Costituzione - Le donne sono le prime vittime di uno stato che non riconosce il valore della laicità
Stefania Friggeri Giovedi, 22/03/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2012
In Italia sono ancora in vigore i Patti Lateranensi, triste eredità del ventennio e la laicità dello Stato non gode di miglior salute rispetto agli anni del fascismo. Se Mussolini - spinto dall’ambizione di creare uno stato autocratico su cui mettere la sua impronta - da un lato blandiva il Vaticano per averne l’appoggio politico e dall’altro combatteva in modo sotterraneo col magistero per la formazione e il controllo dell’opinione pubblica (vedi il Minculpop e l’inquadramento della gioventù), oggi contro il fondamentalismo mascherato e strisciante - cui mettono argine solo le sentenze del Tar e della Corte Costituzionale su iniziativa dei cittadini - le più alte istituzioni statuali latitano nella doverosa salvaguardia dei valori della Costituzione dall’interferenza clericale. Valori altrettanto “non negoziabili” quanto quelli proclamati dal Papa, a partire dalla laicità, fondamento della democrazia. Perché solo quando lo Stato pone tutte le confessioni presenti sul territorio su di un piano di parità e non ne privilegia nessuna, né discrimina i non credenti, solo allora la società conosce quel pluralismo che si fa garante della libertà di tutti nella giustizia. Ma oggi all’arrendevolezza dello Stato corrisponde la rigida ostinazione del mondo cattolico dove sono ormai egemoni le forze che si battono per la “sana” (?) laicità patrocinata da Ratzinger. Che prevede la cancellazione della legge 194. Una legge nata, sotto la spinta del movimento femminile, dall’alto compromesso, irrealizzabile oggi, tra le forze laiche cattoliche e non cattoliche (essere cattolici non impedisce di essere laici). La legge 194 viene attaccata con la stessa strategia adottata dalla destra contro la Costituzione: non viene aggredita direttamente ma svuotata dall’interno, ridotta ad un guscio vuoto così che formalmente è ancora in vigore ma in realtà è diventata un pezzo di carta, simbolico ma innocuo. A questo provvedono le “linee guida” regionali; ha cominciato la Lombardia di Formigoni, poi è arrivata la proposta Tarzia del Lazio, infine quella di Cota in Piemonte. E anche nelle linee guida dell’Emilia-Romagna non mancano le ambiguità, come dimostra il caso di Correggio (provincia di Reggio Emilia) dove il Movimento per la Vita è entrato nei consultori. Il ruolo del Consultorio, infatti, da sanitario è diventato sociale, ovvero la sua finalità non è più la tutela del benessere psicofisico della donna, ma la salvezza della famiglia dai capricci e dall’immoralità delle femmine libertine. Ma questo è solo il primo passo verso la privatizzazione: meno soldi, meno personale, meno consultori vuol dire destrutturare il pubblico e aprire la strada a consultori gestiti da agenzie private confessionali. Che fare? Per salvare i consultori e la 194 la mobilitazione delle donne non è sufficiente, abbiamo bisogno dell’appoggio delle forze politiche, a partire da quelle presenti in Parlamento. Ma il PD è tentato dall’alleanza con l’UDC, il partito che difende i “valori non negoziabili” (nel gran baccano sui media suscitato dal caso di Correggio tra le voci più sgradevoli c’erano quelle di alcuni politici del PD che si auguravano l’estensione di quel modello a tutta la provincia). E allora dentro il PD, anche su questo tema ondivago ed incerto, deve nascere un serio dibattito per ravvivare l’anima laica presente nel partito. Inoltre, poiché sono le donne le prime vittime di uno stato che non riconosce il valore della laicità, sarebbe auspicabile che le donne cattoliche si mobilitassero per contrastare dall’interno la misoginia della Chiesa cattolica. È vero che una donna ha avuto l’incomparabile onore di accogliere nel grembo il figlio di Dio, ma Maria (dogma dell’Immacolata Concezione, 1854) fu concepita dalla madre senza peccato originale, ovvero Maria nacque pura del peccato compiuto dai progenitori nel Paradiso terrestre: dopo aver mangiato il frutto proibito “si vergognarono e coprirono i loro organi sessuali con foglie di fico” (Agostino). Maria dunque nacque senza la macchia del peccato trasmesso ai figli di generazione in generazione: il piacere sessuale. Un peccato che Maria non trasmise a Gesù perché vergine, anzi sempre-vergine. Così infatti ancora oggi Maria viene onorata, accreditando la tesi di Girolamo, il padre della Chiesa che nel 393 d.C. scrisse due libri contro l’eretico Gioviniano che dubitava dell’integrità di Maria durante il parto. Ma Girolamo è lo stesso che in una lettera scrive che “il seme nell’utero prende la sua forma a poco a poco e si ritiene che non ci sia omicidio fino a quando i singoli elementi non hanno assunto la loro forma esterna e le loro membra”, tesi attestata anche da Agostino secondo cui nessuna anima può vivere in un corpo non formato.Cosa concludere? Che l’alto magistero dovrebbe almeno mostrare più coerenza quando attinge alla saggezza (?) degli antichi padri. Dai quali ha ereditato l’idea che concepire un figlio sia “cedere al piacere, alla contaminazione e alla corruzione. A meno che il padre non sia lo Spirito Santo” (U. Ranke. Heinemann).
Lascia un Commento