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Vita da emirata-emigrata

Vita da emirata-emigrata

Viaggi svelati - Illustrazione semi-seria dei disagi, non sempre piccoli, di una ragazza che vive a Dubai

Marzia Beltrami Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2007

Vi siete mai chieste: nel caso dovessi andare a vivere lontano, quali sono le comodità e abitudini che farei fatica a lasciare? Il settimanale di ricette, la palestra di fianco all’ufficio oppure il pane come piace a me, quello che solo Franco il panettiere…
Con il trasferimento negli Emirati Arabi mi sono trovata a patire per alcuni motivi estremamente seri, che espongo in ordine crescente di importanza:
4) la scadente qualità dei pomodori nei supermercati locali - migliori e più costosi sono quelli olandesi – ma, dico io, avete mai sentito parlare del caldo sole olandese e dei relativi campi di pomodori? No, mai. Appunto. Per questo mia madre si è dovuta sopportate vari pianti telefonici durante le crisi da astinenza da pomodori veri;
3) la scadente qualità dell’acqua in bottiglia: acqua di mare desalinizzata, filtrata e imbottigliata con un vago sapore di plastica. Le conseguenze della scarsa qualità dell’acqua mi portano al punto 2;
2) un dentista che sostituisca quello che mi ha curato per anni in Italia, poiché dopo qualche mese di 'quei' pomodori e di 'quell'acqua' i miei denti hanno deciso di impazzire tutti assieme…e con un clamoroso colpo di fortuna, voilà, mi sono trovata il migliore dentista del mondo! Almeno di questo non mi devo preoccupare più;
1) il cruccio maggiore è stato dire addio alla mia adorata estetista, dispensatrice fedele e discreta di tante preziose cerette e consigli. Dopo tre anni di vita emirata / emigrata, la mia ricerca di una degna sostituta ancora continua. In questo paese il numero di estetiste e istituti estetici è esorbitante. Alle donne arabe piace essere sempre in ordine perfetto e passano ore e ore ad arricciare / lisciare i lunghi capelli neri e setosi; il viso non può avere imperfezioni, quindi la pulizia mensile non si può saltare. Mani e piedi devono essere morbidi e le unghie pulite, in ordine e laccate.
La peluria superflua del viso viene regolarmente rimossa con la tecnica del threading: due fili di cotone che, abilmente manipolati, fungono da pinze e sradicano i peli indesiderati attorno alle labbra, sulle guance o sotto il mento.
Le donne filippine e indiane – altra grande componente di questa società - non sono da meno: dall’estetista ci vanno regolarmente.
Che fare, quindi? Continuare a essere la solita sciattona o adeguarmi alle usanze locali? Diventare schiava della manicurista e shampista o perseverare nell’indipendenza estetica? Le mie presunzioni di superiorità sono crollate nella constatazione che la mia collega di 23 anni è fresca di parrucchiere tutti i lunedì mattina: ho fatto l’abbonamento alla messa in piega settimanale. Ma torniamo al discorso ‘cerette’: ne ho fatte tante e ho scoperto una geografia culturale del pelo superfluo. Alla prima depilazione a Dubai, per esempio, sono venuta a conoscenza della tradizione islamica che vuole che prima del matrimonio, le donne siano completamente depilate – e intendo 'completamente'. In realtà la maggior parte delle donne arabe si depila completamente sempre, non solo in occasione del matrimonio.
Vidi perciò disgusto sul volto dell’estetista marocchina mentre le spiegavo che non avevo nessuna intenzione di lasciarle fare un Telly Savalas su di me.
L’estetista indiana, tentativo numero 2 della mia vana ricerca, invece approvò la mia scelta, quasi con sollievo: un semplice inguine, niente ambizioni brasiliane. Meno soddisfatta fui io quando, invece della solita cera made in Italy, mi applicò un pastone di zucchero, acqua e limone con un coltello da cucina. Qualche contorsione e alcuni frettolosi minuti 'stile macelleria' dopo, avevo deciso che lei non sarebbe diventata mai la mia estetista del cuore.
L’estetista numero 3 è tuttora la mia preferita. Non solo è brava e ha tutti gli strumenti necessari per fare la ceretta in modo moderno, è anche riuscita a darmi speranza: nella sofferenza della depilazione mi consolo al pensiero che in Somalia i polpacci pelosi sono considerati sexy.
(22 marzo 2007)

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