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Vittime minori

Vittime minori

Femminicidi - La politica comanda, la Chiesa assiste e persuade: in democrazia e sotto regime, il femminicidio è una strage sopportabile?

Stefania Cantatore Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2008

Non c’è che da essere indignate per il ritorno ai toni antichi da parte del linguaggio pubblico.
Quel linguaggio pubblico che, nel nostro paese di certo, rappresenta la guida ed non l’espressione del sentimento.
In questi giorni, dopo mesi di silenzio, la cronaca, segnala il ritrovamento almeno di una delle donne senza nome che, non sappiamo con quale frequenza, perdono la vita nel nostro paese.
Il timore è che, come sempre, la vittima ritorni nel buio della folla cui appartiene, dopo un breve spot pensato per veicolare una nuova campagna per il decoro pubblico
Dopo mesi di silenzio, la stampa dà conto di questo delitto, tra l’altro facendo intendere che sarebbe l’ultimo di una serie, riesumando un linguaggio spaziante nella gamma che va da prostituta a lucciola, restaurando la categoria delle vittime minori.
Per secoli il femminicidio è stata la strage sopportabile, sia per i regimi totalitari e per le democrazie. Le ragioni si fondano “nel diritto di stupro” appannaggio degli uomini, opposto al diritto di scelta delle donne. Tutti quanti, partiti ed istituzioni, a corto di argomenti politici, in risposta alle denunce del movimento delle donne, e rispetto al deflagrare di quella parola, si adeguarono verbalmente senza capire, compiacendosi di compiacere un femminismo ancora sconosciuto e forse da colonizzare.
Ma non c’era da confondersi: per la politica e per l’ordine gerarchico dei privilegiati in diverso grado, fino al più povero dei padri, davvero, la morte di una donna resta sopportabile e prevedibile come sempre.
Puttana morta, vittima di un serial killer di lucciole, rumena uccisa, nigeriana sgozzata. Donna.
C’è di che essere indignate, non solo per il cinismo che già conosciamo rispetto a quelle vittime minori, ma per la sfida che dagli stessi smemorati emuli di quella parola sconosciuta, femminicidio, è lanciata al movimento delle donne che non si è lasciato colonizzare.
La sfida è sanguinosa, sfacciata e grossolana: è la pretesa di infrangere la consapevolezza raggiunta dalle cittadine, la tolleranza per morte e stupro, per la sottomissione, è l’esclusione dalle sfere decisionali. È una sfida che parte dalla rievocazione delle categorie che ristabiliscano i diversi generi femminili, dove solo le meritevoli e le compiacenti abbiano accesso alla fiducia per agire le libertà previste dagli uomini per loro.
Il linguaggio è la spia ma anche lo strumento, è esso stesso sfida aperta tesa a trasformare in sopportazione il senso diffuso e la rivolta civile delle donne. Rispuntano le casalinghe, le padrone di casa, le massaie, le guardiane del successo dei capi, le poverelle da soccorrere, mai solo donne.
Il linguaggio si è fatto confuso su tutto, tutti parlano di tutto, e nella sinfonia dodecafonica per soli tenori che ne risulta, l’assenza è il vero punto critico: la parola donna nell’ultima campagna elettorale è scomparsa.
È scomparsa la rappresentanza, è scomparso il sangue che scorre dalla violenza sessuata è scomparsa la facoltà di generare e la 194. Invece compaiono gli spot degli antiabortisti, il coprifuoco all’ora di cena e continuano le inserzioni delle offerte di lavoro a base bella presenza, nubile ecc.
Non sapremo mai cosa realmente sia successo nei seggi elettorali: fluttuano i numeri invisibili, come lo sono le donne, per volere di quegli uomini indisponibili a cambiare, quelli che hanno miracolosamente semplificato un sistema opaco, ma ancora troppo trasparente, rendendolo ancora più inaccessibile alle lacere. Semplificare: la politica comanda, la Chiesa assiste e persuade. Tutto va al suo posto
Era necessario, perché siamo nel terzo millennio, e le donne ci sono ancora. In tutto il mondo.


Napoli, 22/04/08

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