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Un’azione politica per rinominare diritti e doveri

Un’azione politica per rinominare diritti e doveri

UDI - Ileana Alesso, 54 anni, avvocata di Milano, all’Udi dal 2007. Tra le promotrici del Comitato “Quando decidiamo noi…”

Colanicchia Ingrid Martedi, 19/05/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2009

In uno degli ultimi incontri nazionali del Comitato “Quando decidiamo noi…” si è decisa un’iniziativa particolare per riaffermare diritti e doveri in merito alla maternità. Ce ne parli?

Abbiamo deciso di procedere nei confronti di tutte le Regioni con una diffida, da notificarsi mediante gli Ufficiali Giudiziari, affinché venga data piena, e solerte, attuazione ad una disposizione di legge prevista nel Progetto Materno Infantile e confermata nel Piano Sanitario Nazionale. Si tratta di una norma che attribuisce alle puerpere il diritto alla assistenza sanitaria domiciliare, attraverso le visite delle ostetriche, nei primi giorni di vita del bambino a garanzia della normale evoluzione dell'evento. Si tratta di una norma di attuazione dell’art. 31 della Costituzione sul valore sociale della maternità. Ora, è noto che spesso queste visite domiciliari intervengono con ritardo o non intervengono affatto poiché sono sovente le madri con i bimbi a mobilitarsi e a recarsi presso le strutture ospedaliere in quel cono d’ombra tra la dismissione ospedaliera e la successiva presa in carico del pediatra. Il Comitato nazionale quando decidiamo noi ne ha preso atto e ha deciso di utilizzare gli strumenti che il diritto mette a disposizione. In questo caso, individuato l’obbligo di legge e individuato il soggetto cui spetta il dovere di darvi attuazione abbiamo strutturato un atto di diffida. La diffida ripercorre la ratio e la lettera della legge e rappresenta la situazione quale è, in luogo di ciò che dovrebbe invece essere e invita ciascuna Regione a utilizzare i poteri conferitigli dall’ordinamento “affinché tutte le strutture sanitarie presenti sul territorio regionale, aziende sanitarie, ospedali e consultori diano la massima informazione sulla facoltà della puerpera e del neonato/a di ricevere le predette visite domiciliari e provvedano ad adempiere al dovere di effettuare e di garantire le visite domiciliari a coloro che potendo accedere alla scelta informata decidano di avvalersene”. La scelta che abbiamo operato è stata quella di non inseguire le singole strutture ospedaliere ma di agire in modo sistemico su tutte poiché su tutte le strutture ospedaliere vi è la competenza della Regione. In questo modo prendiamo il bandolo della matassa. Per questo la diffida si conclude con la espressa avvertenza, rivolta al Direttore Generale, al Presidente della Regione e all’Assessore alla Sanità, che “l’omissione di qualsivoglia idonea iniziativa volta a rendere effettiva la assistenza del servizio sanitario alla madre al bimbo/a a tutela della salute psicofisica e del benessere di entrambi determinerà l’avvio di tutte le conseguenti azioni giuridiche e giudiziarie a sostegno delle donne che per la nascita di un figlio/a divengono madri restituendo alla funzione pubblica la propria responsabilità nell’interesse della persona e della comunità”. Le strategie che ci hanno fatto scegliere questa strada si basano su due punti: il primo è che noi crediamo di avere dei diritti mentre loro fingono di non avere dei doveri; il secondo è che per giungere ai diritti spostiamo il focus sui doveri.



Cosa vi ha indotto a concentrare il vostro lavoro su questa particolare declinazione del tema dell’autodeterminazione, dall’inizio al centro della riflessione del Comitato ?

Se dovessimo dirlo con poche parole diremmo che abbiamo scelto il futuro nel senso che ci siamo concentrate sulla sterilità della funzione pubblica che ha fatto diventare il generare un lusso e il lavorare un privilegio. Se lo Stato e le pubbliche amministrazioni fossero pari ai propri doveri istituzionali, generare oggi, tra precarietà e futuro, sarebbe meno problematico. Vediamo tante donne che con tante difficoltà desiderano diventare madri e trovano ostacoli in ogni dove. Anche in quel particolare momento in cui dimesse sempre più precocemente dall’ospedale, si trovano sole. È un momento di ansia e difficoltà: supporti sociali e culturali legati all’accudimento, come in epoca passata, non ci sono più. Abbiamo voluto intervenire. Si parla tanto di maternità, specie in occasione dei rituali attacchi alla legge 194, ma si fa poco per le madri. Ecco, sostenere la maternità significa sostenere le madri. Sostenere le donne che hanno deciso di esserlo. Autodeterminarsi significa questo: libere di scegliere.



Quali impegni per il prossimo futuro?


Tanti progetti. Partiamo dal Laboratorio che abbiamo deciso nell’ultimo incontro e che è in corso di preparazione. Si terrà a Bologna nel settembre prossimo e sarà aperto a tutte le donne interessate, singole o Associazioni. Il Laboratorio sarà uno spazio comune a cui si accede da ingressi diversi. Lo spazio comune è la libertà femminile e le porte di accesso sono rappresentate da quattro gruppi di lavoro che hanno come tema: il generare oggi tra precarietà e futuro; il corpo femminile tra esposizione e occultamento; i linguaggi e le rappresentazioni; le simulazioni di autogoverno. Abbiamo individuato le referenti per ciascun gruppo e sono: Laura Piretti, Marina Mariani, Maria Chiaramonte e Tiziana Garlato. Sul nostro sito www.udinazionale.org daremo via via notizia delle tappe del lavoro. E poi più avanti, entro l’anno, secondo la tabella di marcia che ci siamo date, un’altra iniziativa con un tratto giuridico ed europeo. Il diritto è politica e perché fermarci all’Italia? Ne parleremo più avanti. A presto risentirci.



(19 maggio 2009)

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