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Verso il Congresso

Verso il Congresso

UDI - Una costellazione in cui nessuna brilla solo di luce di propria

Colanicchia Ingrid Lunedi, 08/03/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2010

A pochi mesi dalla fine della Staffetta di donne contro la violenza sulle donne, l’Udi apre la fase precongressuale che la condurrà, tra circa un anno, al suo XV Congresso.

È questa la prospettiva entro cui l’associazione si muoverà nel prossimo futuro, secondo quanto stabilito nel corso dell’assemblea nazionale autoconvocata (momento periodico di incontro e definizione della politica dell’associazione) svoltasi a Pesaro il 30 e 31 gennaio scorsi con la partecipazione di circa un centinaio di donne.



L’Udi tra credibilità e credito



A sette anni dal suo ultimo Congresso e dopo due campagne che l’hanno vista impegnata a livello nazionale - il 50E50 prima e la Staffetta poi - l’Udi traccia un bilancio. E lo fa a partire da quell’autonomia scelta nell’XI Congresso come scollamento dal Pci, partito di riferimento della maggior parte delle dirigenti di allora, e riconfermata con faticosa ma decisa convinzione in tutti questi anni. Un bilancio che, dalle relazioni presentate (quelle del Coordinamento, delle Garanti e della Delegata nazionale) e dagli interventi succedutisi, si presenta ricco di sfumature.

Il bilancio politico di questi primi dieci anni del nuovo millennio è totalmente positivo: l’Udi è infatti tornata ad essere un’interlocutrice fondamentale nel dibattito sulla politica delle donne. Il successo della Staffetta, la grande partecipazione alla manifestazione del 21 novembre a Brescia, sono la prova che l’associazione sta colmando, con la sua elaborazione e la sua pratica quotidiana, un vuoto politico.

Fulcro di questa elaborazione, secondo quanto è emerso nel corso dei lavori dell’assemblea, è stato, soprattutto nell’ultimo periodo, la Sede nazionale.

A fronte del ruolo che l’Udi ha saputo ritagliarsi in questi anni, resta problematico il nodo del reperimento delle risorse economiche: vale a dire l’autofinanziamento, l’altra faccia della scelta dell’autonomia.

“L’Udi - ha sottolineato nella sua relazione di fine mandato la garante uscente Milena Carone - è stata povera, per alcuni versi lo è ancora, ma anche quando è stata povera non è mai stata misera. L’Udi è sempre stata dignitosa e ha continuato a esserlo anche quando con fatica abbiamo dovuto ripianare debiti ed andare avanti”. “Dico questo - ha proseguito - perché vogliamo un’Udi ricca: ricca di progetti e di creatività lo è già e lo ha saputo dimostrare. Questa ricchezza di progetto e creatività, possiamo dire questa credibilità, oggi deve trovare il giusto credito. Ovunque”.

Parole chiare e nette anche in merito al rapporto con i partiti, altro nodo fondamentale. “Una cosa non si fa mai male a ripetere, anche se può apparire scontata”, ha chiosato l’avvocata Carone: “Non si sta in un partito in quanto Udi. In quanto Udi non si fanno iniziative insieme ad un partito, o a una coalizione”. “L’Udi cerca sempre una visione autonoma delle cose. Una visione che possa coinvolgere le donne tutte, a partire dalle ragioni del genere e non a partire dalle ragioni di una parte”.



Un orizzonte altro



Orizzonte entro e verso cui tutto ciò si muove, come ha precisato la Delegata nazionale Pina Nuzzo, è la democrazia duale. “Dico duale e non paritaria solo per essere meglio compresa”, ha spiegato nella sua relazione la delegata, riconfermata nel suo ruolo al termine dei lavori. “Non perché i contenuti della Campagna e del nostro Progetto di legge sulla democrazia paritaria siano superati o differenti. Dico duale per non avvallare l’ennesimo equivoco che vede nella parità il superamento di un’ovvia disparità. Abbiamo usato il termine democrazia paritaria per indicare che dovevamo essere in condizione di misurarci alla pari, ma non abbiamo mai detto che siamo pari. Noi siamo differenti e siamo due, donne e uomini. Su questa dualità va ripensata la democrazia”.

A volte infatti, ha proseguito Pina Nuzzo, “è proprio il concetto stesso di democrazia che non ci fa vedere il futuro, perché da una parte sappiamo che essa rappresenta il meglio per una convivenza civile, ma sappiamo anche che questo ‘meglio’ si fonda ancora su un solo soggetto, presunto neutro, quello maschile. Le donne, anche le più capaci e meritevoli in questa democrazia, vengono continuamente messe al loro posto, disconoscendo il loro operato, offendendole, con atteggiamenti di ostilità”. “Alle donne - ha proseguito - è consentita la marginalità, e la stessa cooptazione ne è la riprova. Anche la frase ‘io voglio tutto’ per una donna rischia di incarnare solo una somma di tutti gli stereotipi”. “Per molto tempo abbiamo creduto che si potessero operare degli aggiustamenti. E sia chiaro, non parlo delle quote, che sono solo, almeno in Italia, la faccia perversa del peggiore aggiustamento. Parlo anche e soprattutto di altro, parlo di un modo di concepire la pratica politica. Tenere fuori le donne dalle decisioni che ci riguardano tutti in quanto umani pesa su questa nostra modernità così misera. Con sempre più forza e con sempre maggiore chiarezza - ha concluso - è necessario prendere le distanze da quello che si può definire il ‘nuovo neutro’, da quel modo politicamente corretto di leggere la realtà che annulla le differenze negando i conflitti, come se riconoscere le diverse esperienze, diverse anche per i sessi, non fosse il vero guadagno per tutti”.

L’assemblea ha proceduto anche al rinnovo delle cariche: le nuove garanti sono Marta Tricarico e Pilar Mercanti mentre Silvana Casellato, una delle garanti uscenti, ricoprirà il ruolo di tesoriera. Pina Nuzzo è stata riconfermata delegata nazionale. Si è decisa infine la costituzione di un Gruppo che si riunirà dopo il mese di marzo, che per l’Udi è sempre un appuntamento impegnativo, per la preparazione del Congresso.



Quando decidiamo noi…



Ampio spazio nel corso dei lavori è stato dedicato al Comitato “Quando decidiamo noi”. Diverse le proposte presentate in questa sede da Laura Piretti e da Ileana Alesso.

Innanzitutto l’avvio di una seria riflessione sull'obiezione di coscienza prevista nella 194, con la proposta di un diverso approccio linguistico: non più “obiezione di coscienza” ma “astensione facoltativa da prestazione di lavoro”.

In secondo luogo la costruzione di elenchi accessibili di ginecologici obiettori (a partire dai propri) in modo che l'essere obiettore o meno possa costituire elemento di valutazione per la scelta delle donne.

Infine, in merito all'assistenza alla nascita, il lancio di un D-day (giorno delle diffide) per inviare a tutte le regioni una diffida qualora non siano adempienti circa il sostegno alla puerpera nei primi giorni dopo le dimissioni.





(8 marzo 2010)

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