Partito democratico - La nascita del PD è una novità: intervista a Manuela Palermi, presidente in Senato del Gruppo Verdi-PDC e testimonianza di Katia Zanotti, parlamentare di Sinistra Democratica.
Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2007
Manuela Palermi, presidente in Senato del Gruppo Verdi-PDC
“Con la nascita del PD avviene una cosa grave ed inedita in tutto il panorama politico europeo, cioè viene a mancare una forza, grande, di sinistra, socialdemocratica. I Ds sono andati ben oltre la Bolognina per approdare ad una formazione politica moderata, certamente democratica, ma di centro, che non appartiene alla storia repubblicana e pre-repubblicana italiana. Nel PD c’è molto centro e poca sinistra, soprattutto se penso alle grandi questioni dei diritti civili, del lavoro, delle differenze. Per la sinistra italiana, rappresentata da tutti quei partiti di sinistra che non hanno abbracciato il progetto del PD, si aprono nuovi spazi ma anche nuove sfide soprattutto perché abbiamo l’onere ed il compito di rappresentare istanze ideali e politiche che allo stato attuale sono superiori alle nostre forza, al consenso ricevuto dagli elettori. Mi spiego meglio: quando cerchiamo con ostinazione soluzioni e provvedimenti per combattere il lavoro precario, parliamo ad una platea gigantesca di lavoratori giovani e meno giovani; quando penso al tema della pace, le nostre idee ci accomunano ad un popolo sconfinato; e lo stesso vale per le tematiche ambientali. Allora, per dare nuova voce e nuovo peso a queste idee - che posso in modo semplice riassumere in pace, diritti, lavoro, ambiente - è necessario arrivare in tempi brevi (siamo già in ritardo) all’unità politica della sinistra. Non penso ad un partito unico. Lo considero un percorso vecchio e fallimentare. Penso ad una forma innovativa di unificazione, ad una confederazione nelle quale trovino spazio e totale legittimità anche i movimenti e le associazioni. Penso al modello Flm, la più grande impresa democratica compiuta dal movimento operaio e dalla sinistra. Un azzardo straordinario rispetto alla nostra storia e cultura tradizionali.
A suo modo di vedere le donne che hanno partecipato alla fase costituente del PD hanno inciso in modo significativo?
Non voglio entrare nei criteri e nei meccanismi di rappresentanza di cui il nascente PD si è voluto dotare, mi sono talmente lontani ed estranei che mi è difficile dare un giudizio. Ci sono donne che stimo, ma mai farei il loro percorso e le loro scelte. Se l’obiettivo era di una maggiore rappresentanza, mi pare che abbiano fallito. E lo stesso vale per quanto riguarda contenuti e pratiche delle donne.
Cosa pensa di una politica in cui sono i leader e non i progetti ad essere i punti di riferimento?
E’ un imbarbarimento, un’involuzione della politica. L’immagine, e quindi la costruzione, di un leader vale più del contenuto. Il berlusconismo è una malattia che ha contagiato la politica. Si rincorre Berlusconi sul suo terreno, lo si vede vincente e moderno. C’è un affanno a somigliargli che fa impressione. E quando l’immagine diventa tutto ed il pensiero è debole, è inevitabile puntare su una persona ed attorno ad essa far ruotare azioni politiche e non. Io credo che le persone siano importanti, ma sono transitorie mentre le idee devono avere la forza di saper resistere anche al tempo.
La partecipazione delle donne, in questo contesto, è agevolata ?
Non mi sembra. E poi le vedo così omologate… Parlano politichese meglio degli uomini, rincorrono la mediazione sul terreno del potere, si infilano nelle cordate in cui il leader indiscusso è un uomo. La vicenda dei Dico è stata illuminante. Le donne del PD e dei partiti moderati sono scomparse, hanno perso la parola. Hanno assunto la “ragion di Stato” come l’unica in grado di ripagarle. Credo che resteranno a bocca asciutta e se qualcuna verrà ripagata lo sarà esclusivamente sul terreno del potere e di un’ulteriore omologazione.
Quali sono, soprattutto per le donne, i rischi di una politica lontana dalla gente?
