“Abbiamo scoperto quasi per caso l’importanza dei manufatti nella chiesa di san Nicola di Mjra. Durante il restauro la soprintendenza capì che eravamo di fronte a delle notevoli scoperte, sia per la datazione, che in alcuni casi è ancora sconosciuta, sia per le fattezze e la bellezza dell’arco a sesto acuto di tufo, che è rimasto immutato nei secoli e che è databile intorno al X sec.”. Dice il parroco di Padìa (quartiere del centro storico) di Acri, cittadina della presila cosentina che, grazie al suo impegno, ha riportato alla luce alcuni manufatti rimasti nascosti nella piccola chiesa.
Uno scrigno che conserva gioielli di pregevole bellezza, come l’arco del X° sec. e altri oggetti come il battezzatoio o la scala a chiocciola, del periodo paleocristiano. L’arco è simile a quello della Cattolica di Stilo o alla cattedrale di Rossano calabro, indiscutibile potenza bizantina dal VI al XI sec. Rotte lontane dall’influsso di Bisanzio, (siamo alle pendici della Sila greca), o almeno così si pensava fino ad oggi.
Il quartiere più antico (Picitti) è un piccolo borgo medievale abbandonato e arroccato sulla montagna, che si affaccia su un paesaggio incontaminato a picco sul fiume. Conforta sapere che un tempo era vissuto e popolato (forse) dagli Enotri. Si ritiene che Acri sia stata la sede della mitica Pandosia, e che lì sia stato ucciso Alessando il Molosso lo zio di Alessandro Magno. I ritrovamenti archeologici e le citazioni degli storici antichi, come Tito Livio, sembrano confermarlo, così come la struttura geomorfologica della zona. Pandosia era una città costruita strategicamente vicina alla Sila per il legname e la pece che servivano per la costruzione delle navi.
Percorrendo la strada a ritroso, nella parte più alta del borgo, prima della chiesa di Santa Maria Maggiore, si trova la Torre, è l’unico reperto pressoché intatto di una rocca difensiva Brutia, oggi contiene all’interno un orologio che è visitabile solo in alcuni periodi. Domina su un paesaggio mozzafiato, siamo a 850 metri dal livello dal mare. Sotto passa il fiume Mucone, con dirupi e fossati altissimi, cascate, percorsi difficilmente percorribili se non accompagnati da guide esperte. Dalla parte più a sud del borgo si possono vedere il Pollino e le montagna che degradano verso il Tirreno da un lato, e la Sila e Serra Crista dall’altro, e può vantare uno spettacolare tramonto dai colori davvero suggestivi.
La città è avvolta nel silenzio, i piccoli bed and breakfast che si trovano dentro le stradine a ciotoli, si affacciano sulla montagna e accolgono turisti affascinati dal luogo. “Molti vengono per pochi giorni, di passaggio, per andare in Sila in villeggiatura o a sciare d’inverno, ma rimangono almeno una settimana, per la bontà del cibo e l’accoglienza”, dice uno dei commercianti del paese.
La tradizione dei salumi, in particolare del suino nero, è uno dei fiori all’occhiello di questa parte della regione che è radicata e antica. Premi di qualità a livello nazionale alla soppressata, e premio come prodotto migliore del mediterraneo alla salsiccia di suino nero per i Romano, che hanno ripreso la tradizione locale migliorandola in modo eccellente. Stessa cosa per i formaggi locali premiati più volte, che vengono fatti con l’accortezza che i contadini riservavano alle loro riserve personale; la Biosila della famiglia Abbruzzese produce il tenendo conto dell’umidità nell’aria o del tipo di erba mangiata o della stagione.
Tornando a valle, verso il centro storico settecentesco i palazzi mostrano la storia, da un lato le “gabbie” appese a cornicioni che contenevano le teste mozzate dei briganti, massacrati per ordine dei generali piemontesi, nell’immediato periodo post unitario, e dall’altro i meravigliosi palazzi ristrutturati come il Palazzo Sanseverino che oggi ospita il museo Maca-Silvio Vigliaturo con le opere in oro e vetro dipinto dallo scultore famoso nel mondo.
Da qualche anno, poi, stanno nascendo laboratori di musicisti e artigiani liutai che riprendono tradizioni dimenticate della musica popolare locale.
Città del sud che rinascono puntando sulla qualità dei propri prodotti e sulla di cultura, che mantiene forti i legami con le proprie tradizioni e che riscopre le bellezze di un paesaggio incontaminato e fruibile per un turista annoiato dalle solite mete. Forse è così che rivive il sud, riscoprendo ricchezza e bellezza, dove un tempo vedeva solo le proprie debolezze.
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