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Violenza domestica psicologica: quello che entra nella carne della donna come un coltello

Violenza domestica psicologica: quello che entra nella carne della donna come un coltello

Sappiamo tutte quanto faccia male la violenza fisica, anche perché lascia segni evidenti

Giovedi, 28/02/2019 - I segni ci sono. Per la violenza psicologica le cose cambiano, è la donna stessa che stenta a capire, che confonde violenza con conflitto, che tende a dimenticare, o a mettere in dubbio che questo o quel fatto grave, offensivo, umiliante non sia successo. Questo lede l'identità e dignità della donna, ha un grande potere distruttivo. Addirittura la donna verso il suo uomo comincia a cambiare, cerca di capire cosa lo fa arrabbiare e cosa no.
E potrebbe continuare, nonostante tutto a subire, per ancora tanto tempo, forse per tutta la vita. Cerchi di fronteggiare le offese, quelle che stenti a riconoscere perché a lui non le faresti mai. Frasi sminuenti 24 ore su 24: “Ora la mamma sente la musica classica (ridendo), e che ti sei messa a leggere Umberto Eco? Non ce la farai mai (iscrizione all'Università) e me lo chiami timballo quello?”
La donna tende a non rispondere alle provocazioni, adotta il metodo del silenzio o della battuta ironica, senza ferire o sminuire lui. Butta acqua sul fuoco. Ma se lui provoca vuole la reazione per attivare la violenza, quella che dà sempre più controllo e segna il territorio. Avere rapporti sessuali dopo la furia, le offese e umiliazioni, è anche questo controllare il territorio. Lasciare la sua traccia.
E ci sono le mura che proteggono tutte queste lesioni, oltraggio alla propria persona.
Mura che non lasciano passare i familiari di lei, non sono graditi, le sue amiche (etichettate come poco di buono) professionisti con cui si collabora a livello lavorativo (ti ha messo gli occhi addosso).
Tutto ciò che dà gratificazioni alla donna va eliminato, deve rimanere solo lui al centro, lodato adulato, curato.
La serie TV americana Big little lies, Grandi piccole bugie, offre lo spaccato reale e lucido di quanto succede a una donna maltrattata. Stenta a credere che stia succedendo a lei. “E che cavolo, non sono una qualsiasi, ho studiato, ho denaro, appartengo alla Hill society. E allora perché permetto tutto questo?” La resistenza è lasciare ciò che si è costruito, i ricordi insieme, i figli, il progetto di vita, il grosso investimento emotivo. E si rimane a mezz'aria. Lasciando nelle mura lo sporco segreto.
Una delle protagoniste dice alla psicologa: “Ho paura che mi faccia del male, ma non lo lascio perché, sa cara dottoressa, quando passa tutto lui mi tratta come una dea”. La psicologa capisce la resistenza della donna e le propone almeno un piano di fuga, nell'eventualità vedesse alzarsi di molto il livello di tensione. “Prenda una stanza dei suoi, o l'affitti e ci metta dentro le cose più importanti per sé e per i suoi figli. Porti i loro giocattoli preferiti, si rifugerà lì per il suo bene e quello dei suoi figli”.
Questo è un film ma vi assicuro che si è verificato in tante donne come noi. Che hanno previsto il peggio e per fortuna hanno deciso di rifugiarsi nel loro “rifugio”. Tanto c'è da cambiare rispetto al substrato culturale italiano, caratterizzato da profondi stereotipi sessisti e diseguaglianze tra i generi, oltre che da pregiudizi nei confronti delle donne che denunciano situazioni di violenza, cui ancora si tende a non credere. Questo viene segnalato anche dal rapporto GREVIO, che analizza la situazione italiana in rapporto alla violenza di genere. Il Report segnala le criticità nel procedimento penale, ma soprattutto in ambito civile la sempre più devastante interpretazione della regolamentazione dell’affidamento figli/e nei casi di violenza, o della scelta consensuale di separazioni in cui vi è stata violenza. Come far ritornare lindo e candido un uomo che ha commesso azioni criminose nella propria casa. Si rileva quindi la gravissima assenza di riconoscimento della violenza di genere all’interno del diritto di famiglia e dei tribunali civili che finiscono troppo spesso per svalutare le madri ed occultare la violenza.  il ricorso a pratiche di mediazione occulta anche tra gli stessi avvocati che si sentono per far raggiungere accordi consensuali alla vittima di violenza, con conseguenze gravissime sulle donne vittime di violenza, che non si vedono riconosciute ciò che è loro avvenuto. Il beneficio solo economico non paga. Si ha bisogno di riconoscimento etico anche per la perdita del diritto alla salute della donna, che vive stati di ansia e malessere per quanto avvenuto.  Il diritto è ancora in essere.
elena manigrasso

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