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Vita e sofferenza  nella poesia di Teresa Wilms Montt

Vita e sofferenza nella poesia di Teresa Wilms Montt

l'esperienza umana e culturale di un'eccezionale donna del primo Novecento latino americano ed europeo.

Mercoledi, 04/09/2024 - PAOLO CARLUCCI
Perenne, crocifissa scissura. Fame totale di poesia. Libertà risolta nell’amore…

Vita e sofferenza nella poetica di Teresa Wilms Montt



L’opera e la figura di Teresa Wilms Montt (1893-1921), si esplicano soprattutto in una mirabile, sofferta e vera psicologia linguistica: un sentiero di scrittura sospeso e rapace, come un condor andino di macabro gotico, e solarità mistica. Come lucerna sparsa sulle cose.

L’anima mia, stele d’azzurro fumo, svetta verso la cupola celeste. / Supplici, le mie braccia formano l’alta soglia d’alabastro d’un tempio. / I miei occhi estasiati, compresi nel mistero, sono come due lampade di zaffiro, ove splende profondo amor divino…

Herciera, signora e maga fatale, l’opera e la psicologia linguistica di Teresa Wilms Montt, poetessa e figura di primo piano nella cultura latino americana del primo Novecento, si configura come crogiolo importante di rielaborazione, spesso compulsiva, di matrici diverse della cultura poetica e letteraria della belle époque.
Una vita ricchissima, ma in fondo terribile, quella di Teresa: fatta sì di stimoli ed incontri, che ne fanno ben presto un’icona nella realtà cilena e poi di Buenos Aires, ed anche a Madrid e Parigi, ma nel cielo del cuore di Teresa Wilms Montt, si aprono voragini e tempeste.
Agonizzando vivo e il mare sta ai miei piedi e, corona alle tempie, il firmamento
Così in versi sparsi emergono frammenti di un simbolismo apocalittico che connotano il suo psico-linguismo poetico ed esistenziale, spiccatamente visionario.
Folgori di poesia e disperazione e rimpianto o senso di colpa, caratterizzano la produzione in versi e in prosa della Wilms Montt. Esemplare al riguardo resta il poema Anuari, dedicato ad un innamorato poi suicidatosi perché respinto.
Donna, sposa giovanissima e madre, ma anche macchina di meraviglia, sensuale e anarchica, protofemminista (ma in una chiave impolitica). L’obiettivo della giovane e inquieta señora è infatti un’autodeterminazione artistica e psicologica del suo orizzonte femminile. Manifesto di erotismo cinematografico e di divismo visionario simbolista e decadente, appaiono sensualmente eccezionali questi passi, ammalianti prose liriche tratte da Inquietudini sentimentali.
Due seni pallidi e inquietanti insieme; occhi rapiti di lubricità, e una carezza impudica e carnale di traverso al mio passo e al mio cammino. È una voce dal suono indefinibile, come il duro singhiozzo di un bambino che mi sussurra: Vieni, io sono l’eros.

Ed io andavo seguendo questa menade folle, come un lembo d’acciaio segue la calamita. Avanzavo sospinta dal mistero… S’eran fatte di ghiaccio le mie labbra, chiusa la gola da sbarre di ferro. Il mio sguardo era lucido d’umore, gli occhi raggianti come pietre alcoliche…

Selva di baci e di fuochi ardenti santità. Mistica d’amore carnale e totale, come nella tradizione della poesia religiosa spagnola concettista e lacerata, come in Góngora, ma soprattutto, nel caso di Teresa, alla lirica di Juana Ines del a Cruz. Ma nella poesia spagnola questo miraggio di totalità sarà una costante, come emerge tra gli altri, in classici modernisti del primo novecento, quali Machado, Jimenez e García Lorca.

Un’arte poetica quindi quella di Teresa, che esprime in modo potente la catastrofe di una creatura numinosa, un intrigante caso di assoluta viscera poetica, nonché un esempio sociologico-letterario del ruolo della donna nella vita e nell’arte dell’epoca delle avanguardie storiche. Importante il suo paradigma umano e di consumo- autodistruttivo e fiammeggiante di libertà nella macchina del divismo dell’epoca. Come ha ben evidenziato Cristina Sparagana, che ha studiato e tradotto numerosi testi della Wilms Montt, Teresa si configura quasi come una Ligeia sudamericana, una cocotte onesta e cerebrale, un’inquieta in fuga e ardente voce di solitudine e silenzio, che nel sentimento estremo trova la nudità del proprio canto.
Oltre il modernismo del tempo, resta chitarra della notte il canto, il mondo sempre bidimensionale di Teresa.
La critica di Del Valle-Inclàn evidenzia stupore e meraviglia, ne fa quasi un’eroina dello Stilnovo, o del mondo ideale delle letterature romanze.
«De qué mundo remoto nos llega esta voz extraña cargada de siglos y de juventud? Tiene la clara diafanidad del canto en las altas cimas, y no sabemos si es cerca o lejos de nosotros cuando suena en el maravilloso silencio. Y extraña como la voz es esta frágil y blonda druidesa que apenas posa sobre la tierra y tiene al andar el ritmo del vuelo.»
(IT)
«Da quale remoto mondo ci giunge questa strana voce, carica di secoli e di giovinezza? Ha la limpida trasparenza del canto sulle alte vette, e non sappiamo se è vicina o lontana da noi quando risuona nel silenzio meraviglioso. E strana come la voce è questa fragile e bionda druidessa che si posa a malapena sulla terra e ha il ritmo del volo mentre cammina.»
(Ramón María del Valle-Inclán, Teresa Wilms, in Anuarí, 1918)

