Slovacchia - Servirebbero più donne al lavoro per incrementare il Pil, ma intanto incentivano la maternità. Per stimolare l’aumento demografico
Cristina Carpinelli Lunedi, 13/02/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2012
Uno dei possibili modi per aumentare il Pil della Slovacchia, secondo il ministero delle Finanze slovacco, è di aumentare il numero delle donne che lavorano. Come dimostrerebbe uno studio del Financial Policy Institute (IFP) del ministero, la Slovacchia avrebbe i risultati peggiori - rispetto agli altri paesi UE più sviluppati - nella percentuale di donne che partecipano attivamente al mercato del lavoro. Questa percentuale in Slovacchia è 61 (66 quella registrata, invece, nell’Ue complessiva). Nello studio dell’IFP si legge che “l’aumento della partecipazione delle donne slovacche al lavoro comporterebbe un aumento del Pil di 1,6 punti percentuali”. Secondo l’Istituto, le misure che lo Stato dovrà adottare per sostenere l’occupazione femminile si dovranno incentrare sull’introduzione di agevolazioni fiscali per i redditi della seconda persona che guadagna in famiglia. In più, bisognerebbe ritoccare l’età pensionabile. La scarsa partecipazione delle donne sul mercato del lavoro è causata, infatti, anche da una relativamente bassa età pensionabile - la più bassa tra tutti i paesi dell’OCSE, documenta l’IFP: 57,5 anni per le donne con due figli.
Tuttavia, in controtendenza alle indicazioni rilasciate dal ministero delle Finanze sul sostegno alle donne nel mercato del lavoro, è stato di recente predisposto un disegno di legge, secondo cui le madri che andranno in congedo di maternità riceveranno un’indennità pari al 65% del loro stipendio, con un incremento del 5% rispetto al 60% oggi garantito. Inoltre, le neo mamme potranno rimanere a casa con i loro bambini, ricevendo un’indennità per 40 settimane, 6 settimane in più rispetto alla normativa vigente. Il disegno di legge - se approvato - entrerà in vigore nel 2012. Con questo provvedimento il ministro del Lavoro, Affari sociali e Famiglia, Jozef Mihál (SaS/Libertà e solidarietà), ha affermato di voler migliorare lo status economico delle giovani madri. In realtà, obiettivo del governo è anche quello di stimolare la crescita demografica del paese, in netto calo. Per la premier Iveta Radičová un incremento demografico renderebbe, inoltre, sul lungo periodo, sostenibili i sistemi pensionistici: “L’attuale evoluzione demografica non lascia alternative. Ecco perché dobbiamo aiutare le giovani famiglie; la soluzione radicale per le pensioni è fare più figli. Questa è l’unica soluzione a lungo termine”.
La crisi economica che sta dilagando in tutta Europa, non gioca del resto a favore dell’inserimento delle donne nel mondo del lavoro. Intanto il gap di genere salariale in Slovacchia si sta riducendo, ma non a causa di politiche del lavoro virtuose nei confronti delle donne, bensì a seguito di una recessione senza precedenti che sta gravemente minando i settori (industria pesante) con più alta concentrazione di manodopera maschile, riducendo di conseguenza il gap salariale di genere. Presto anche i settori del lavoro, dove maggiore è la composizione della forza-lavoro femminile (industria leggera), saranno colpiti dalla crisi e ciò spingerà fuori del mercato del lavoro, innanzitutto, le maestranze femminili. Ma ecco ora i dati sul divario salariale tra i sessi: gli uomini in Slovacchia guadagnano quasi un quinto in più delle donne, secondo un rapporto redatto dal ministero del Lavoro, Affari sociali e Famiglia. Mentre un uomo ha portato a casa in media 928 euro il mese nel 2010, le donne hanno ricevuto in media uno stipendio di 705 euro. L’occupazione ha proseguito a deteriorarsi nel 2010 sia per gli uomini che per le donne, ma ha mietuto molte vittime soprattutto di sesso maschile: “Sotto vari aspetti, gli uomini si sono avvicinati alla già difficile situazione vissuta dalle donne, riducendo così le differenze di genere; ma ciò non è dovuto al miglioramento della condizione femminile, bensì alla situazione degli uomini che sta peggiorando” - si legge nel rapporto. Il divario di retribuzione è evidente anche nelle pensioni, dove i pensionati di sesso maschile ricevono un compenso medio di 400 euro il mese, il 21% in più rispetto a quello medio femminile - che è di 315 euro il mese. Il gap nelle pensioni è cresciuto dal 16,8% del 2005 al 21% del 2010.
