Sabato, 13/08/2011 - "Ai generosi giusta di gloria dispensiera è morte" ,si afferma nel carme I Sepolcri. I versi foscoliani non si sono però verificati per Salvatore Morelli, incompreso in vita e dimenticato dopo la morte.
Carattere schivo e fiero, animo assetato di giustizia, Salvatore Morelli dispensò il suo eroismo non come "beau geste" ma come esigenza etica, un dovere che trovava in sè stesso il suo compenso.
Anche se questa sua legge morale lo consegnò a una vita da isolato e da "diverso", e a una morte in solitudine e miseria, "povero come era vissuto", secondo le parole del giornale romano "Fanfulla" del 24 ottobre 1880.
Patriota mazziniano, scontò quasi nove anni di carcere duro per un gesto di protesta - aver bruciato in piazza l'immagine di Ferdinando II di Borbone -. Fu prima a Ponza, poi ad Ischia, dove subì torture fisiche e morali, infine a Ventotene; qui mise la sua professione di avvocato al servizio degli altri politici e dei detenuti comuni e, convinto che una società migliore potesse realizzarsi solo migliorando la situazione sociale e culturale, si occupò dell’istruzione dei ragazzi poveri dell'isola.
Inviato al soggiorno obbligato a Lecce, gli venne affidata l’educazione dei figli di Pasquale Greco, farmacista di idee liberali e l'intesa intellettuale con la moglie di questi, Giovanna De Angelis, ebbe un ruolo determinante nella definizione del suo pensiero sulla tematica femminile. A Lecce il suo eroismo ebbe modo di manifestarsi anche come testimonianza civile. Salvò infatti tre bambini che stavano per annegare rifiutando la grazia, che per tradizione spettava in casi simili, in favore di un altro detenuto più anziano e con famiglia.
Alla sconfitta dei Borboni, proclamato il Regno d'Italia, continuò da giornalista la sua azione sociale, denunciando nei giornali "Il Dittatore", "Il libero Pensiero" e alcuni anni dopo "Il pensiero", ritardi ed errori del nuovo governo, sostenendo instancabilmente la necessità di riforme per l'istruzione popolare, il decentramento, la deburocratizzazione. Una scomoda voce critica che subì ben 184 sequestri.
I più benevoli lo giudicavano un esaltato, un sognatore, gli altri un provocatore, un sovversivo; alcuni sacerdoti Gesuiti lo definirono addirittura “un pazzo”.
Ma era invece un pioniere, uno in anticipo sui tempi.
Era in anticipo su tutto, Salvatore Morelli, all’avanguardia, in quegli avamposti di cui parla Ibsen, dove alcuni uomini ignorati e isolati combattono “per quelle verità che sono sbocciate nel mondo della coscienza da troppo poco tempo per essersi conquistata una maggioranza”.
Nel 1867 Morelli fu eletto deputato del Regno Sabaudo nel collegio di Sessa Aurunca, e mise al primo posto nella sua azione politica, insieme al problema dell'istruzione, la questione femminile, "il problema dei problemi".
Nelle sue quattro legislature, dal 1867 al 1880, anno della sua morte, pressanti e circostanziate furono le sue proposte di legge per equiparare i diritti delle donne a quelli dell'uomo.
Subito dopo essere stato eletto, memore delle parole di Mazzini "un paese è realmente grande quando le sue donne sono realmente libere", presentò la prima proposta di legge in Europa perchè venisse concesso alle donne il diritto di voto, modificando la legge elettorale che, negando loro tale diritto, di fatto le equiparava agli "interdetti e detenuti in espiazione di pena" e cambiando il Codice civile italiano del 1865, che sottometteva la donna all'autorizzazione maritale. La proposta fu respinta.
Così scriveva Mazzini al Morelli dopo aver saputo dell'insuccesso:
"L’emancipazione della donna sancirebbe una grande verità base a tutte le altre, l’unità del genere umano, e assocerebbe nella ricerca del vero e del progresso comune una somma di facoltà e di forze, isterilite da quella inferiorità che dimezza l’anima. Ma sperare di ottenerla alla Camera così come è costituita, e sotto l’istituzione che regge l’Italia, è come se i primi cristiani avessero sperato di ottenere dal paganesimo l’inaugurazione del monoteismo e l’abolizione della schiavitù".
