gran sacchetti di perle….Dopo Beccucci prese in affitto la casa di Puldin….portò le macchine per fare le perle, il legno lo portavano dalla Campigna con i camion: Puldin segava il legno e faceva le piastrelle, noi donne dalle piastre facevamo le perle con le macchine…le vagliavamo per togliere via la pula, poi le dovevamo portare di sopra dove le controllavano, le pesavano e poi le coloravano. Infine le mettevano a seccare e poi le davano alle donne…”. Ed è in questo lavoro che le donne nell’inverno del ’52-53 rivendicano con forza i loro diritti. Con uno sciopero durissimo, durato 59 giorni (proprio come le perle di una corona!), sostenute dalla locale Camera del Lavoro, dalla stampa e dalle bottegaie del paese, le coronaie, dopo aver istituito un comitato di lotta, aver affrontato scontri con i Carabinieri, essere state imprigionate, anticipano di 20 anni la legge sul riconoscimento del lavoro a domicilio approvata poi nel 1973. Sono donne fiere e dignitose che sanno trovare il loro impegno anche quando il fascismo prima e la guerra poi sconvolgono la piccola comunità, con i suoi lutti e le sue tragedie. La resistenza qui è diffusa e diffusamente partecipata. Da Cusercoli parte il primo nucleo partigiano della vallata. Se gli uomini si danno alla macchia, le donne non sono da meno. “E’ una guerra quotidiana senz’armi per le donne, mogli, sorelle, madri dei partigiani, costrette a lasciare le loro case, il paese, per nascondersi nelle campagne circostanti, per seguire con i bambini i loro uomini, e soprattutto per sfuggire alla furia dei nazifascismi che le userebbero come merce, che abuserebbero di loro con tutta la brutalità disumana delle guerre…”
E gli orrori le donne ricordano, ma anche la giovinezza, la gioia di incontrarsi, l’amore, le feste, i balli.
E’ questo libro un archivio di fonti orali , uno sterminato deposito di temi e documenti umani, capace di alimentare la ricerca storica e la riflessione sul Presente e sul Futuro: uno di quei libri, per questo, in grado di produrne molti altri.
Le trecentosettantatre pagine, corredate da oltre cento rare fotografie d’epoca, consegnano agli archivi non solo la memoria dei fatti ma anche e soprattutto la forza, la dignità e la sapienza di queste protagoniste della storia che, come tante altre, la Storia omette o trascura.
Noi, queste donne, abbiamo voluto così ricordarle, consapevoli che “quel che si dimentica è come se non fosse mai successo”.
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