La tendenza a considerare il lavoro femminile “addizionale” (se non addirittura non necessario) si sta già profilando all’orizzonte. In base ai dati statistici di profesia.sk (portale slovacco dedicato al lavoro), le imprese slovacche stanno sempre in minor misura prendendo in considerazione (per il 25%) il curriculum di una donna rispetto a quello di un uomo quando sono in cerca di nuova forza-lavoro. Lucia Burianova, portavoce e manager della società profesia (proprietaria e amministratrice del portale profesia.sk), ha recentemente testimoniato come le imprese cerchino soprattutto giovani maschi flessibili di età inferiore ai 30 anni che siano disposti a sacrificare il loro tempo libero per il lavoro: “Le donne sono interessanti solo fino all’età di 25 anni. Dopo questa età, le loro possibilità sul mercato del lavoro cominciano a ridursi. Le aziende si aspettano che desiderino mettere su famiglia e, dunque, privilegiano gli uomini. La Burianova ha concluso il suo discorso, affermando che “Le donne ricevono una seconda possibilità intorno ai 40 anni. Le opportunità di carriera terminano praticamente all’età di 50 anni, e questa volta sia per gli uomini che per le donne”.
A peggiorare il quadro delineato sono i dati di un dossier - stilato dal ministero del Lavoro e preliminare alla realizzazione del piano d’azione nazionale 2009-2012 per la prevenzione e l’eliminazione della violenza contro le donne sui luoghi di lavoro (giunto a metà anno 2011 all’Ufficio del governo per essere esaminato dal Consiglio dei ministri) - che hanno rilevato come gli Ispettori del lavoro, nel 2010, non abbiano compiuto alcun monitoraggio in merito ai casi “in aumento” di molestie sessuali a danno delle lavoratrici. Il piano d’azione nazionale, che è diventato già operativo, dovrebbe porre un freno alle discriminazioni di genere e ridurre il ripetersi di episodi violenti diretti alle donne nei posti di lavoro. In esso è anche previsto che l’Ispettorato nazionale del lavoro (NIP) si attivi più efficacemente perché sia davvero applicata la legislazione in materia di discriminazioni sui luoghi di lavoro.
Sul fronte della presenza femminile nella vita pubblica, pur avendo la Slovacchia un primo ministro donna, il numero delle donne impegnate in politica è ancora molto basso. Questo è quanto riferisce la sociologa slovacca Zora Bútorová dell’Istituto per gli Affari Pubblici (IVO). La composizione dell’attuale governo con una ministra alla Giustizia (Lucia Žitňanská; SDKU-DS/Unione Cristiana e Democratica Slovacca-Partito Democratico) e una premier (Iveta Radičová; SDKU-DS/Unione Cristiana e Democratica Slovacca-Partito Democratico) posiziona, ciò malgrado, la Slovacchia ai gradini inferiori della classifica europea per quanto riguarda la presenza femminile nei posti di potere in politica: “Ci sono pochi paesi in Europa che hanno un primo ministro donna, tuttavia questi stessi paesi compensano questa assenza con una consistente presenza femminile tra i membri del governo”, ha detto la Bútorová (fonte: Tasr). La sociologa di IVO ha sottolineato che la presenza delle donne nella vita politica slovacca è inadeguata. Nel parlamento la loro quota si è ridotta. D’altro canto, i partiti politici non dimostrano alcun interesse verso il problema: “Dal 2004 ad oggi, la questione delle quote per le donne in politica non è stata presa in considerazione da alcun partito, e non è stata oggetto di dibattito né in previsione delle elezioni del 2010, né in sede di discussione sulla modifica della legge elettorale”, ha concluso la Bútorová. In più, da un sondaggio condotto recentemente da Eurobarometro “Women in leadership”, i cui risultati sono stati presentati in occasione dei 100 anni della “Giornata Internazionale della donna” (8 marzo 2011), emerge chiaramente che le donne slovacche, più delle altre europee, non sembrano propense ad appoggiare l’introduzione di “quote rosa” per consentire la partecipazione femminile ad una vita pubblica più attiva.
Meno grigia risulta la posizione della donna slovacca nel mondo del lavoro, se indaghiamo le carriere al femminile. La quota di donne ai vertici dirigenziali è, infatti, relativamente buona. Lo ha affermato Daniela Sulcova dell’Ufficio stampa del ministero del Lavoro, Affari sociali e Famiglia. Il ministero sta, dunque, rispondendo in maniera soddisfacente ad un appello lanciato recentemente dai membri del parlamento europeo alle principali imprese in Europa. I deputati hanno, infatti, invitato le imprese a far sì che almeno il 30% di posti nel top management e nei Consigli di amministrazione delle aziende siano occupati da donne entro il 2015 (la percentuale sale a 40 entro il 2020). Il ministero slovacco è intenzionato a premiare quelle aziende che avranno un numero pari di uomini e donne con ruoli manageriali. “Il riequilibrio della rappresentanza uomo-donna nei consigli di amministrazione non è solo utile alle donne, ma ha anche vantaggi economici generali, poiché mette a pieno frutto sia il potenziale maschile che quello femminile, stimolando il fattore competitivo tra le imprese” - ha affermato Katarína Sirotna dell’Ufficio parità di genere, pari opportunità e integrazione degli stranieri presso il ministero del Lavoro, Affari sociali e Famiglia. Il ministro del Lavoro Mihál ha informato dell’appello lanciato dai deputati europei l’Associazione dei Datori di lavoro, l’Unione Repubblicana dei Datori di lavoro e le Camere di commercio, chiedendo loro di sensibilizzare le imprese slovacche in direzione dell’attuazione dei punti contenuti nell’appello.
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