Mercoledi, 15/09/2021 - Alla Mostra del Cinema di Venezia, che ha spento i riflettori l'11 settembre, si conferma il potere delle donne, sottolineato ironicamente da quel ‘power of the dog’ del titolo dell’ultima opera della grande regista neo-zelandese Jane Campion (ben nota per film magnifici quali ‘Lezioni di Piano’, Palma d’Oro a Cannes nel 1993 e Oscar Miglior Film, ‘Un Angelo alla mia tavola’, ‘Holy Smoke’), che le è valso il secondo Leone d’Argento della sua carriera (il primo lo aveva ottenuto come Gran Premio della Giuria nel 1990 con ‘Un Angelo alla mia tavola’).
Si tratta dell'ennesimo, meritatissimo riconoscimento del Festival alla grande artista - dopo quasi vent'anni di assenza dal Lido - ed alla sua capacità unica, visiva, visionaria e narrativa, di raccontare storie incredibili, intense e dolorose, con protagonisti solitari e induriti dal tempo e dai luoghi, ma sempre toccati da profonda umanità, in modo estremo e delicato al tempo stesso, segno di uno stile inconfondibile.
"Penso che in questo momento le donne di cinema stiano andando molto bene - ha affermato la Campion - infatti è stata una donna a vincere la Palma d’Oro a Cannes (Julia Ducournau), un’altra donna ad ottenere il Leone d’Oro quest’anno a Venezia e poi Chloé Zhao che con Nomadland ha vinto l’Oscar ed è stata in Giuria a Venezia: se le donne hanno una possibilità, niente può fermarle. Da quando è nato il movimento #MeToo sento un cambiamento sostanziale. È una grande perdita per tutti che non ci siano abbastanza voci femminili al cinema e nella narrativa, perché noi ‘vediamo’ in modo diverso, ma c’è un cambiamento in atto, ad esempio in televisione le donne registe sono più presenti, e in genere le donne oggi hanno più coraggio e più sostegno, sia dalle altre donne e sia dagli uomini che avvertono le diseguaglianze”.
Nonostante il fatto che le statistiche siano ancora sfavorevoli numericamente e non pendano dalla parte delle donne - quest’anno su 21 film in concorso, solo 5 erano di registe donne, l’anno scorso 8 - evidenziando che le trasformazioni sono lente e hanno tempi lunghi, pure la Campion si dice fiduciosa e certa che il processo virtuoso che ha preso avvio negli ultimi anni, trovando conferma nei successi ottenuti dalle donne ai grandi Festival, non si fermerà ma anzi verrà implementato.
Anche la scelta del film vincitore della Palma d’Oro a Venezia 2021, il francese “L'événement”, diretto dalla regista Audrey Diwan, che racconta la storia di un aborto clandestino nella Francia del 1960 (scelta effettuata dalla giuria presieduta da Bong Joon Ho e composta da Saverio Costanzo, Virginie Efira, Cynthia Erivo, Sarah Gadon, Alexander Nanau e Chloé Zhao), e come afferma la regista ‘non è un film sull’aborto ma sulla libertà delle donne’, sembra confermare le previsioni ottimistiche della Campion.
D’altra parte Jane Campion, che fece la sua gavetta nella Women's Film Unit, un programma del governo australiano nato per risolvere la disparità di genere nell'industria cinematografica, è stata la prima regista donna a vincere la Palma d'Oro a Cannes (che non poté ritirare personalmente perché incinta, all’ottavo mese di gravidanza) e la seconda regista nella storia candidata a un Oscar (vinto per la Miglior Sceneggiatura), in tempi non sospetti in cui le donne registe erano davvero pochissime.
Il film della Campion, "The Power of the Dog", tratto dal romanzo omonimo di Thomas Savage, racconta una storia definita dalla regista di ‘maschilismo tossico’, per la quale ha ottenuto da Netflix, che lo ha prodotto, un budget molto elevato grazie al quale la Campion ha potuto portare sul grande schermo un romanzo che l’ha profondamente affascinata.
"In genere, non finisco quasi mai i romanzi - ha ammesso la regista - ma in questo mi ci sono davvero immersa: ho sempre creduto nel mondo che Savage descrive e, nelle settimane successive, dopo averlo letto e aver viaggiato con i pensieri, continuavano a tornarmi in mente e ad interrogarmi i temi del libro, e non riuscivo a dimenticarlo. Così ho capito che è un libro di grande profondità che lavora sulla psiche e, a poco a poco, mi sono avvicinata alla realizzazione del film".
La regista ha scelto come protagonisti di questa sorta di western - che racconta la storia di due fratelli allevatori, nel Montana rurale degli anni Venti, molto diversi fra loro i cui equilibri vengono sconvolti dal matrimonio di uno dei due George (Jesse Plemons), con la vedova Rose (Kirsten Dunst), già madre di un figlio - Benedict Cumberbatch e Kirsten Dunst, due attori di grande carisma e professionalità, che danno vita a personaggi indimenticabili, con le loro solitudini, ferite e cruda autenticità.
A causa della pandemia, il Montana degli anni Venti del filmè stato ricostruito in Nuova Zelanda: secondo la regista, inoltre è quasi impossibile trovare spazi completamente vuoti negli Stati Uniti.
“Abbiamo girato in una zona della Nuova Zelanda – ha raccontato la Campion - dove sembra di essere su una barca sperduta in mezzo all'oceano, praticamente nel punto più ventoso del paese. Questo tempo così estremo, se ha creato molti problemi per le riprese, ha però ricreato lo spazio giusto per il film".
Il film arriverà nelle sale italiane a novembre, mentre dal 1° dicembre sarà fruibile sulla piattaforma Netflix.
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