Domenica, 26/01/2014 - Era il 3 febbraio del 1975 quando Claudio Magris, intellettuale e germanista contemporaneo, pubblicava sul Corriere della Sera l'articolo "Gli sbagliati".
Si trattava di un articolo aspro, duro, giudicante e soprattutto: antiabortista.
Magris la pensava tutta di un colore; spacciava per integrità morale il suo irrigidimento moralistico. Metteva l'accento sulle misure igienico-profilattiche, e forse su una certa misoginia di tradizione.
Italo Calvino - intellettuale, scrittore e giornalista - lesse l'articolo, ovviamente. Rispose fulmineo, (entro la settimana) sullo stesso Corriere, con una lettera tramite la quale: prima, chiariva le linee di massima della questione "aborto", poi, poneva fine all'amicizia con Magris e al sodalizio intellettuale.
Leggiamo qualche estratto.
"Caro Magris,
con grande dispiacere leggo il tuo articolo. Sono molto addolorato non solo che tu l’abbia scritto, ma soprattutto che tu pensi in questo modo. Mettere al mondo un figlio ha un senso solo se questo figlio è voluto, coscientemente e liberamente dai due genitori. Se no è un atto animalesco e criminoso. Un essere umano diventa tale non per il casuale verificarsi di certe condizioni biologiche, ma per un atto di volontà e d’amore da parte degli altri. Se no, l’umanità diventa – come in larga parte già è – una stalla di conigli. Ma non si tratta più della stalla «agreste», ma d’un allevamento «in batteria» nelle condizioni d’artificialità in cui vive a luce artificiale e con mangime chimico.
Solo chi – uomo e donna – è convinto al cento per cento d’avere la possibilità morale e materiale non solo d’allevare un figlio ma d’accoglierlo come una presenza benvenuta e amata, ha il diritto di procreare; se no, deve per prima cosa far tutto il possibile per non concepire e se concepisce (dato che il margine d’imprevedibilità continua a essere alto) abortire non è soltanto una triste necessità, ma una decisione altamente morale da prendere in piena libertà di coscienza. Non capisco come tu possa associare l’aborto a un’idea d’edonismo o di vita allegra.[...] Sei un bell’incosciente, a dir poco, lascia che te lo dica. Credevo che sapessi che cosa costa e che responsabilità è il far vivere delle altre vite. Mi dispiace che una divergenza così radicale su questioni morali fondamentali venga a interrompere la nostra amicizia".
La luce che Calvino gettava sulle difficili questioni di bioetica era bianca e potente.
Oggi, inoltre, le sue parole suonano ancora più forti; perché è indubbio che abbiamo ancora molto da metabolizzare su questi stessi argomenti.
Il paragone (tutto ancora da scongiurare), per esempio, dell'umanità con la stalla di conigli, o peggio, con la batteria da allevamento, può addirittura tramortire. Viviamo nell'epoca dello stockaggio e dell'import-export; e a volte pare che la vita umana possa corrispondere alla stessa serialità degli oggetti e scadere così come cosa indegna.
E' sempre più urgente, in questo senso, domandarsi se il mondo che stiamo lasciando alle generazioni a venire sia proporzionato e "su misura" per loro; premesso che un mondo "a misura" è innanzitutto un mondo felice.
Aleggia nell'aria il sospetto che l'attuale stile di vita dell'umanità, quello maggioritario nell'epoca della globalizzazione, sia uno stile ebete e scandaloso.
E, come scriveva nel Novecento Simone de Beauvoir: "quello che c'è di più scandaloso nello scandalo, è che vi ci si abitua".
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