Bastano poi le celebri parole del Diario ad offrire un ritratto indelebile del suo essere fluido, cosmico-anarchica dell’amore e della fede, resa in flutti di versi- immagini.

«È il mio diario. Sono io nuda in modo sconcertante, ribelle a tutto ciò che è stabilito, grande tra i piccoli, piccola davanti all'infinito... Sono io...»
(Teresa Wils Montt, Lo que no se ha dicho..., 1922, p. 17)



Pellegrina scalza di una parola che la identifichi per sé stessa, al di fuori del… Grande Gatsby, ma in chiave sudamericana ed europea, così come vive, in cui esplode la nevrosi di un’identità si ricerca, che si compiace, si stritola, fino alla tragica fine. Un cupio dissolvi di sapore dannunziano, si pensi alla Nave. La poetica di Teresa vive dunque la ricerca ansiosa e di un proprio stato – lessico, dominato da estremismi linguistici ed immaginativi portentosi. È l’epoca del modernismo di Machado e Lorca, del creazionismo di Huidobro, ma anche del fervore imagista: son tutti ismi di frontiera che, come nell’arte d’avanguardia, contengono boschi di futuro. Si pensi a proposito, a certe inquietanti opere di Max Ernst, che Teresa conoscerà.
E la profondità dei suoi versi colpirà anche Unamuno, un altro importante poeta, che di lei scriverà, come pure farà, anni dopo, la grande Maria Zambrano.
L’amicizia e il sodalizio artistico con Huidobro saranno fondamentali, non solo nella fuga dal convento prigione, ma soprattutto come un liberatore di energie pulsanti e sfrenate di cuore e mente.
Teresa diventa proprio e sempre nel suo crescente malessere, una nomade di lusso, una diva, preda di se stessa, in virtù di un equilibrio fragile e radioso. Teresa peraltro anche nei ritratti dell’epoca appare conturbante e perturbante, una vera femme fatale, cui il narcisismo cede, ma di cui, lei all’unisono, paradossale carmelitana scalza della poesia, è intrisa di morale cattolica. La Wilms Montt prova insomma vergogna e vocazione autopunitiva. Si configura quindi come una creatura d’arte, che passa da teatri a salotti, a paradisi artificiali di etere ed oppio; ma pure si strugge proprio in quel divismo tardo romantico, pucciniano, e decadente, fatto di seduzioni e disperazioni teatrali, immerse però nel dramma familiare. Teresa incarna perfettamente il senso dell’arte espressa in questi versi di Huidobro:
Inventa nuovi mondi e cura la parola; / L’ aggettivo quando non dà vita, uccide. / Siamo nel ciclo dei nervi.

Espressioni forti, vitali, quelle del poeta cileno, ma pure segni della crisi dell’artista sempre in particolare nel caso di Teresa Wilms Montt, che, nella doppia fiamma della sua arte, forgia immagini e parole-grido: chiavi di libertà nel colore della vita..
Dunque Teresa vive di estasi di surrealismi novecenteschi, ma si colma di echi … coloniali di “Spleen et Ideal”, come nel maledettismo di Baudelaire e nella tradizione del decadentismo e nei preraffaelliti europei. Ma non si può non rilevare un’aura per così dire francescana, di mistica creaturalità della vita nel creato, in cui però domina anche una tenebra cupa, un artiglio macabro e diabolico.
Una sua poesia importante è dedicata appunto a Belzebù. Teresa Wilms Montt è Pizia di un intenso creazionismo mistico, ma pieno di echi di una bianca, siderale carnalità: amorosa ed estrema. Si firmerà a lungo Teresa della + che vuole essere un … eteronimo significativo della sua perenne, crocifissa scissura.
L’intera biografia poetica e psicologica di Teresa Wilms Montt dunque si condensa come un orizzonte di fame totale di poesia. Teresa: una vita spesa nella libertà creativa, risolta nell’amore, ma a specchio, nel rito disperato del suo stesso suicidio.


Indicazioni bibliografiche
Cristina Sparagana, “Teresa Wilms Montt, un canto di libertà”, saggio e antologia di testi poetici tradotti, in Poesia, n. 229, luglio agosto 2008 Milano, Crocetti editore, pp 3- saggio; antologia poetica pp 7-14
V. Huidobro, Viaggi siderali, Antologia poetica, a cura di Gabriele Morelli, Jaca Book, Milano, 1995
Arte poetica , p p 58-59, op cit

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