Violenza contro le donne: il rapporto ombra di GREVIO
Presentato il Rapporto ombra sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia. L'abstract, le adesioni e i prossimi appuntamenti
Mercoledi, 27/02/2019 - Riceviamo e pubblichiamo Il rapporto GREVIO dal titolo “Attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia" (versione integrale dal sito D.i.Re.) / Abstract Introduzione
Rapporto delle associazioni di donne” (Report) è frutto del lavoro di esperte di 25 associazioni di donne e di professioniste singole coordinate da D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, che si sono unite per approfondire lo stato dell’applicazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica in Italia.
Il Report evidenzia come la legislazione in materia in Italia non sia implementata in modo efficace da parte dei soggetti a ciò preposti per dare risposte efficaci alle donne e figli/e che chiedono supporto per uscire dalla violenza.
Donne e bambini/e trovano nel loro percorso ancora troppi ostacoli, sia con le forze dell’ordine, che con professionisti/ e dell’ambito sociale e sanitario, dovuti a scarsa preparazione e formazione sul fenomeno della violenza, ma soprattutto al substrato culturale italiano, caratterizzato da profondi stereotipi sessisti e diseguaglianze tra i generi, oltre che pregiudizi nei confronti delle donne che denunciano situazioni di violenza, cui ancora si tende a non credere.
Il presente Report ha scelto di enfatizzare, per quanto possibile, gli aspetti non penalistici e non criminali della Convenzione di Istanbul e di evidenziare i problemi che ostacolano in Italia la corretta ed estesa applicazione della Convenzione, mettendo in luce, come filo conduttore attraverso i singoli temi, il problema della cultura sessista e misogina della società italiana a tutti i livelli con stereotipi di genere radicati.
Il Report segnala, infatti, la carenza di educazione sin dalla scuola, ma anche nella formazione professionale in tutti gli ambiti, che superi la visione sessista e stereotipata dei ruoli uomo-donna.
Altro ostacolo è la precarietà dei fondi assegnati a case rifugio e centri antiviolenza e la mancanza di accountability in relazione ad essi.
Anche la disomogeneità ed insufficienza dei dati richiesti e raccolti non aiuta a inquadrare efficacemente il fenomeno.
Il Report segnala quindi il generale problema dell’accesso alla giustizia per le donne vittime di violenza, le criticità nel procedimento penale, ma soprattutto in ambito civile la sempre più devastante interpretazione della regolamentazione dell’affidamento figli/e nei casi di violenza.
L’analisi della situazione delle donne migranti evidenzia le problematiche specifiche relative all’adeguatezza di interventi per le stesse, rafforzando uno dei messaggi principali di questo Report: tutti i temi toccati necessitano investimento, culturale ed economico in questo Paese, non mera criminalizzazione.
Da segnalare inoltre come tema trasversale, il vuoto riguardante la tutela della condizione delle ragazze e delle donne con disabilità, i dati che le riguardano, l’accessibilità ai servizi e alla giustizia.
La rivendicazione forte e alla base di questo Report è che il ruolo delle associazioni di donne debba essere riconosciuto, valorizzato e potenziato quale valore aggiunto e strumento cruciale per la lotta contro la violenza maschile sulle donne. Politiche integrate e raccolta dei dati
Il Report illustra in questo capitolo le ragioni per cui i tre Piani di azione nazionali del Governo italiano non diano risposte adeguate a quanto prescritto dalla Convenzione di Istanbul.
Si evidenzia come il primo Piano (2011) sia stato meramente emergenziale e non di intervento strutturale, mentre il secondo (2014-2017) avesse previsto azioni generiche e prive di concretezza.
Rispetto al terzo Piano (2017-2020) il Report lamenta la mancanza di previsione e stanziamento fondi per la realizzazione dello stesso in quanto manca ogni indicazione degli impegni in termini di risorse umane ed economiche per i soggetti pubblici coinvolti (Ministeri o Regioni); inoltre non si riconosce il ruolo fondamentale dei servizi specializzati gestiti dalle associazioni di donne (Centri antiviolenza e case rifugio) nella declinazione delle misure adottate, con il rischio concreto di esclusione e/o marginalizzazione delle stesse che lavorano sull’importanza dell’autonomia delle scelte e dell’ autodeterminazione delle donne; anche la mappatura dei servizi specializzati
riferibile al numero di pubblica utilità 1522 è del tutto generica e non rispondente ai criteri previsti dalla Convenzione di Istanbul
Un’altra criticità importante è l’esiguità delle risorse disponibili e la circostanza che la maggior parte delle risorse è distribuita sul territorio attraverso gli Enti locali (Regioni) senza alcun criterio d’individuazione dei servizi specialistici o vincolo predeterminato, con il risultato – rafforzato dall’assenza di monitoraggio sulla qualità e sul rispetto dei requisiti richiesti dalla Convenzione di Istanbul – di una situazione fortemente disomogenea nell’allocazione delle risorse a livello regionale (esempio Lombardia citato).
