Lunedi, 11/04/2011 - Presentazione di 'Cioccolato e Pistacchio'
Lunedì 18 aprile, ore 17,30, Sala della Crociera, Via del Collegio Romano 27
Partecipano
Maria Concetta Petrollo Pagliarani
Tiziana Bartolini
Arnaldo Colasanti
Elisabetta Mondello
La giornalista Chiara Lico ha appena dato alle stampe 'Cioccolato e pistacchio', un romanzo duro e realistico che racconta, passo dopo passo, il ritmo di una vita che non riparte più dopo aver subito una violenza. Abbiamo incontrato l’autrice per capire la genesi della storia. “Ho seguito per il mio lavoro di cronista tutta una serie di stupri che tre anni fa hanno macchiato Roma (lo stupro Reggiani, la Caffarella, Andersen…). Molte di quelle storie mi hanno lavorato dentro e mi hanno portato a riflettere su che tipo di vita è dopo quella delle donne che hanno subito una violenza”.
Il suo romanzo è drammaticamente attuale…
Purtroppo sì, lo dimostrano i fatti di cronaca recente e i dati: che mettono paura, visto che una donna su tre, secondo l’Istat, ha subito una violenza non necessariamente fisica. Specifico anche che i personaggi del mio romanzo sono inventati, ma i fatti che vivono sono, al contrario, assolutamente realistici.
Alessandra, la protagonista, ha un carattere segnato da alcune forti reazioni: dispetti, piccoli soprusi che rivolge agli altri…
Dovevo trovare un modo, narrativo, per dare corpo e vita agli effetti collaterali di una violenza subita. Dovevo rendere per iscritto un’idea: che indietro non si torna. E che se il male ti è entrato dentro, da qualche parte devi farlo uscire. Questo è il torto massimo che una violenza porta con sé , che dal fisico arriva all’anima.
Alessandra incontra Mihela, una donna rumena arrivata in Italia per trovare il Paradiso e che invece si ritrova sulla strada…
È un’altra vita spezzata, che si regge in piedi a fatica. Dall’incontro tra le due potrebbe nascere un futuro diverso, perché solo chi sa il dolore può capire chi lo prova…
In testa al suo romanzo c’è un riferimento alla Medea di Euripide..c’è una luce in fondo al buio?
Il riferimento a Medea c’è perché la luce in fondo al buio è il coraggio che bisogna darsi da soli. E ce la fa solo chi lo trova in sé.
Le istituzioni non ce la fanno a risarcire?
No, perché al di là delle promesse elettorali o dei centri di primo intervento, non abbiamo a disposizione gli strumenti di sicurezza o di tutela necessari a risarcire chi ha subito uno dei torti maggiori che la sorte possa riservare.
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