In questi mesi l’antipolitica è entrata prepotentemente in scena. Si tratta di un fenomeno che ciclicamente riappare nel nostro Paese. Ma chi va in piazza, anche nel caso di Grillo e con modalità che spesso non condivido o non mi appartengono, fa un’azione politica. La lontananza e la disaffezione di molti spesso nasconde proprio un’esigenza di politica. In questa fase non vedo un ruolo particolare delle donne che fanno politica. Mi dispiace fare un’affermazione così netta, ma è ciò che avverto. Nella politica sono più prudenti degli uomini, non rompono schemi e neanche li innovano. Sostanzialmente stanno a guardare. Non tutte, ma la stragrande maggioranza. Peccato, perché sono più brave, più colte, più preparate e lavorano di più. Evidentemente la lunga, storica emarginazione dalla politica le ha indebolite. Nel mio lavoro al Senato sono affiancata da uno staff di donne. Si chiamano Alessandra, Oriana, Fabiola, Maria, Daniela, Emilia, Rossella... Discutiamo, litighiamo, andiamo d'accordo, ci scambiamo idee, ci facciamo compagnia. Senza di loro mi sentirei inaridita. Loro lo sanno e lo so io. C'è consapevolezza di questa ricchezza che abbiamo creato insieme. Ci diamo da fare perché questa ricchezza si rifletta in uno specchio e l'immagine arrivi alla politica. Per renderla più vera ed umana. Ma, lo confesso, ho l'impressione di essere un'eccezione fortunata.
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Katia Zanotti, parlamentare di Sinistra Democratica. “Non mi rassegno a pensare alla sinistra in questo paese come a un grumo di riformismo dentro il PD e una sinistra frantumata fuori dal partito democratico. Ritengo che in Italia, proprio perché le ingiustizie sociali sono cresciute, il livello materiale di vita delle lavoratici e dei lavoratori non è migliorato, diritti sociali e civili sono ancora negati, ci sia bisogno tuttora di una sinistra autonoma, forte, radicata, riferimento indispensabile dei soggetti sociali, del sindacato, di tanta parte della società. E’ un bisogno che riguarda tante e tanti che sono stanchi, esausti per una politica che non c’è, nella consapevolezza che nessuno dei soggetti politici a sinistra del PD può rispondere, da solo, al vuoto che si è creato. La sfida è inedita ed è una sfida che "obbliga" la sinistra all'unità come mai prima d'ora. Il PD si presenta senza un quadro chiaro di valori e proposte e un progetto altrettanto netto su cui orientare lo sviluppo della società italiana, è totalmente afono nel giudicare la globalizzazione e i suoi esiti, equidistante tra i lavoratori e la Confindustria, paralizzato sul valore della laicità dello Stato e sui diritti civili, incerto sui propri riferimenti sociali. Ma c’è una questione che per noi donne dovrebbe essere irrinunciabile. Siamo sicure che il PD diventerà lo spazio per l’esercizio di una forte autonomia della politica, quando su temi che chiamano in causa libertà individuali, diritti, libertà femminile, laicità, mostra una disponibilità a mediazioni che sembrano più equivalere ad una rinuncia di pensiero e di principi piuttosto che a una battaglia per la dotazione di una identità culturale più forte e laica?
I tre milioni e mezzo di votanti alle primarie sono un fatto di assoluta rilevanza che ancora una volta dimostra che da tantissime e tantissimi viene, potente, una richiesta di parola e protagonismo, una determinazione nel provare a incidere nelle decisioni. Il fatto è che anche in questo caso non si è trattato di aderire o votare fra diverse piattaforme di valori, di idee, di diritti da riconoscere, scelte strategiche o collocazione internazionale: si è trattato di eleggere il leader nazionale già designato dai gruppi dirigenti dei Ds e della Margherita. Una occasione importante e rilevantissima, che tuttavia chiama cittadine/i a fare da arbitri nella competizione fra diversi leader e non sulle scelte che riguardano anche la vita concreta, materiale e i progetti esistenziali di ciascuna/o. Di politica anche queste primarie dimostrano che c’è bisogno, ma di una politica capace di ritrovare il suo senso, la sua autorità, la sua autonomia”.
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