Rispetto alla raccolta dei dati e i criteri indicati dalla Convenzione di Istanbul il Report riporta che in Italia non esiste un sistema omogeno di raccolta dati disaggregati e coordinato e che vi sono state solo due ricerche dello Stato (ISTAT 2006 e 2014) sulla violenza alle donne.
Analizzando i diversi ambiti, il Report ritiene necessario garantire la rilevazione integrata presso i sistemi informativi dei servizi sociali e sanitari cui le donne si rivolgono che consideri il sesso e la relazione tra autore e vittima; manca la rilevazione di molti dati importanti, non si specifica il tipo di violenza esercitata, se sottoposte a mutilazioni dei genitali femminili, l’eventuale condizione di disabilità della vittima di violenza.
Si delineano anche le criticità legate all’incompletezza dei dati delle Forze dell’Ordine e giudiziarie che nella rilevazione di reati tipici della violenza contro le donne (quali minacce, maltrattamento, lesioni, stalking) non considerando la relazione autore-vittima non permettono l’individuazione specifica dei casi di violenza contro le donne e non usano una definizione esaustiva di femminicidio; sui dati del rapporto della Commissione sul femminicidio del 2018 il Report chiede un raccordo strutturale e continuo con gli altri dati.
A livello non istituzionale l’unica rilevazione sulle donne vittime di violenza accolte dai Centri antiviolenza è quella annuale condotta dall’associazione nazionale dei Centri antiviolenza D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza, relativa alle proprie 80 associazioni che rileva la violenza contro le donne evidenziandone anche diverse forme (psicologica ed economica p.e.) che non trovano riconoscimento nelle fonti istituzionali sopra citate.
Il Report riporta come anche i dati sulla valutazione del rischio, sui costi della violenza alle donne in Italia non vengono istituzionalmente raccolti e anche la raccolta dati relative alle MGF e alle donne con disabilità deve essere considerata e migliorata.
Rispetto al numero dei Centri, case rifugio e posti letto presenti sul territorio italiano i dati del DPO non rendono riconoscibili i criteri di rilevamento né il numero dei posti letto disponibili, arrivando inspiegabilmente ad un risultato in netto contrasto con quello delle NGO.
Il Report approfondisce inoltre un problema specifico rispetto alla raccolta dati che stanno incontrando alcune ONG che vedono in pericolo il fondamentale rispetto dell’ anonimato e della privacy delle donne a causa del condizionamento dell’ erogazione fondi da parte di enti locali alla tracciabilità delle donne accolte, richiesta preoccupante ed in netto contrasto con i dettati della Convenzione di Istanbul.
A conclusione del presente capitolo si trova la richiesta urgente di un sistema integrato di rilevazione dei dati disaggregati per sesso, età, nazionalità e relazione tra la vittima e l’autore del reato da parte di tutti gli attori – istituzionali e non –che superando la frammentarietà e la parzialità delle informazioni e nel rispetto dell’anonimato delle donne, generi flussi strutturati d’informazioni fruibili a livello nazionale e locale per un’efficace contrasto alla violenza contro le donne. Prevenzione
All’interno di questo capitolo si affronta anzitutto la situazione generale in Italia caratterizzata da endemica diffusione di sessismo e misoginia a più livelli: dalla comunicazione ai media, dalla politica al linguaggio, alle reazioni sui social. Episodi di sessismo sono all’ordine del giorno e sono utilizzati abitualmente per svalutare, zittire e svilire le donne in genere e soprattutto quelle che si espongono a livello personale, professionale e politico.
Le azioni intraprese per la sensibilizzazione sui temi della non discriminazione non sembrano essere efficaci e sicuramente non sono sufficienti. Ancora più grave lo spaccato relativo alle proposte educative nelle scuole: le attività si scontrano con “un clima di caccia alle streghe, paura e intimidazione” che arriva a bloccare anche fisicamente i progetti.
Per quanto riguarda la formazione delle figure professionali il Report evidenzia la necessità di adottare un approccio di genere nei corsi professionalizzanti e di inserire percorsi educativi ad hoc per tutti gli ordini e gradi di educazione e istruzione. La formazione (i contenuti, l’incisività) è uno dei problemi trasversali a tutti gli argomenti trattati nel rapporto.
