Lunedi, 09/06/2014 - E' forse tempo - per chi vuole vedere affermati i valori del Vaticano II - di aiutare papa Francesco? I media non mancano di ricordare maliziosamente che Papa Francesco è un "gesuita". Ma rispondere "chi sono io per giudicare?" ad ogni questione spinosa non è "gesuitico": sembra necessità di prendere tempo nei confronti di un'opposizione che incomincia a farsi sentire e contrasta non solo la riforma amministrativa del Vaticano, bensì il contenuto dottrinale di molte dichiarazioni. Lo stesso cardinal Kasper, che non è gesuita, richiesto dal National Catholic Reporter (6 maggio) di chiarire le accuse ancora una volta rivolte dall'ex-sant'uffizio alle suore americane, rispondeva "anch'io sono considerato sospetto! ma non posso farci nulla".
Temporeggiare non sempre giova, tanto più che, per esempio, cancellare le norme contro l'omosessualità può mettere a rischio molti cattolici africani di aree che la condannano. Tuttavia giova porre i problemi e argomentare i diversi punti di vista prima che diventino conflittuali.
Pochi giorni fa un gruppo di donne che amano uomini vincolati dal celibato avevano scritto al Papa chiedendogli di riformare lo status sacerdotale e Vito Mancuso aveva sostenendo il dovere di una risposta. Non era arrivato nemmeno un twitt, ma nelle conversazioni con i giornalisti al rientro da Gerusalemme, il Papa si è espresso così: " la Chiesa cattolica ha preti sposati nei riti orientali. Il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita, che io apprezzo tanto, e credo che sia un dono per la Chiesa. Non essendo un dogma di fede, c’è sempre la porta aperta". Questa volta lo stile è "da gesuita": non dice se la porta è aperta in entrata o in uscita. L'insufficienza dell'oralità, permette di immaginare che, come sempre, forse con maggior facilità, non ci siano ostacoli all'uscita dall'impegno sacerdotale per i preti a cui Dio ha regalato il privilegio dell' amore umano. Gli interessati ovviamente hanno delegato alle donne una controversia teologica che riguarda la loro libertà di figli di Dio e non aiutano il Papa.
Intanto si è riaccesa la contestazione contro "la teoria del gender". Per un'analisi di competenza l'ambito più privilegiato è, per tutti, proprio quello ecclesiastico: il "gender maschile" non può trovare un luogo per autoanalisi migliore dell'universo celibatario della Chiesa. Infatti sul genere femminile le donne hanno prodotto analisi argomentate, perfino teologicamente fondate: basterebbe studiarle, prima di pronunciarsi avventatamente. Come nella sua dura reprimenda il card. Gerhard Ludwig Mueller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nei confronti della Federazione delle Superiore delle suore cattoliche americane (Lcwr), a cui l'inquisitore ha chiesto addirittura se abbia ancora "la capacità di sentire cum ecclesia". L'inchiesta voluta anni fa da Benedetto XVI aveva comportato l'accusa di "errori dottrinali" e di "posizioni radicalmente femministe". Oggi alla presunta disobbedienza si accompagna la condanna di una scelta "considerata come una provocazione esplicita contro la Santa Sede e la Valutazione dottrinale". La minaccia fa riferimento al premio da conferire "ad una teologa criticata dai vescovi degli Stati Uniti per la gravità degli errori dottrinali nei suoi scritti". Suor Elizabeth Johnson è così poco eretica da insegnare all'Università Fordham dei gesuiti; come autrice di "Alla ricerca del Dio vivente" ha indagato l'esigenza religiosa all'interno dell' "evoluzione consapevole" di noi umani. La Lwcr - che associa l'80 % delle suore americane - si oppone alla manovra e si dice diplomaticamente orientata a proseguire il dialogo, mentre Kasper ha espresso riserve sul "modo un po' limitato" tenuto dalla Congregazione per la dottrina della fede: si consolino le suore, anche san Tommaso era sembrato sospetto.
Come tutte le donne, le suore sanno che la vita è complessa e che le dichiarazioni di principio non bastano. L'aborto non è un bene, ma abita le pieghe delle società: serve, come succede nella mia città, andare a pregare davanti alla clinica ginecologica? E la mamma cattolica di un ragazzo gay si deve sentire in colpa (o far sentire in colpa il figlio)? L'irresponsabilità procreativa è totale nei maschi: come mai la Chiesa finalizza ancora la sessualità alla procreazione e di conseguenza, per "omertà di genere", avalla l'egoismo maschile? E' possibile mantenere - nel "Nuovo" (in vigore dal 1997, dopo la Fidei depositum del 1992) Catechismo cattolico - per i peccati contra sextum (2351-56) la sequenza "masturbazione, adulterio, prostituzione, omosessualità e (orrore) stupro" senza capire che, mancando revisioni dottrinali, la Chiesa danneggia se stessa?
Il card. Scola sul Sole 24Ore (25 maggio) ricorda il rapimento delle studentesse nigeriane per condannare il terrorismo islamico, gli attentati alla libertà religiosa, la furia vendicativa di Boco Haram contro l'Occidente e i nostri principi educativi. Senza una parola sui diritti delle donne, la mercificazione dei loro corpi, il sessismo contro cui senza la protesta delle donne gli uomini e i governi forse non avrebbero reagito (intanto le ragazze continuano ad essere prigioniere). Sempre Scola, punto di riferimento di Cl, ha riproposto (Repubblica, 25 aprile) il suo libro sul "Mistero nuziale" (sèguito de "La bellezza dell'amore vissuto") accusando l'universalismo scientifico di aver "evacuato" il mistero della differenza sessuale, che è "originaria e costitutiva dell'uomo"; essa porta "l'alterità all'interno della persona... introduce all'esperienza del bisogno, della domanda, del desiderio, del piacere e del godimento..(e) apre obiettivamente la strada all'amore, la cui pregnanza si incontra nella fecondità". Non è solo l'uso neutro della parola "persona": la donna non possiede alcuna soggettività autonoma creaturale.
