Parità/ Occhio alla parità - “Molti pregi e qualche difetto della legge 154 contro gli abusi familiari”
Katia Fisicaro Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2005
Soltanto nel 2001 ha fatto ingresso nell’ordinamento giuridico italiano un istituto riconducibile alla nozione di violenza in ambito domestico e familiare; si tratta della legge 154 il cui titolo prevede proprio misure contro la violenza nelle relazioni familiari. Questa legge mira infatti a fornire una soluzione sollecita ancorché normalmente temporanea a problemi che espongono a grave rischio l’integrità fisica o morale ovvero la libertà del coniuge o del convivente vittima di violenza.
Aspetto certamente innovativo, ai fini della tutela dalla violenza domestica, è quello di avere equiparato la donna sposata alla convivente che nelle situazioni su indicate potranno ottenere uguale protezione, e anche l’avere esteso la medesima protezione ad ogni componente del nucleo familiare.
Infatti, le disposizioni della 154 mirano a tutelare la vittima degli abusi familiari e, quindi, si applicano anche ai casi in cui la condotta pregiudizievole sia tenuta da altro componente familiare diverso dal coniuge o dal convivente. In tal caso la richiesta di applicazione della legge può essere avanzata da chi subisce i maltrattamenti (ex art. 5).
La legge è operativa sia sul piano civile che su quello penale, infatti era ormai forte l’esigenza di introdurre nuovi strumenti di tutela giudiziaria che potessero sopperire alla inadeguatezza degli strumenti precedentemente messi a disposizione della vittima di abusi familiari.
Sul piano penale la legge non ha creato nuove penali specifiche, ma ha ampliato gli strumenti processuali ordinari già a disposizione del giudice, introducendo nel codice di procedura penale la nuova misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare e altre misure accessorie (art. 282 bis c.p.p.). Le novità più rilevanti, invece, riguardano l’ambito civile, in quanto la nuova legge prevede poteri inediti assegnati al giudice civile in presenza di situazioni di forte tensione familiare. In particolare, il giudice civile, qualora la condotta del coniuge o del convivente sia causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, può disporre l’ordine di allontanamento dalla casa familiare dell’autore della violenza, il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, il pagamento di un assegno periodico a carico del soggetto allontanato, l’intervento dei servizi sociali del territorio e dei centri di mediazione familiare, ivi inclusi i centri antiviolenza.
Si tratta di misure assolutamente rivoluzionarie, anche se temporanee ed urgenti, il cui scopo principale è quello di tutelare nell’immediatezza la persona lesa nei suoi diritti fondamentali all’interno di una relazione familiare conflittuale e violenta, e nello stesso tempo creare i presupposti per il superamento della situazione di crisi familiare anche mediante l’intervento dei servizi sociali del territorio e dei centri di mediazione familiare.
Lo scopo finale della legge è molto chiaro: si vuole riparare ad una vecchia e clamorosa ingiustizia che vedeva le vittime uscire di casa per salvarsi la vita, mentre i maltrattatori vi restavano indisturbati e spesso impuniti. La misura di per sé, data la sua natura temporanea, non è certo “curativa” del fenomeno, ma lancia un messaggio molto forte: il monito da parte dell’autorità giudiziaria ad interrompere immediatamente la violenza.
A questo punto, dunque, è necessario che si crei un sistema di forze sociali che affianchino attivamente il giudice e la vittima, affinché quest’ultima, insieme alle strutture specializzate come i centri antiviolenza, intraprenda un percorso di riabilitazione e di sostegno per far sì che il fenomeno della violenza domestica sia monitorato ed efficacemente contrastato.
L’unico rischio è che la misura venga applicata ai casi di nicchia, cioè a quelli che fanno più clamore e non a quelli veramente gravi. Un punto di debolezza di questa legge è infatti quello che, pur avendo inserito dei riferimenti ai centri di mediazione familiare o ai centri antiviolenza, non ha però dato obbligatorietà a questa indicazione. Dovendo agire all'interno di un ambito così delicato come la famiglia, è necessario invece che venga creato un sistema di supporto intorno alla vittima, a spese dello Stato, per accompagnarla nelle fasi successive all'applicazione della misura, per seguire le sue decisioni e sostenerla dal punto di vista psicologico, materiale e di assistenza legale.
Katia Fisicaro (Ufficio legale del Centro antiviolenza ‘Le Nereidi’)
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