Violenza sulle donne: maggiore consapevolezza, sentenze più giuste, cultura di genere.
Per la Giornata mondiale contro la violenza degli uomini sulle donne, una riflessione personale su quanto è stato fatto e su quanto ancora occorre fare. A partire da oggi, a partire dall'infanzia.
Mercoledi, 25/11/2015 - Era gennaio 2010 quando ho deciso di lavorare in un centro antiviolenza, ero uscita da pochi anni dal mondo universitario, e questo ambito, da una parte, mi affascinava come esperienza professionale arricchente nell’incontro e nella relazione di scambio con l’altra persona richiedente aiuto, e dall’altra, invece, mi spaventava e mi metteva in crisi perché vedevo e sentivo tragiche e tristi vicende che riguardavano le donne e i loro rapporti con gli uomini.
La prima volta, invece, che ho sentito il bisogno di scrivere per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica sul femminicidio risale al novembre 2012. E così ho continuato a fare, nel mio piccolo, negli anni.
Ma oggi mi chiedo: è cambiato qualcosa nel tempo? Il lavoro delle donne per le donne ha ottenuto i risultati che si era prefisso quando sono nati in Italia i primi centri antiviolenza negli anni Novanta?
Ebbene, dagli ultimi dati dell’Istat, pubblicati a giugno 2015, pare di sì; sembra, infatti, che le donne siano più consapevoli che la violenza, soprattutto quella domestica, esercitata da mariti, conviventi, fidanzati, padri e fratelli, sia un reato e per questo debba essere denunciata. Le donne non sono sole, sempre più donne chiedono supporto e assistenza psicologica, emotiva, legale e amministrativa ad altre donne, professioniste esperte che operano negli sportelli specializzati a prevenire e contrastare la violenza di genere.
Anche se i dati sono incoraggianti, non dobbiamo, però, sottovalutare quel vasto numero di donne che hanno subito qualche forma di violenza nella loro vita.
Sono ben 6 milioni 788 mila.
E non dobbiamo neanche dimenticare alcune sentenze che non solo non rendono giustizia alle donne uccise dai loro aguzzini - e alle loro famiglie -, ma destano preoccupazione e mettono angoscia nella comunità intera che non si sente protetta e tutelata.
Notizie in cui si legge che un giudice ha inflitto una pena detentiva di breve durata ad un uomo che ha massacrato e ridotto in condizioni disumane una donna che diceva di “amare”, o sentenze in cui vengono concesse attenuanti inconcepibili agli autori di uno stupro, che già di per sé, essendo il reato più turpe ed oltraggioso per una donna, non dovrebbe prevedere sconti di pena per gli aggressori.
Queste sentenze mostrano come non si debbano solo cambiare le leggi, ma la mentalità.
Una cultura di genere che venga diffusa sin dai primi anni della scuola non può che far aprire la mente di tante bambine e di tanti bambini, di ogni età ed appartenenza sociale.
Già da quando sono piccoli, bisogna insegnare loro che non ci sono differenze tra maschio e femmina e che tutti gli atti di forza e i soprusi sono da bandire e condannare.
I bambini devono poter leggere storie in cui il drago può essere sconfitto anche da una principessa, senza che risulti strano o faccia ridere, e le bambine devono poter ascoltare favole in cui non sempre il principe azzurro col cavallo bianco è quello giusto, a priori.
Ogni donna è una combattente e può sostenere le sfide della vita anche da sola, meglio se riesce a farlo con accanto un uomo che sia principe nei modi e non nell’apparenza.
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