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"Vestita così"... L'esempio di dignità di Martina Evatore

La ventenne padovana Martina Evatore ha sfilato al concorso per il titolo di Miss Venice Beach di Jesolo con gli abiti che indossava quando, tre anni fa, è scampata alla violenza. Una lezione di dignità e coraggio che mette a tacere tutti quei "Vestita

Mercoledi, 13/07/2022 - «Se vai in giro vestita in questo modo, te la cerchi». Che una persona possa dire qualcosa del genere è inconcepibile, figurarsi se si tratta di una a noi cara. Eppure sono state proprio queste parole che, pronunciate da un'amica, hanno dato a Martina Evatore, una ragazza padovana di vent'anni, il coraggio di uscire allo scoperto, denunciando in un solo colpo questo tipo di vergognosi retropensieri e la prepotente, deviata e animalesca convinzione che si possa disporre a piacimento dei corpi altrui: in occasione del concorso per "Miss Venice Beach" a Jesolo con gli stessi abiti che aveva addosso quando, tre anni prima, ancora minorenne, intorno alla mezzanotte, un uomo tentò di violentarla per una strada dell'Arcella, il quartiere più grande e multietnico di Padova.
Neri la maglia e i lunghi e larghi pantaloni neri, scarpe da ginnastica ai piedi e informe giacca verde mimetico: un abbigliamento in fondo comune, comodo e pratico; quello alla "non metti mai niente che possa attirare attenzione/un particolare, solo per farti guardare" di cui canta Vasco Rossi. Con questa "tenuta" la ragazza ha sfilato sul palco e si è poi fatta largo tra i talenti nel canto e nel ballo per prendere il microfono e spiegare la sua scelta: «Qualche giorno fa una delle mie amiche più strette, vedendomi vestita con un abito estivo lungo, attillato sul busto, al corrente della mia vicenda, mi ha detto: "Se vai in giro vestita in questo modo, te la cerchi". La sua affermazione era in buona fede: sa quello che mi è successo, ma le sue parole hanno fatto scattare in me il desiderio di raccontare che cosa ho passato e specialmente la volontà di sconfiggere questo maledetto stereotipo. Ancora adesso non poche donne non siano libere di vestirsi come vogliono perché un abito piuttosto che un altro potrebbe attirare le attenzioni di qualcuno, istigare ad una violenza... Quello che ha detto la mia amica, altro non è che l'ennesima affermazione di quella natura che mi sento ripetere da quando c'è stato quel tentativo di violenza».
La sua è stata un'aggressione sventata grazie a quanto imparato da un corso di autodifesa iniziato con il padre, ma non per questo meno grave di una riuscita.
Martina Evatore lancia un messaggio di cui la società ha evidente bisogno: non solo perché si fa tanto un gran parlare di "girl power" e di solidarietà tra donne e poi ci si rende piccole piccole con frasi come "Se vai in giro vestita in questo modo, te la cerchi", ma perché non si può ricorrere, e non come extrema ratio, a corsi di autodifesa per poter camminare in tranquillità per strada la notte, secondo la religione del "protect your daughters" ("proteggi le tue figlie"), con tutti gli annessi e connessi del caso. E per farsi sentire Martina ha scelto una piazza, dimostrando l'intelligenza e la sensibilità di chi sa che una serata leggera può riunire ogni tipo di persone, inclusi i fautori di quella vittimizzazione secondaria che l'ha toccata tanto da vicino: «È una manifestazione di piazza, con un pubblico eterogeneo, un evento di divertimento e spensieratezza».
A vedere le foto della sfilata, non sorprende che Martina Evatore si sia qualificata per la fase successiva del concorso: la testa alta, la fierezza e la forza con cui ha proposto, pesanti come uno schiaffo e semplici come un'ingiustizia, i suoi abiti al pubblico valgono più di tutte le corone, le fasce e gli abiti da gara del mondo.

Sara Rossi

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