- Oggi occorre scrivere un'altra puntata. Con meno ambizioni, ma con assoluta urgenza
Giancarla Codrignani Sabato, 28/02/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2015
Le ragazze non ne sanno niente, le madri evidentemente sono di memoria corta, ma allora erano tutte contente. Eppure è di quel tempo l'invenzione di parole come gender, empowerment, mainstreaming, networking e perfino accoutability. Tranne gender - oggi entrata in una discussione molto più complessa - non hanno dato il successo sperato. Comunque era bello vedere a Pechino donne guatemalteche o nigeriane precipitarsi ai computer disponibili per informare le amiche lontane in tempo reale: tutte speravano. Invece, a partire dal networking, dopo siamo state meno brave: in nessun paese abbiamo costruito reti internazionali, allora quasi già fatte da sole. Eppure pareva importante mantenere i contatti per poi cooperare. Oddio, non facciamoci sensi di colpa: nemmeno nessuna di noi si fidava (si fida) delle istituzioni, Nazioni Unite comprese (Susan Sontag le definiva luoghi in cui si fanno discorsi a cui le donne sono così ingenue da credere). Diffidenza non senza ragione: l'Onu "doveva" una grande Conferenza alla Cina, certo non quella sulla popolazione (Il Cairo) o sui diritti umani (Vienna); le donne invece garantivano che non ci sarebbero stati incidenti diplomatici. Eppure, la tradizione degli infanticidi delle bambine si era tradotta in selezione con l'ecografia dei feti femmine: fu per tutti “normale”.
Tuttavia i problemi all'ordine dei lavori erano davvero importanti; e largamente dibattuti: nel 1975 a Città del Messico l'Onu aveva aperto il "Decennio della Donna", poi diventato ventennio e i governi avevano approvato la Convenzione internazionale contro ogni forma di discriminazione verso le donne (Cedaw). A Pechino tutti i paesi si sentirono impegnati con 1.200 delegati; e un grandissimo Forum parallelo delle Organizzazioni non-governative (con 8.000 donne) agitò liberamente i problemi di tutte e fu bellissima la complicità tra i due luoghi, con le rappresentanti governative che riportavano nell'aula decisionale le richieste delle donne dei popoli. Gli Obiettivi strategici e il Programma d'azione rileggevano a partire dalla soggettività critica femminile tutti i problemi: povertà, istruzione, salute, violenza, conflitti, economia, processi decisionali, meccanismi istituzionali, diritti umani delle donne, i media, l'ambiente e, infine, le bambine, senza trascurare le disposizioni finanziarie e la creazione di strutture. Le donne provenienti dai paesi islamici sessuofobi animarono una sorta di Parlamento e presentarono "Cento misure" di esigenze femminili, contestando il patriarcato islamico e proponendo la revisione dogmatica del Corano. Il Vaticano si dissociò dal documento finale per ciò che riguardava la salute e il diritto delle donne "a controllare la propria sessualità".
Il numero enorme di dibattiti e il colore di un movimento davvero globale aveva lasciato sperare in una "rivoluzione copernicana". Ma funzionari che avevano scritto i documenti che le ministre avrebbero letto, indicavano già la linea di tendenza. Susanna Agnelli si staccò dal testo scritto: "Vorrei aggiungere che queste analisi non possono essere complete senza un'adeguata riflessione sull'impatto di genere", che evidentemente il governo non sapeva nemmeno che cosa fosse. Era presente anche Betty Friedan: La mistica della femminilità del 1961 era già datata e Betty se ne rendeva conto: "oggi le ragazze tendono a dire: non sono una femminista, però... rivendicano i diritto a una professionalità di alto livello, che è quello per cui ha lottato per anni il movimento femminista". Bisognava, dunque, che tutte andassero oltre, verso "una nuova visione" perché dall'economia arrivava il "contrattacco" alle conquiste ottenute: "affinché la nostra lotta abbia successo, è essenziale superare gli obiettivi immediati, concentrandoci su quelli a lungo termine". Sono ancora le due vie da percorrere: nuove pratiche e nuove idee. Le idee forse non sono mancate nelle nostre "scuole di pensiero"; ma si fa presto a dire che i governi non mantengono la parola, se non si sa come gestire le proprie rivendicazioni: per riformare il Pil, ad esempio, le Cavarero e le Muraro dovevano associarsi, che so?, ad Antonella Picchio. Così anche da noi sono uscite molte parole, che - nemmeno ce ne accorgiamo - sono diventate vecchie. La sinistra non ci ha aiutato perché anche lei ha solo parole invecchiate. Anche Papa Francesco si scontra con un vecchio cattolicesimo ormai privo di senso. È il mondo che cambia, forse non così rapidamente come sembra: la premier norvegese Gro Harlem Brundtland diceva che i principi di Pechino "saranno un ponte verso il futuro". Dopo vent'anni, le aspirazioni grandiose di Pechino sono invecchiate. Ma il futuro incalza. Vent'anni dopo dobbiamo scrivere un'altra puntata. Con meno ambizioni, ma con assoluta urgenza.
Foto: Acquerello di Giulia Tognetti, gentilmente concesso
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