Nel capitolo si affronta infine la necessità di una mappatura delle attività per i percorsi per i maltrattanti e di redigere linee guida per l’operatività degli stessi in linea con i requisiti indicati dalla Convenzione di Istanbul . Protezione
Anche in questo capitolo la prima parte è dedicata alla situazione attuale: la presa d’atto che gli sforzi normativi – che sicuramente ci sono stati – non sono sufficienti ad incidere significativamente sulla realtà di una violenza ancora pervasiva.
Il percorso di uscita dalla violenza è funestato da alti livelli di vittimizzazione secondaria. Manca un approccio di genere, e non si mette la tutela dei diritti umani della donna e dei suoi figli al centro dell’azione.
Mancano informazioni adeguate, standardizzate e omogenee sui diritti delle vittime e sui servizi disponibili.
Per quanto riguarda i servizi di supporto la situazione è di disomogeneità nella presenza, nella formazione e nei finanziamenti, presentandoci un’Italia a macchia di leopardo, con alcune zone totalmente scoperte.
Molto carente rispetto agli standard internazionali anche la presenza di case rifugio, inoltre manca una mappatura che rispetti i criteri di specializzazione fissati dalla Convenzione di Istanbul, a cui si aggiunge il tasto dolente di finanziamenti altalenanti, non garantiti nel lungo periodo e privi di accountability.
In materia di violenza sessuale va riconosciuto che in Italia tutti gli ospedali offrono la messa in sicurezza delle prove e tutti i centri antiviolenza offrono servizi di consulenza e supporto, ma il dato dell’emersione del fenomeno resta bassissimo a causa dei percorsi giudiziali ancora troppo inadeguati nella risposta finale soddisfacente.
Sicuramente rispetto alle donne con disabilità in situazione di violenza si deve annotare trasversalmente per tutti i capitoli che non esiste alcuna attenzione e preparazione specifica e che pertanto le risposte per queste donne sono ancora meno adeguate e in linea con i dettati della Convenzione di Istanbul.
Per quanto riguarda la protezione dei bambini, si rileva con preoccupazione e sconforto che la gravità della violenza assistita è troppo spesso ignorata. Invece di proteggere i bambini si colpevolizzano le madri con meccanismi quali la PAS e la vittimizzazione secondaria a tutti i livelli. Stereotipi gravi e radicati impediscono la protezione dei minori che assistono alla violenza. Urge formazione e specializzazione a tutti i livelli. Diritto sostanziale
La parte relativa al diritto sostanziale è particolarmente corposa nel testo della Convenzione di Istanbul e riguarda il diritto al risarcimento del danno, le conseguenze della violenza sui diritti di visita e custodia dei figli e tutte le fattispecie di reato.
Per quanto attiene al risarcimento del danno, il Report rileva il costante disconoscimento dello stesso nelle sedi penali e civili e la banalizzazione delle quantificazioni da parte dello Stato.
Per quanto riguarda invece gli altri temi, le autrici hanno scelto di trattare solo la parte relativa ai tribunali civili e due fattispecie penali che presentano particolari criticità. Da un lato la norma sulle mutilazioni dei genitali femminili, per la sua peculiarità e le specifiche esigenze, dall’altro le molestie sessuali con specifico riferimento al mondo del lavoro, fattispecie assente nel nostro sistema.
Il resto del capitolo è focalizzato su un problema cruciale nella trattazione dei casi di violenza domestica nei Tribunali. ll mancato riconoscimento della violenza nelle vicende delle separazioni e degli affidamenti, visite e custodie dei figli, uno dei nervi scoperti del sistema italiano, e quello in cui pregiudizi e stereotipi incidono in modo più evidente limitando il diritto delle donne e dei loro figli di vivere libere dalla violenza e esponendoli a maggiori pericoli anziché proteggerli.
Si rileva quindi la gravissima assenza di riconoscimento della violenza di genere all’interno del diritto di famiglia e dei tribunali civili.
L’uso scellerato della PAS malgrado indicazioni contrarie della comunità scientifica e della stessa Corte di Cassazione, il ricorso alle consulenze tecniche che finiscono troppo spesso per svalutare le madri ed occultare la violenza, l’irrilevanza della violenza nelle decisioni sull’affidamento e il diritto di visita dei minori, l’assenza di formazione specifica dei professionisti, il ricorso a pratiche di mediazione occulta con conseguenze gravissime sulle donne vittime di violenza e i loro figli. Situazione che non potrà che peggiorare se il Ddl Pillon dovesse essere approvato. Indagini, misure di protezione e procedimenti penali
In questo capitolo si affronta la parte relativa alla risposta del sistema penale alla violenza domestica e di genere. Si rileva, come per altri aspetti, disomogeneità nell’applicazione delle misure cautelari, assenza di sistemi di valutazione del rischio integrati, lacune nelle disposizioni che prevedono le informazioni alla persona offesa, persistente e pervasiva vittimizzazione secondaria, il rischio che soprattutto nella fase di indagine e propulsiva delle stesse, la violenza non sia riconosciuta.
