Elezioni regionali / Preferenze cercasi - Valentina Grippo è Vice presidente del PD del Lazio. Candidata alle recenti elezioni regionali nel Lazio, nonostante le cinquemila preferenze raccolte non è entrata in Consiglio
Maria Fabbricatore Domenica, 05/05/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2013
Valentina Grippo è Vice presidente del PD regionale ed è Assessora alla Scuola al Municipio III di Roma. Candidata alle recenti elezioni regionali nel Lazio, nonostante le cinquemila preferenze raccolte non è entrata in Consiglio e risulta quinta dei non eletti. Abbiamo raccolto le sue opinioni circa le ragioni di questo risultato, importante ma insufficiente.
Per la seconda legislatura regionale consecutiva nessuna donna del PD è eletta. Il problema è burocratico, legato alla legge elettorale, oppure è problema politico?
Sicuramente è un problema politico. Le donne nella rappresentanza politica sono una novità perché è da meno tempo che ci sono e la resistenza del sistema si dimostra di più negli ambiti dove c’è più potere, e poiché nella regione di soldi e di potere ce n’è parecchio, è l’ambito nel quale le strutture dentro ai partiti nei meccanismi para-clientelari faticano ad essere sfondati dall’opinione pubblica, nonostante un grandissimo tamtam popolare, come è avvenuto nel mio caso. Ben cinquemila persone mi hanno votato avendo io messo in rete solo opinioni. Dall’altro ci sono truppe che si muovono in modo strutturato e finché la politica non compie azioni positive per sbloccare questa situazione, saranno penalizzate le donne ma anche i giovani e chi non è organico al sistema.
Quindi il consenso di opinione è gestito da gruppi di potere maschili e ben strutturati?
Non solo. In un momento di crisi economica, di crisi di potere dove i posti diminuiscono i gruppi di potere sono ancora più impermeabili di quanto fossero in precedenza e quando qualcuno li sfida si arroccano ancora di più perché nel momento in cui passa il principio del femminile al potere si crea un problema nel sistema. Nello stesso momento però le donne non sono state in grado di creare una classe dirigente consapevole, pronta ad occupare gli spazi e pronta anche a solidarizzare e a coalizzarsi, a credere in una donna e tenersi intorno a lei. Nel mio caso, dentro al mio comitato avevo tutte donne: dall’ufficio stampa alla capa dei volontari, tra l’altro tutte competenti, laureate, brillanti. Donne che ereditano una società che è un disastro. Nei consessi strutturati, come nella direzione romana e regionale del PD, ho chiesto a tutte di pensare alle donne, di portare ognuna cento voti così da eleggerne almeno due. Quindi il problema è anche dentro di noi, perché se uno è portatore d’acqua alle proprie correnti non faremo mai un’azione di sfondamento al femminile.
In che modo e quali donne si scelgono nelle cooptazioni o per la composizione delle giunte?
La sensazione è che nella composizione delle giunte o nelle cooptazioni si scelgano donne che abbiano varie caratteristiche fuorché l’autonomia e quindi si educano le giovani donne che fanno politica a essere comunque succubi di un indirizzo o di un ‘capobastone’. Quando una donna non è controllabile diventa un problema. Non a caso mi si rimprovera spesso: “tu hai un limite che è quello che non rispondi a nessuno”, dunque la non controllabilità viene spesso imputata perché se si promuove una donna autonoma dai un messaggio anche a tutte le altre che possono smetterla di fare le portatrici d’acqua e che si devono invece liberare.
La cosa grave è che questo succede in ambienti “illuminati” e di sinistra ..
Nell’individuare candidate si tende a scegliere donne che coniugano affidabilità al non essere un pericolo per il leader, al non metterlo in discussione. Invece è proprio “l’intelligenza libera” ad aiutare un leader illuminato insieme alle nostre specificità femminili. Questo mi rattrista molto ed è la cosa che mi spinge a continuare fare politica.
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