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Violenza sulle donne

Violenza sulle donne

Emilia Romagna - Come vincere la lotta contro l’invisibile

Mori Roberta e Marco Monari Lunedi, 19/12/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2011

L’anno che si sta chiudendo, tra le molte ombre e le poche luci che lo hanno percorso, annovera tra i problemi irrisolti quello della violenza contro le donne. Il fenomeno, anzi, continua a crescere e rappresenta un vero e proprio macigno sulla via che ci dovrebbe portare al conseguimento della parità di genere. Ancora oggi è una delle più diffuse violazioni dei diritti umani, senza limiti geografici, economici, culturali o sociali, tanto che nessun Paese democratico c.d. avanzato ne è esente. Fra i tanti e drammatici numeri che abbiamo contribuito a divulgare in occasione della Giornata Mondiale del 25 novembre 2011, ne ricordo solo alcuni: in media nell'Unione Europea, tra il 20 e il 25% delle donne subisce violenze fisiche durante la vita adulta e più del 10% è vittima di violenze sessuali, in Italia tali percentuali sono purtroppo superiori da tempo e il femicidio aumenta dell’ordine del 7% ogni anno.

Studi internazionali di comprovata serietà hanno rilevato che dove aumenta la distanza tra status reale e immagine mercificata della donna, lì si annida la ragione dell’odio. Lo svantaggio e le difficoltà sperimentate dalle donne sembrano dipendere in modo significativo proprio dal fatto di essere donne e di essere, in quanto tali, associate a un ruolo sociale più debole per definizione. Tale stereotipo è radicato tuttora profondamente in larghissime fasce sociali e tuttora genera discriminazioni, emarginazioni e violenze inaudite. Per sconfiggerlo non basta una netta condanna e una più dura repressione, occorre parimenti un’estesa azione educativa e culturale capace di incidere nella consapevolezza delle persone. Lo stereotipo culturale della donna subalterna è il primo da scardinare per ambire a quel livello alto di civiltà che tutti desideriamo: la convivenza pacifica tra diversità, un multiculturalismo pienamente raggiunto nel riconoscimento reciproco. Rafforzare il processo di adesione da parte della società a una visione almeno “duale” del mondo, dove la diversità sia un valore compatibile con l’uguaglianza, è il primo passo verso una condizione generale di pari dignità e pari diritti fra le persone, qualunque sia la loro etnia, lingua, religione, orientamento sessuale, opinione politica e status sociale. Per essere chiari: pari condizioni sul piano etico e giuridico.

Un dato mi ha colpito profondamente: in Italia nei primi nove mesi del 2011, ogni tre giorni, una donna ha perso la vita per mano di un uomo, cioè oltre un centinaio sono le donne uccise quest’anno e, di queste, almeno il 10% in Emilia-Romagna. Le 10 Associazioni che nelle nostre province gestiscono i centri antiviolenza, accolgono e sostengono in percorsi di uscita dalla violenza e dal maltrattamento circa 3.000 donne all’anno. Con le difficoltà e la carenza di risorse che le operatrici conoscono bene.

La mia è una regione dove le parole “coesione” e “controllo sociale” hanno ancora un significato e un riscontro nella realtà, eppure i numeri sono questi. Ciò rende evidente che questa odiosa forma di violenza non viene intercettata, le sue dinamiche restano invisibili all’interno delle famiglie, delle coppie, delle coscienze, fino allo scoppio del dramma. Così come evidente è l’urgenza di una strategia ampia di aggressione al fenomeno, che richiede non solo il doveroso supporto a chi si occupa della repressione dei reati, della cura, accoglienza ed assistenza di coloro che si difendono dalla violenza; ma ancor prima il contributo di tutte le istituzioni e soggetti in grado di affrontare il fenomeno all’origine. Strutture sanitarie e sociali, operatori della Giustizia e del diritto, scuole, associazioni culturali, organi di informazione, ognuno per la propria parte e con i propri strumenti, devono assumere la responsabilità della prevenzione.

Le esperienze di sensibilizzazione praticate nelle scuole superiori, a diretto contatto con gli studenti, si sono dimostrate molto significative proprio su questo terreno. Condotti da idonee figure professionali, i laboratori di prevenzione alla violenza di genere hanno prodotto una consapevolezza nuova tra i più giovani, capace sia di irradiarsi alle famiglie e all’ambiente dei coetanei, sia di formare i comportamenti degli adulti di domani. Un approccio empatico corretto fa sì che temi pesanti e complessi come quelli della violenza alle donne, della prostituzione e della tratta delle schiave contemporanee, perdano qualsiasi connotazione dottrinale o distante e diventino realtà, che ci riguarda e che possiamo affrontare. Non li rifiutiamo più perché capiamo due cose: che il confine tra normale e diverso è solo un velo leggero che si solleva a un colpo di vento; e che possiamo affrontare qualsiasi verità dolorosa a patto di non essere soli. Allora la violenza alle donne smette di essere “quella che capita alle altre” e diventa problema nostro. Smette anche di essere problema femminile e diventa problema della comunità, di uomini e donne.

