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Viaggiare nella natura: ancora più bello quando due cavalle ti accompagnano

Viaggiare nella natura: ancora più bello quando due cavalle ti accompagnano

La cronaca di un viaggio zaino in spalla nei luoghi dell'Appennino Tosco-Emiliano tra il parmense e la Lunigiana. Due persone, due cavalle in scenari poco conosciuti ma meravigliosi.

Sabato, 28/11/2015 -
Ho viaggiato a piedi con due cavalle, Bila una avelignese e Primavera la sua puledra mezza avelignese e mezza bardigiana – una razza tipica di Bardi un paese dell'Appennino parmense.

Sono partita con un'altra persona - Matteo, mio compagno di viaggio e proprietario delle cavalle - durante l'estate di San Martino. Cinque giorni di cammino da mercoledì 11 a domenica 15 novembre, nel sole autunnale, tra le foglie che cadevano dagli alberi e i boschi verdi, gialli e rossi. Non so esattamente quanti chilometri abbiamo percorso. So che abbiamo camminato instancabilmente per circa cinque ore al giorno. In autostrada ci si impiega più o meno un'ora e si percorrono ottanta chilometri. Galleria fotografica

Siamo partiti subito con il piede sbagliato. In ritardo. A causa di una rottura del basto per trasportare i bagagli, che doveva essere montato sul dorso di Bila, il primo passo è stato compiuto alle 10.30 del mattino. La nostra partenza è stata Granara, un villaggio ecologico in provincia di Parma nel paese di Valmozzola, la nostra meta Ripola, una frazione di Licciana Nardi in provincia di Massa, che per qualche tempo sarà la nuova casa di un'associazione di promozione sociale – Paese Liberato - che abbiamo creato con alcuni amici con lo scopo di ripopolare e far rivivere un luogo abbandonato delle nostre montagne. Lì Bila e Primavera potranno passare l'inverno serene, pascolare nei boschi, trainare l'aratro negli orti e trasportare la legna, proprio come si faceva una volta.

Dicevo che siamo partiti in ritardo, ma il viaggio è subito filato liscio. Primavera ha trotterellato dietro la mamma ed è stata incuriosita da ogni cosa, anche se all'inizio appariva un po' svogliata soprattutto sulle lunghe salite. Poverina a sette mesi ha affrontato un viaggio lungo persino per un cavallo adulto. Bila invece è stata un vero trattore, carica di tenda, cibo, coperte, attrezzatura varia, ha camminato instancabilmente.

Nella prima tappa abbiamo superato Belforte, un paesino delizioso sulla cima di un colle e siamo arrivati nel bosco prima del Passo della Cisa. Ci siamo accampati sotto un fienile con la tenda. Bila e Primavera sono rimaste in compagnia di qualche mucca lasciata al pascolo poco distante.

Il nostro piano è stato ogni giorno quello di camminare fino alle 15.30 circa, creare poi il “campo base”, fare un piccolo fuoco per cucinare del riso – sempre buonissimo dopo mille salite - condito a volte con pomodoro, a volte con aglio e cipolle o anche con un paio di mazze di tamburo trovate nei boschi. Il fuoco ci accompagnava fino alle 19.30 circa, quando ci addormentavamo in tenda in mezzo a strati di coperte e sacchi a pelo. Devo dire la verità non ho mai sofferto il freddo, neanche a 1.500 metri sotto il Monte Navert, ma questa è un'altra tappa.

Il secondo giorno ci siamo svegliati alle 5.30 e dopo una buona colazione a base di caffè, tisana e biscotti, sempre cucinata sul fuoco, siamo ripartiti verso la Cisa. Il percorso è stato un po' più pesante in salita attraverso la nebbia, ma una volta giunti al Passo, verso Berceto, abbiamo deciso di proseguire fino al Passo del Cirone. Siamo passati su un tratto di Via Francigena, sotto la porta della Toscana, nei pressi della chiesa dedicata alla Madonna della Cisa, zona popolatissima nel periodo estivo, ma praticamente deserta in questa stagione. Sulla strada il paesaggio è stato spettacolare, nessuno sui sentieri, giochi di luce sui monti, cavalli e bovini allo stato semi brado ci guardavano dai pascoli. Primavera salutava tutti andando a nitrire in mezzo alle mandrie, Bila carica spaventava tutti con il suo incedere pesante e enorme com'era sembrava un animale estraneo alla vista degli altri.

