Giovedi, 03/05/2012 - “…dicono che da un certo momento ogni estate lei si mise a distruggere a colpi di scalpello tutte le opere scolpite nell’annata. E io dico che così tornava ad essere maestra di se stessa.”
Ci sono libri che spingono al coraggio. Uno studio tutto per sé di Federica Iacobelli è uno di questi. Il fil rouge che collega i quattro protagonisti (Bella e suo nonno, Dora e Clara) è lo spazio. Spazio pittorico, spazio scenico, spazio dell’anima e delle sue contraddizioni, spazio che rende libero lo sguardo e chiari gli obiettivi. Spazio dell’agire.
E’ un libro che vien voglia di riprendere in mano più volte, con la certezza di riuscire a inebriarsi della frase giusta al momento giusto, perché del fare artistico c’è tutto: tecnica, storia, talenti, sogni, gusto, delusioni, fatica, mercato, passione.
Sono tanti gli interrogativi che le tre amiche si pongono durante un’intera estate, scambiandosi e-mail furtive ma intense. E’ il loro piccolo segreto, che presto s’incarnerà in qualcosa di grandioso: il difficile binomio donna-artista verrà smantellato e ricomposto, rimesso a nuovo, lucidato e fortificato. Immagino Clara con il suo temperamento femminista, chiusa nella sua stanza, con una gran voglia di esplodere e rivendicare i suoi sforzi. Clara come Camille Claudel, o come la ribelle Leonora Carrington. Bella invece la figuro intenta a discutere animatamente con suo nonno, sempre in preda al suo lieve ma costante tormento: scrivere o dipingere? Un po’ Vanessa Bell un po’ Virginia Woolf. E poi c’è Dora, la ricca e frivola viaggiatrice, più da vernissage che da studiolo, potremmo dire. Eppure quel riscatto rivive anche in lei, anzi, forse con ancora più forza e autenticità perché non basta lo studio, non basta il talento, non basta l’ingegno: bisogna farsi spazio. Essere artista per una donna non deve voler dire vergognarsi, non dev’essere sinonimo di ‘senza professione’, non può stare ad indicare una mancanza di aspirazione. E mentre scorgo tra le righe lo sguardo fiero e commosso del nonno, ricordo la frase che un mio buon maestro disse un giorno…“quando nelle persone sarà stata iniettata la smania di perfezionamento sarà allora che l’educazione avrà svolto il suo compito”…ed è questa la storia dell’arte che avrei voluto studiare a scuola.
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