Login Registrati
Vestite... come si DEVE (prima parte)

Vestite... come si DEVE (prima parte)

Moda, mode, modi di vita - Busti, corsetti, panieri, non permettevano alle donne nemmeno di mangiare o di sedersi, ma erano un ‘must’ per evidenziare gli attributi sessuali, anche ai tempi delle castigate gorgiere e dei colletti di pizzo

Bertolini Tatiana Lunedi, 27/06/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2011

Il tema della moda è in genere considerato un argomento femminile. Anzi il tema femminile per eccellenza. Quando le donne iniziarono ad affacciarsi al mondo della stampa ancora nell’800, lo fecero occupandosi di moda, e per tutto il ‘900 più della metà delle pagine di un settimanale femminile erano dedicate alle sfilate e ai nuovi modelli di capi d’abbigliamento.

Il capriccio del vestire, del cambiare stile e articoli rispecchia quello che si è sempre considerato il carattere della donna. Volubile, eccentrico, portato all’apparire, all’estetica, alla forma più che alla sostanza.

In realtà il tema della moda è tutt’altro che superficiale, incostante, frivolo; se facciamo scorrere dei modelli d’abito, siano figurini, stampe o ritratti, vediamo come essi rispecchino non solo il modo di vivere quotidiano, ma anche la morale del tempo, il rapporto con il proprio corpo, e infine, il ruolo sociale degli individui.

Questo vale per entrambi i sessi, ma volendosi concentrare sulla donna la cosa si dimostra evidente fin da subito.

Nel 1400 in Borgogna avviene una piccola ma decisiva rivoluzione. Si inventano i bottoni. Di legno, di osso, essi vengono agganciati alle asole e permettono di sviluppare il taglio dei tessuti, che iniziano così ad essere drappeggiati e nello stesso tempo modellati meglio sulla figura umana. I sarti si sbizzarriscono i clienti si fanno più esigenti. Anche gli uomini infatti hanno i loro capricci e, nel ‘600, vestiranno in modo assai più appariscente delle donne, proprio per riaffermare il loro potere all’interno della società.

Nel XV secolo la Francia è ancora impegnata nella guerra dei 100 Anni. La Borgogna invece inizia a vivere una rinascita economica che si riflette anche nel modo di vestire: i mercanti e gli abitanti dei borghi si fanno più raffinati, appena possono imitano i nobili anche nella scelta degli abiti, l’uso dei bottoni permette le maniche intercambiabili, i mantelli si ornano con le pellicce. Socialmente parlando le donne hanno una certa autonomia, possono esercitare anche alcune attività quali ad esempio la marcatura.

Ecco allora che subito interviene la Chiesa, sempre pronta a fustigare i costumi eccentrici e che possono risvegliare gli animi e stuzzicare i sensi. Naturalmente coloro che vanno messi in guardia sono da subito le donne. In una curiosa stampa di questo periodo a una donna viene negata la confessione perché vestita in modo non sufficientemente modesto, e la stessa non si è accorta che sullo strascico del suo abito, si è appollaiato proprio un diavoletto.

Un tratto caratteristico della moda femminile è sempre stato l’uso del décolleté. Appena accennato, ammiccante o ai limiti della nudità nel ‘700 libertino (come viene spesso definito).

Se nel Rinascimento compare diremmo in giuste proporzioni, nei secoli della controriforma scompare, ma non solo nei paesi cattolici, anche Lutero non scherza. Tutte le religioni sorte in Europa nel XVI secolo, pur nelle loro differenze, sono concordi nell’affermare la pericolosità sociale della donna, figlia di Eva; ecco allora abiti accollatissimi, gorgiere, colletti di pizzo. Lo stesso fenomeno tornerà nell’800. Dopo le scollature dello stile Impero, già più modeste rispetto alle precedenti, di nuovo il corpo della donna viene imbozzolato in abiti castigati. La cosa ha motivazioni diverse; rispetto al ‘500 la borghesia industriale, che aveva scalzato l’aristocrazia con una Rivoluzione, deve dimostrare di essere operosa, seria, e non frivola come lo erano i nobili del ‘700 , dunque la serietà di una società passa ancora una volta, in primis, sul corpo delle donne.

Ma l’elemento che compare quasi costantemente dal ‘500 fino ai primi del ‘900 è il terribile busto, formato da stecche di balena o metalliche, che comprime la cassa toracica delle donne spesso con esiti nefasti sulla loro salute. Oltre a ciò nella seconda metà dell’800 si aggiunge il paniere, un cesto semirigido, di vimini, da applicare posteriormente. Questo perché la silhouette della donna doveva ricordare una S e seppur nascosti dai tessuti dovevano essere evidenziati gli attributi sessuali. Pubblicità dell’epoca vantano i loro modelli come i più comodi per sedersi, al ché si può dedurre quale impianto fastidioso fosse. Per eliminare il busto saranno necessarie due rivoluzioni. Dapprima quella francese, e per un ventennio le donne saranno liberate da questo strumento di tortura che impediva loro persino di mangiare. Del resto quando presenziavano ai banchetti le donne, considerate ornamento della tavola, avevano già mangiato prima, non era infatti elegante che una donna mangiasse in pubblico, e se proprio sedeva a tavola non doveva farlo esageratamente. Questa però è una rivoluzione diciamo temporanea, nell’800 ritornano; una foto di fine secolo ritrae il corpo di una donna deformato proprio dall’uso del busto.

L’altra rivoluzione, quella definitiva, arriva sempre dalla Francia ed è firmata Cocò Chanel: ormai le donne hanno iniziato ad andare a lavorare, non sono più ornamento di qualcosa,

acquistano seppur lentamente un’indipendenza economico sociale, non devono e non possono più essere protette da armature che contribuiscono a rendere tormentosa la loro esistenza.



(continua…)

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®