Anche durante il secondo giorno ci siamo accampati in tenda, poco lontani dal Groppo del Vescovo. Purtroppo abbiamo trovato i rifugi tutti chiusi, anche se i rifugisti contattati per telefono sono sempre stati gentilissimi, dandoci informazioni preziose sui sentieri più brevi e percorribili con una cavalla carica.

Dal Groppo del Vescovo siamo ripartiti alla volta del Passo della Colla. Abbiamo attraversato una zona meravigliosa fino al Lagdei e poi su al Lago Santo, tra i ruscelli, le faggete che si trasformavano in abetaie, il muschio verde sui massi in mezzo al bosco, con un tappeto di foglie rosse ai nostri piedi e anche sotto gli zoccoli, che procedevano lenti ma decisi. Quella sera ci siamo accampati a circa 1.500 metri, sotto il Monte Navert che svettava bianco panna in mezzo ai prati verdi e ci siamo goduti uno dei tramonti più belli che io abbia mai visto. Altrettanto bella è stata l'alba, che ha colorato di rosa le pareti della montagna e ci ha aperto cuore e polmoni. Dopo è iniziata la strada in discesa fino a Valditacca, una piccola frazione di Monchio delle Corti nella valle del torrente Parma. Lì i nostri viveri iniziavano a scarseggiare, visto che sulla strada non abbiamo incontrato rifugi aperti, come spiegavo prima, e visto che tornavamo nella civiltà dopo circa tre giorni di cammino in mezzo alla natura incontaminata, ci siamo fermati in un bar dove una signora molto gentile ci ha fatto accompagnare da suo figlio a fare la spesa a Monchio. Dopo ci sentivamo dei signori, con olio d'oliva, cioccolato bianco con nocciole e pane fresco. Bila e Primavera si sono riposate vicino a una fontana e poi siamo ripartiti sulla strada asfaltata fino a Rigoso, una bellissima frazione di Monchio, che abbiamo scoperto essere un comune molto esteso in superficie ma con una densità abitativa abbastanza scarsa. Sembrava di essere in un piccolo villaggio alpino. Lì ci siamo accampati dopo il centro abitato sul sentiero che porta al Lago Squincio.

La mattina quando ci siamo alzati abbiamo incontrato il primo, vero intoppo del viaggio: le cavalle erano sparite. Dopo circa due ore di ricerche, parolacce lanciate nel bosco, su e giù seguendo le tracce di zoccoli e letame, abbiamo pensato di cercarle in paese. Lì le ho trovate che pascolavano serene tra l'erba di un prato nel centro, proprio vicino al bar principale. Le ho riprese tra i bambini festanti che volevano coccolarle. Quando sono tornata al nostro accampamento con Bila alla capezza e Primavera dietro trotterellante, Matteo - passatemi la battuta - era combattuto tra il sollievo e la voglia di uccidere la mamma cavalla a mani nude, viste le implicazioni che poteva comportare il fatto che fosse fuggita attraversando una strada con la puledra e che noi non sapessimo dove rintracciarle. Eravamo in ritardissimo. Erano le 11.50 ed era domenica, noi dovevamo arrivare a Ripola entro la sera per rimanere nei tempi che ci eravamo dati, sperando anche che sulla strada non facesse buio. Abbiamo deciso quindi di proseguire sull'asfaltata, tutta in discesa, camminando senza neanche pranzare. Abbiamo pensato: “Al nostro arrivo riposeremo”. Alle 16.30 eravamo in dirittura di arrivo, dopo il Passo del Lagastrello, giù fino a Tavernelle e poi sterrata fino a Ripola, dove i nostri amici ci hanno accolto e ristorato, tra le feste dei bambini, felicissimi di avere dei cavalli intorno. Anche noi siamo stati davvero soddisfatti di aver compiuto il viaggio in cinque giorni e di esserci sempre divertiti e meravigliati di ogni piccola cosa.

Per quanto mi riguarda questo viaggio nell'Appennino è stato un'esperienza meravigliosa, che mi ha permesso di immergermi nella sintonia con la natura e con me stessa. Certo forse ero abbastanza allenata, ma credo che tutte e tutti potrebbero provare a fare un viaggio del genere, oggi va di moda dire into the wild. Io, che grazie alla mia famiglia amavo la natura e l'ambiente prima che si scoprisse il Magic Bus, penso che assaporare questo contatto autentico sia un vero regalo che la vita può dare a ognuna e ognuno di noi, e chissà che con la bella stagione non si riparta per un altro viaggio alla scoperta di nuovi percorsi.



Francesca Mastracci

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