In definitiva, non sembra esserci altra strada: occorre combattere e sconfiggere le simbologie che riducono la donna ad oggetto, restituire della donna l’immagine che la riflette realmente. Solo riuscendo in questa grande operazione comunicativa e culturale, potremo rendere finalmente eccezionali e annoverabili fra le patologie, tutti i fenomeni di violenza contro le donne.

Una chiosa mi sembra necessaria. Anche su questo fronte il Governo italiano ha dimostrato la sua inettitudine e insensibilità. Non ha attuato il Piano nazionale di contrasto alla violenza del 2010, non ha ripartito tra i Centri antiviolenza i milioni di euro stanziati e rimasti sulla carta, non ha sottoscritto la “Convenzione Europea per la prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne”, già firmata da 16 paesi, che propone una strategia politica nazionale basata su linee guida europee. Sarebbe un salto di qualità importante, perché si tratta del primo strumento giuridicamente vincolante in Europa che determina una normativa precisa per combattere il fenomeno tramite la prevenzione, la protezione, il supporto alle vittime e l’azione giudiziaria contro gli autori dei reati (tra cui sono compresi stalking, violenza sessuale, fisica, psicologica o economica, matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili e “delitto d’onore”). Insomma, non c’è da stupirsi che il Comitato CEDAW delle Nazioni Unite abbia condannato l’Italia per le sue inadempienze. Una delle tante, una delle più inaccettabili.

Roberta Mori Presidente Commissione Regionale per la piena parità tra donne e uomini



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Il 2011 si chiude con una constatazione che ogni italiana e ogni italiano avevano già maturato, nel corso degli ultimi mesi e, vorrei dire, nell’ultimo biennio: la crisi globale non ha affatto smesso di far sentire i propri effetti. Anzi, al contrario: proprio perché si tratta di una recessione a scala-mondo, dovremo confrontarci con essa ancora lungo, tentare di fare sistema per evitare conseguenze pesantissime.

Il Governo Berlusconi in un contesto simile è stato il peggiore che ci potesse capitare. E’ passato nell’arco di poche ore dal sostenere che la crisi era “una questione psicologica” a tagli calati dall’alto sui territori, intollerabili e ingiusti. Essi hanno colpito in primo luogo le famiglie, le imprese, moltissimi lavoratori.

Pur fra mille difficoltà, la Regione Emilia-Romagna si è opposta a questa deriva varando una serie di misure a difesa dello standard di qualità dei servizi e del tenore di vita di chi per generazioni ha lavorato ed è vissuto in questa terra, contribuendo a farne quel che è oggi.

Diversi gli esempi e i settori nei quali abbiamo operato, a cominciare dalla riduzione del 10% di indennità e costi di gestione della macchina pubblica. E ancora: patto per attraversare la crisi, patto di stabilità regionale, interventi sulla scuola, contro i tagli ai trasporti, attenzione ai più deboli, alle persone maggiormente esposte, alle famiglie, difesa dei servizi sociali per anziani, bambini e persone disabili. Molto è stato fatto e molto ancora verrà fatto dalla Regione, affinché le cittadine e i cittadini non si sentano abbandonati a loro stessi nel momento più difficile.



Allo stesso tempo quello che si conclude è stato, in Emilia-Romagna, l’anno della costituzione della Commissione “per la piena parità tra donne e uomini”, a guidare la quale è stata eletta la collega Consigliera del PD Roberta Mori. E’ stato uno dei momenti più alti della legislatura: la grande sfida della nuova Commissione sarà infatti quella di rimuovere ogni forma di disuguaglianza, nonché di discriminazione nei confronti delle persone, come da dettato della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. In essa, nei lavori dell’Assemblea Legislativa, ancora una volta fondamentale è stato e sarà l’apporto della Vicepresidente del Gruppo PD Anna Pariani, delle Consigliere Palma Costi, Paola Marani, Rita Moriconi. Ogni giorno le Consigliere del PD, della maggioranza e dell’opposizione, arricchiscono l’ente di idee, spunti e proposte che ci ricordano come la politica e l’amministrazione migliori sono quelle nella quali davvero la piena parità fra donne e uomini è praticata.

Nel ringraziare “Noi Donne” per la collaborazione instaurata da anni, le sue redattrici, le lettrici e le simpatizzanti, voglio concludere tentando di legare assieme i due temi: le vicissitudini economiche che ci troviamo a vivere e lo sforzo che il Partito Democratico sta facendo per rendere sempre di più le donne protagoniste del cambiamento in Italia. Per riuscirci basta citare un dato di politica economica generale che dovrebbe far riflettere noi tutti: i Paesi con i tassi di crescita più elevati ed i maggiori livelli di reddito pro-capite sono anche quelli che presentano i maggiori livelli di partecipazione e occupazione femminile. E’ un dato di fatto ma, soprattutto, è un auspicio, sul quale impegnarsi assieme quotidianamente.

Un abbraccio a tutte e tutti: uniti riusciremo a ridare all’Italia il prestigio che si merita in campo internazionale.



Marco Monari, Presidente Gruppo PD Regione Emilia-Romagna



(REDAZIONALE)



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