Nessuno sta sovvertendo i principi: come diceva Papa Giovanni XXIII per il Vangelo, si cerca di capire meglio. La "natura" non è puramente biologica e materiale: negli umani è anche cultura e la relazione privilegiata tra i generi che chiamiamo amore e/o matrimonio non è "per natura" la riproduzione. La Bibbia, che usa il termine "conoscenza" per il rapporto sessuale, implicitamente riconosce la natura di "due identità". Gli umani hanno inventato e reinventano nel tempo l'amore. I tradizionalisti come Scola assumono l' "uno" aristotelico, implicitamente maschio, come unico referente del termine "persona" e di ogni autorità e potere. L'amore come valore è, in ogni caso, tenerezza, erotismo, intesa, confronto e condivisione, uguaglianza di diritti e di doveri, reciprocità dialogica tra due esseri tra loro differenti e diversi. Anche per atei, filosofi illuministi e scienziati darwiniani. Per fortuna molti preti sono dolcemente indulgenti non per obbedienza alla Legge, ma perché una qualche volta si sono innamorati e hanno capito. A Scola sfortunatamente non è capitato, come ai tanti che insegnano ciò di cui non hanno competenza.
Dalle attualizzazioni dell'ideologia cattolica - che non è la fede - derivano episodi periferici di contrapposizioni sociali spiacevoli. In un Liceo romano è stato boicottato il vademecum dell'Oms sulla riforma dell'educazione sessuale nelle scuole destinato agli educatori di tutta Europa, accusato di contenere "abominevoli proposte" di educazione sulla "masturbazione infantile precoce", la "teoria del genere" e la propaganda "pro-sessualità diversa": un attacco all'identità della famiglia naturale e un tentativo di "desessualizzare" l'uomo.
L'educazione dovrebbe fondarsi sulla conoscenza e sulle scelte che hanno a che vedere il bene, anche nella conoscenza e l'uso del proprio corpo. D'altra parte Papa Francesco, l'11 aprile, ricevendo sia il Movimento per la Vita sia l’Ufficio Internazionale Cattolico per l’Infanzia, dopo aver condannato l' "ideologia di morte" e la "cultura dello “scarto” che si traducono in aborti e infanticidi, ha insistito sul "diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva, continuando a maturare in relazione alla mascolinità e alla femminilità di un padre e di una madre". Il riferimento è chiaramente ai matrimoni gay, alle famiglie arcobaleno e forse alla fecondazione assistita. Meno comprensibili - e l'informazione giustamente non ha voluto metterci sopra i riflettori - le parole sui bambini "cavie da laboratorio" che ricordano "gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX".
Aprendo invece l'assemblea Cei del 19 maggio, Papa Francesco ha accusato la "sterilità delle nostre parole e delle nostre iniziative", l'amore generico che "senza la verità si risolve in una scatola vuota", “un cristianesimo...facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali”. Questa Chiesa, lo dice Francesco, va aiutata. Forse proprio la questione della sessualità, dei "generi", la filosofia femminista (temi sostanzialmente rimossi e lasciati alla doppia morale dei comportamenti privati) potrebbero aprire prospettive di conoscenza non sterili. Forse nemmeno un Papa coglie il limite dell'autosufficienza maschile nel non saper dare spazio al rinnovamento. A Gerusalemme nessuno gli ha detto che la Corte suprema israeliana ha dovuto legittimare la richiesta delle donne ebree, fin qui ritenute fonte di disturbo, di pregare a voce alta indossando i tefilin. Le donne dovrebbero solo appellarsi ai tribunali civili? L'uomo non vede "le pietre scartate", come dice una recente indagine sulle teologhe, e non cerca alleanze con l'altro genere per affrontare il futuro. Il mondo cattolico sembra unito in virtù della successione apostolica, ma è sostanzialmente diviso e vulnerabile: può condannarsi ai facili adeguamenti o agli abbandoni. Se Francesco davvero vuole rinnovare la "visione" della Chiesa, oggi in caduta libera, ha bisogno di testimonianze coraggiose e di contributi costruttivi da parte di laici e clero a sostegno esplicito dello sforzo riformatore che ormai è anticipato nel riconoscimento soggettivo delle sue parole di speranza.
Contro questo tentativo si verificano altre cose "strane", come la riesumazione della scomunica a carico di una signora fondatrice dell'associazione internazionale Noi siamo chiesa. La rivista Concilium, che era già in spedizione quando è stata riesumata la scomunica, tematizza il numero "Dall' anathema sit al 'chi sono io per giudicare': l'ortodossia oggi", per ripensare appunto l'ortodossia alla luce del nucleo centrale della fede in Cristo, un'ortodossia "permeata di spirito pastorale e non intesa e praticata come arma di controllo". Anche perché scomuniche o dogmi ex cathedra sono oggi non tanto obsoleti quanto controproducenti. Tuttavia, se il Papa non intende ancora dichiarare in termini formalmente impegnativi un'apertura nuova in questioni socialmente e religiosamente conflittuali, chi non si arrende a disperare del futuro deve sentire il dovere di non perdere per la seconda volta il Concilio Vaticano II e di sostenere il futuro della sua Chiesa.
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