Iori Catia Lunedi, 01/09/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2014
Più passano gli anni più mi rendo conto che salvaguardare il femminile non vuol dire celebrare il femminismo. Il femminile è “ciò da cui tutto deriva”, eppure non se ne vanta. Lo sa interiormente ma si gode il segreto come se cosi non fosse. Il femminile “vero” ama il maschile perché le è complementare ma cerca di capire i limiti propri e dell’altro. Il cammino è certamente lungo e il processo di equilibrio non facile, ma ne vale la pena. Specie in tempi come questi. E per fare pace con noi stesse bisogna arrivarci. La donna che è donna desidera l’uomo, ama la vita, soffre per le sue contraddizioni, cura le cose e le persone, difende il giusto, sorride, condivide, crea, dona. Non separa, non allontana, non dice mai al maschile: io sono meglio di te, o sono più di te, o sto bene anche senza di te. La donna cerca di unire, credendo che perseverando tutto si sistemi. Tende ad aspettare. Se non ci fosse la tendenza costruttiva e collaborativa della donna, sempre che sia mentalmente sana, credo che non saremmo andati molto lontano. Quando ci si incontra insieme tra donne con il fine comune di condividere un cammino di conoscenza, accade una cosa strana: la percezione del fuoco interiore femminile. Quando la donna esprime se stessa, libera, con altre donne, una forza straordinariamente calda, avvolgente, lucente, un’energia capace di far vivere la fata e la strega nello stesso momento. E tuttavia è vero anche il contrario: quando i margini di recupero si sono fatti sempre più sottili e sfilacciati, quando tutto sembra perso e non esiste quasi più la possibilità concreta di rimediare, la donna decide di troncare o di cambiare strada. E raramente torna indietro. Ha temporeggiato cosi a lungo che è quasi impossibile farla ritornare sui propri passi. Quando decide di lasciare un compagno, quando un’amicizia è sfumata, quando un’opportunità di lavoro l’ha delusa nel profondo, raramente cerca di recuperare a tutti i costi. Se ognuna di noi sapesse nel profondo di quanto è capace, molti problemi si risolverebbero da soli. Il dramma sta semmai nel non esserne abbastanza consapevoli o nel diffidare di se stesse o nel non dare retta fino infondo a quell’intuito acuto e penetrante, quel sesto senso cosi radicato da guidare anche il cuore più smarrito e in fuga. “Solo conoscendo te stessa potrai essere libera e, solo essendo libera, sarai in grado di affrontare ogni problema ed ogni pericolo. La fede in te stessa sarà il tuo scudo e sarai cosciente di vivere la tua vera vita. Imparerai ciò che la natura ti ha donato e utilizzerai con coscienza e saggezza il tuo corpo, la tua mente, il tuo spirito… sarai una pellegrina alla ricerca di te stessa…”dice un autore che amo molto, Mamani. La donna sa, se solo vuole sapere, sa. La bellezza in ogni sua forma è una guida. I giornali e la televisione di continuo ci elencano le nefandezze degli uomini: guerre, terrorismo, ingiustizie; e anche catastrofi prossime: poli che si sciolgono e epidemie che incombono, inondazioni e terremoti, fa troppo caldo o fa troppo freddo, fame, sete, inquinamento, povertà, bombe. Intanto la vita di ogni giorno prosegue fra mille difficoltà e pericoli. Ci sembra di essere in un incubo. Finché non ci imbattiamo nella bellezza. La quale ci ricorda che c’è un’armonia nascosta, che anche nella situazione più oscura e difficile c’è una speranza. Ho anche scoperto, però, che della bellezza spesso abbiamo paura, una paura non dichiarata, spesso non cosciente. Perché la bellezza a volte è troppo intensa. Perché, forse, sotto sotto, non sentiamo di meritarla. Perché in qualche modo pensiamo che sia una cosa frivola. Perché sappiamo che, se veramente vi ci abbandonassimo, cambierebbe radicalmente la nostra vita.
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