Salvatore Morelli ripresentò il disegno di legge per il voto alle donne nel 1875, insieme a una proposta globale di 7 articoli per un nuovo Diritto di Famiglia che prevedeva l'eguaglianza dei coniugi nel matrimonio abolendo il concetto dell'uomo capofamiglia, sostenendo i diritti dei figli illegittimi, introducendo il divorzio, e il doppio cognome per la donna sposata. Era in anticipo di un secolo.
Altre proposte di legge riguardavano la riforma della pubblica istruzione, che, per favorire una società più matura e il "risorgimento della donna", punto centrale della visione culturale di Morelli, avebbe dovuto essere gratuita, laica e obbligatoria per tutti, maschi e femmine; il catechismo avrebbe dovuto essere abolito mentre avrebbero dovuto essere introdotte le materie scientifiche, le lingue straniere, la geografia, la storia, e una sorta di Educazione civica chiamata “Galateo delle Libertà”, per insegnare al popolo a conoscere i propri diritti.
Morelli richiese anche la possibilità di utilizzare la cremazione, almeno come misura igienica durante le epidemie e, nello sconcerto generale, in anticipo di circa 80 anni sulla legge Merlin, l'abolizione dei bordelli, attraverso cui lo Stato lucrava sulla degradazione della donna, offendendo la dignità "della donna e dell'intero Paese".
Altre iniziative precorritrici dei tempi furono la richiesta di abolizione della legge salica, che impediva alle donne della Casa Reale di ereditare il trono; di introduzione del matrimonio civile; della possibilità di accesso delle donne nei ginnasi; della limitazione delle spese per gli armamenti per destinarle alle scuole, agli enti di assistenza, ai servizi sociali.
L'unica proposta approvata tra le tante presentate e illustrate da Morelli fu quella del 1877, volta a riconoscere alle donne il diritto di essere testimoni negli atti del Codice civile, tra cui i testamenti, importante in linea di principio perchè costituiva un' affermazione della capacità giuridica delle donne. Fu discussa a scrutinio segreto il 26 marzo 1877 e passò a grande maggioranza.
L'opera nella quale Salvatore Morelli trasfuse il suo pensiero sulla donna, sui suoi diritti e sul suo ruolo nella società, è "La donna e la scienza, o la soluzione del problema sociale". La prima edizione del 1861 arrivava 8 anni prima dell'opera "The Subjection of Women" di John Stuart Mill, e traeva origine dall'elaborazione di un manoscritto del 1858 dedicato a Giovanna De Angelis.
Vi furono due successive edizioni ampliate di cui la terza, del 1869, fu dedicata a Claudia Antona Traversi, moglie dell’ avvocato milanese filantropo Giovanni Antona Traversi, amico di Mazzini e Garibaldi, che aveva fatto costruire un asilo-nido laico in Puglia dove la moglie Claudia era educatrice.
Per Morelli il problema dell’emancipazione femminile è fondamentale per il futuro della Nazione. Non solo perché, essendo la donna la prima educatrice, una sua maggiore consapevolezza culturale creerà generazioni migliori, ma perchè tutti i diritti civili e sociali le spettano in quanto persona umana; ad essa devono quindi aprirsi le Università, l'attività sociale e politica, ogni forma in cui essa desideri riversare il suo impegno.
Salvatore Morelli, incompreso dalla maggioranza dei contemporanei, fu però apprezzato da personaggi come Victor Hugo, Mazzini, Garibaldi, e Stuart Mill, con cui ebbe un intenso scambio epistolare e che sanciva la loro affinità culturale scrivendogli: “le questioni di cui fate cenno nella vostra lettera, la libertà di coscienza, la libertà dell’insegnamento, e l’uguaglianza giuridica della donna, mi stanno a cuore più d’ogni altra questione sociale e politica”. Fu ammirato dalle suffragettes inglesi e americane, che alla sua morte scrissero una lettera a un quotidiano italiano dove ne piangevano la perdita.
Non solo le sue idee sulla parità tra i sessi erano precorritrici dei tempi. Anche il suo modo di considerare l'educazione, l'istruzione, la cultura, come fondamento ineludibile per una società più giusta e più umana era "in anticipo", proiettandosi su tempi che non sono ancora giunti.
A un consigliere che gli rimproverava l’ aver proposto di destinare la metà del bilancio per la pubblica istruzione, e gli faceva notare che servivano soldi per realizzare opere pubbliche e per restaurare monumenti, Morelli rispose:"Il primo monumento da restaurare è l'uomo".
Oggi il suo nome è per molti, e per molte, quello di uno sconosciuto.
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