I tempi delle indagini non corrispondono alle esigenze connesse alla sicurezza delle donne vittime di violenza.
Emerge ancora una volta l’urgenza della formazione di tutti gli attori del sistema giudiziario. È principalmente la scarsa conoscenza delle dinamiche della violenza, la pervasività degli stereotipi culturali, che impedisce l’emersione della violenza e l’attivazione tempestiva degli strumenti del sistema penale.
Si segnala inoltre la sistematica svalutazione del lavoro delle/dei professionisti che lavorano con il patrocinio a spese dello Stato per i/le quali sono liquidate parcelle troppo spesso punitive. Migrazione e asilo
Per i tempi di stesura del Report, che doveva essere inviato al GREVIO ad ottobre, questa parte del Report non tiene conto della legislazione successiva voluta dal presente Governo (Decreto Sicurezza) che a una prima lettura indica un futuro che purtroppo non può che incrementare le carenze e gravi difficoltà che incontrano le donne migranti, profughe e richiedenti asilo illustrate nel Report.
Resta soprattutto l’attualità delle difficoltà aggiuntive che le donne incontrano nel riconoscimento della violenza da loro subita e il pericolo di grave ri-traumatizzazione a causa delle procedure prescritte. Il permesso di soggiorno per vittime di violenza domestica è ampiamente sottoutilizzato, ne sono stati concessi una media di 30 l’anno da quando è stato introdotto. Manca del tutto la normativa sul matrimonio forzato. La nuova normativa introdotta con il Decreto Sicurezza ha eliminato il permesso di soggiorno per protezione umanitaria restringendo enormemente la possibilità per richiedenti protezione internazionale di ottenere un valido titolo di soggiorno, tra essi anche le tante donne la cui storia di violenza subita ha sempre meno possibilità di essere riconosciuta e tutelata.
ADESIONI al Rapporto ombra per il GREVIOricevute al 25 febbraio 2019:
Action Aid
Arci Nazionale
Associazione civica attivarende
Associazione Compagne di Viaggio
Associazione culturale Melquiades
Associazione Demetra - Sportello antiviolenza donne (Mazara del Vallo)
Associazione di Promozione Sociale e Culturale Forum Donne Amelia
Associazione donne brasiliane in Italia
Associazione Donne contro la guerra
Associazione donne di Benin City (Palermo)
Associazione Lottodognimese Padova
Associazione per la pace (Padova)
Associazione Power and Gender
Assolei Sportello donna
AWMR Italia- Associazione Di Donne Della Regione Mediterranea
Babelmed
Casa internazionale delle donne
Centro Antiviolenza e Casa Rifugio del Centro Calabrese di Solidarietà
Centro antiviolenza La Nereide (Siracusa)
CGIL Nazionale
CISMAI Coordinamento italiano servizi maltrattamento infanzia
CNDI Consiglio nazionale donne italiane
CNDI Consiglio nazionale donne italiane - Coordinamento Lombardia
Collettiva AutonoMIA di Reggio Calabria
Comitato laici trentini per i diritti civili
Comitato Non una di meno Reggio Calabria
Coordinamento centri antiviolenza dell’Emilia Romagna
Coordinamento donne CGIL Firenze
Coordinamento regionale Lazio del Consiglio Nazionale delle Donne
CoraromaOnlus
Donne al Centro
È Vita - Rete provinciale antiviolenza - P.A. Humanitas Roselle Istia Batignano ONLUS
FILDIS Federazione italiana laureate e diplomate istituti superiori
Laboratorio Zen Insieme
Lucha y Siesta
Médecinsdu monde
NoDi I nostri diritti
Parva Casa delle donne
Pink Project
Q Donna
Rebel Network - Rete femminista per i diritti
Rete delle donne antiviolenza Onlus (Perugia)
Rete nazionale antiviolenza Frida KhaloOnlus
Rete per la parità
S.IN.A.PSI Studi, Intervento e Assistenza Psicosociale
Società italiana delle storiche
Soroptimist International d’Italia
SOS Donna (Bologna)
UDI Unione donne in Italia
WILPF-Italia - Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà Sezione italiana
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