Domenica, 20/06/2021 - Per alcune settimane ancora, a Rovigo, nella sede di Palazzo Roverella, cornice sempre ottima e scenario per mostre di eccellente livello, sarà in parete l’esposizione di cui al titolo, per fortuna finalmente godibile, sempre osservando tutte le regole imposte dalla pandemia covid, in presenza.
Un evento davvero da non perdere per la peculiare cifra stilistica applicata, pur non nuovissima, adottata dal curatore Paolo Bolpagni che l’ha puntualmente presentata,con dovizia di particolari, a Mizar, una delle trasmissioni di cultura più interessanti del palinsesto delle reti Rai.
"Mi voltai per vedere la voce che parlava con me – (Ap 1,12)".
Ecco, vien voglia di citare il linguaggio visivo della Bibbia per introdurla brevemente: infatti, mettendo insieme Muse Gemelle come l’Arte e la Musica, Bolpagni è riuscito a creare un dialogo - che si amplierà, divenendo poi col visivo fruitore colloquio, qualcosa di più collettivo, corale, forse – fra opere artistiche e fiori musicali: come dire, Ascoltare i Quadri e Vedere la Musica.
Far dialogare suoni, forme e colori, musica e arti visive – negli intenti del Bolpagni: una lunga storia di relazioni, intrecci e rispondenze, che, dalla stagione simbolista a quella delle avanguardie primo-novecentesche, cioè dal 1880 al 1940 circa, potrebbe ormai essere considerata una branca a sé stante, eppur suscettibile di metodologie di approccio molto diverse.
E, proseguendo con i suoi intenti: dapprima, durante l’epoca del Simbolismo, si assiste alla ricerca di armonie cromatiche in grado di avvolgere luoghi e figure in un’unità ‘sinfonica’, e grande fortuna hanno i motivi del ‘notturno’ e del ‘chiaro di luna’, spesso con esplicito richiamo, rispettivamente, a Fryderyk Chopin ed a Ludwig van Beethoven.
Ci troviamo tra la fine dell’Ottocento ed i primi anni del secolo successivo, e questo è anche il periodo dell’affermazione del fenomeno del wagnerismo, che vede fiorire nell’Europa intera un filone artistico ispirato chiaramente alla produzione teatrale ed alle teorie estetiche del compositore e drammaturgo tedesco: pensiamo a Henri Fantin-Latour, a Odilon Redon, a Hans Makart, a Aubrey Beardsley, a Mariano Fortuny.
In Europa, dal primo decennio del Novecento, la riscoperta di Johann Sebastian Bach e il fascino esercitato dalla purezza dei suoi contrappunti viene via via a sostituirsi al modello wagneriano, non solamente in campo musicale.
Infatti la crescente rinuncia, da parte degli artisti della visualità, a ricercare un nesso con la realtà e, al contempo, il parallelo cammino in direzione dell’Astrattismo, troveranno riscontro nell’aspirazione della pittura a raggiungere la sublime spiritualità delle fughe di Bach, sottintese quasi nelle opere di Vasilij Kandinskij, di Paul Klee. È con loro due, proprio, che la musica diviene davvero centrale, facendosi paradigma assoluto di una pittura che vuole liberarsi dal concetto di rappresentazione della realtà fenomenica di Félix Del Marle.
Nel Cubismo e nel successivo Purismo emerge un orientamento – da Pablo Picasso e Georges Braque ad Albert Gleizes, Amédée Ozenfant e Charles - Edouard Jeanneret – a prediligere come temi di partenza dei loro lavori violini e chitarre, forse a introdurre nel dipinto altre dimensioni sinestetiche quali la vibrazione acustica e lo scorrere del tempo.
In Austria Gustav Klimt, Kolo Moser e Oskar Kokoschka trovano invece nella musica un riferimento diretto ed essenziale, quasi primario: si pensi al “Fregio di Beethoven”, a Vienna, capolavoro assoluto ed imprescindibile proprio di Klimt.
E l’elemento sonoro ha un grande peso anche nel Futurismo italiano, l’ultimo degli –ismi completamente italiani, applicato a tutto tondo, anche nelle ‘handcrafts’: Luigi Russolo, oltre che artista visivo, fu musicista e già nel 1913 andò al di là di qualsiasi modello contemporaneo ideando brani in cui erano previste macchine costruite per produrre rombi, ronzii, crepitii, scoppi: i famosi 'intonarumori'.
Suo è il manifesto del Futurismo Musicale, del 1913, a quattro anni di distanza da quello ufficiale del Futurismo di Marinetti.
Particolarmente interessante l’apporto e la collaborazione della critica Monica Vinardi che si è dedicata alla “Pittura di Gaetano Previati e l’armonia di un universo vibrante”, ben descritta nel catalogo della mostra è dito da Silvana Editoriale.
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