Sondaggio di aprile - Secondo chi ha risposto al sondaggio, le veline non sono affatto ragazze ingenue
Rosa M. Amorevole Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2008
Il termine velina è ormai talmente in uso nel linguaggio comune, che è stato introdotto anche nei principali dizionari italiani. Nato per nominare in tono ironico le ragazze che a ‘Striscia la notizia’ portavano ai conduttori le veline - le notizie in gergo giornalistico -, è stato in seguito usato in senso dispregiativo per indicare la diffusione di soubrette e showgirl in ruoli particolarmente denotati da passività televisiva, per i quali, secondo i critici, non sarebbero necessari particolari meriti artistici o professionali. Secondo chi ha risposto al sondaggio, le veline non sono affatto ragazze ingenue: hanno capito che utilizzando (in tutti i sensi) il loro corpo possono aumentare sensibilmente la probabilità di riuscita nel mondo dello spettacolo (52%). Il 30% invece, rileva che sono in crescita sia quelle che usano sia quelle che sono usate dal sistema, mentre per il 13% sono ingenue che vengono abbindolate dalla televisione nella speranza del facile successo. Per i più, il termine velina descrive anche “qualcosa di molto sottile, di scarsissimo spessore..tutto sommato qualcosa di inutile”, “ragazzine bellissime e vuote”, “una sciocchina che usa più gli attributi del corpo che il cervello”, “una scema che vuole sposare un calciatore”, “la furbetta che vuole arrivare a tutti i costi”. C’è anche chi si chiede che impatto potrebbe avere un programma con conduttrici circondate da uomini seminudi che ballano. Le lunghe code in attesa (in tutta Italia) sono la risposta di molte giovani donne – spesso accompagnate dalla madre – al casting aperto da Canale 5 per la prossima stagione televisiva di ‘Striscia la notizia’. Perché sognare di essere una velina? Essenzialmente per soldi, per la facile fama, per la possibilità di sposare un calciatore o comunque vivere nell’agio grazie ai quei “cinque minuti di sculettamento sul bancone”. E’ un “facile modo per farsi notare”, “l’unico modo per essere al centro degli sguardi di tutti, come se l’obiettivo fosse quello di essere la più guardata” . Essere in quel ruolo significa “che hai un bel corpo, un bel viso. Se ti hanno scelto vuol dire che sei bella veramente!”, del resto – sono in molte ad affermarlo – “è il solo modo, per una ragazza, di farsi notare…le donne con il cervello fanno paura!”. I pregi di una simile carriera sono: soldi, soldi, soldi; si trova lavoro e marito; l’essere sempre frizzante e fresca. Tra i principali difetti elencati: “l’essere identificata come quella che non sa fare nulla”, “la superficialità”, l’esser considerata “un pezzo di carne in macelleria”, esser “prostituta senza ammetterlo”, vivere una vita che ti obbliga a “cogliere l’attimo perché si invecchia molto velocemente nel mondo dello spettacolo”. Per essere velina occorre “far finta di essere scema, se non lo sei davvero, ma senza farsene un problema”, “concedersi sessualmente al bisogno”. In poche parole alla fine “hai un lavoro, pur sempre precario!”
Maddalena Cornovaglia
…Che non mi sono mai pentita di essere stata Velina, anzi. Non ho mai fatto niente di volgare e queste accuse non mi toccano. E poi spesso chi parla male di queste ragazze 10 anni fa faceva le televendite sulle reti private con i seni di fuori... Bisogna vedere da che pulpito viene la predica. (velina in Striscia la notizia, 1999/2002)
LE VELINE DI STRISCIA LA NOTIZIA: NASCITA DI UN FENOMENO
Il loro nome ha un'origine ben precisa ed è attestato fin dalla primissima puntata di Striscia la notizia, il cui esordio fu contemporaneo e strettamente legato alla coeva trasmissione Odiens. In molte puntate di Odiens il corpo di ballo era vestito (ovviamente in chiave goliardica) con costumi chiaramente ispirati al ventennio fascista e le belle componenti femminili erano addirittura identificate col nome di "littorine". Le prime puntate di Striscia la notizia andavano in onda in coda ad Odiens, con Ezio Greggio e Gianfranco D'Angelo spesso vestiti con i medesimi costumi di scena, ad indicare un'immediata continuità tra i due spettacoli. Dovendo chiamare in qualche modo le vallette incaricate di portare le notizie ai conduttori (vallette anch'esse vestite con i citati costumi ispirati al Ventennio), la scelta è immediatamente caduta sul nome di veline, forse a voler prendere in giro le vere veline, e cioè i famosi dispacci del Ministero della Cultura Popolare, tramite i quali il regime fascista diramava agli organi di stampa e di informazione le notizie da rendere note (o meno) all'opinione pubblica.
IL SIGNIFICATO DEL TERMINE VELINA:
Notizia diffusa da un'agenzia di stampa.
Il vocabolo trae origine dalle veline, mezzo di controllo del fascismo sulla stampa consistente appunto in fogli di carta velina con tutte le disposizioni obbligatorie da seguire.
Incominciarono a circolare dal 1935; nel 1937, neanche un anno dopo la Guerra di Etiopia, con l’istituzione del Ministero della Cultura Popolare che controllava anche la SIAE e l'EIAR, le veline divennero ancora più pressanti verso la stampa. Le veline vennero vietate dopo la caduta del fascismo.
Esempi di velina d’epoca:
21/10/33: Il Corriere della Sera e il Mattino hanno pubblicato due disegni riproducenti il Duce. Uno è piaciuto, l’altro no; vale quindi, anche per i disegni, la norma vigente per le fotografie e cioè che debbono essere precedentemente presentate all’Ufficio stampa del Capo del Governo per avere l’autorizzazione alla pubblicazione.
4/1/36: Non pubblicare fotografie sul genere di quella pubblicata questa mattina dal Messaggero, che dimostrino intimità dei nostri soldati con abissini. (…)
26/8/38: I giornali eseguano una costante revisione di tutte le fotografie di parate militari, passo romano, presentazione alle armi, sfilate giovanili e premilitari, pubblicando esclusivamente quelle dalle quali risultano allineamenti impeccabili.
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