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Un’alba nel Maharashtra

Un’alba nel Maharashtra

Diario dall’India / seconda tappa - Da Aurangabad a Badami: immagini, colori, profumi, suggestioni di un paese affascinante e contraddittorio

Katia Graziosi Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2008

Ad Aurangabad dobbiamo liberare la stanza d’albergo alle cinque del mattino. La ragione è che è in arrivo il treno notturno da Mumbay sempre stracolmo di pellegrini in visita alle sacre grotte buddiste di Ajanta ed all’antico sito indù di Ellora.
Che alzataccia! Ma non siamo i soli, qualche monaco buddista è già in cortile a preparare il thé su un fuocherello improvvisato. Questo albergo modestissimo e piccolo ha dato anche ospitalità ad una quarantina di monaci in visita alle grotte sacre. Sono stati sistemati alla meglio nell’ampio camerone adiacente al terrazzo che porta al tetto, dormono a terra su stuoie. Gli umili alberghetti accanto al nostro sono stracolmi di pellegrini, alcuni dormono nei cortili avvolti nel solito telo. È una marea di monaci e famiglie con bambini provenienti dal Tibet. Per loro è un pellegrinaggio molto importante, che richiede sacrifici: prima visitano il Dalai Lama a Dharamshala e poi vengono qui per completare il percorso religioso da bravi buddisti.
È ancora buio e c’è solo la luna a illuminare tutto poiché a quest’ora la corrente elettrica manca sempre. L’autista che ci ha guidato ai siti fuori città in questi giorni scarica delle persone e, vedendoci, insiste per invitarci a casa sua. Forse è un po’ presto per una vista di cortesia alle cinque del mattino, ma andiamo ugualmente.Raggiungiamo un quartiere periferico immerso nell’oscurità, non siamo più abituati a muoverci in una città quasi completamente buia. Qui il problema energetico è molto sentito, la corrente elettrica viene interrotta per fare funzionare alcune fabbriche. La casetta è decorosa ed in un angolo si nota subito un altarino con immagini sacre della religione induista. La moglie ci accoglie con una candela in mano, insieme ai due figli: una bella ragazzina ed un giovanotto sui venti anni. Ci viene offerto riso, yogurt, frutta, thé. La signora sorride e resta in disparte senza parlare, insieme alla figlia. L’autista ci spiega che con il suo lavoro – anche se l’auto non è sua – è riuscito a dare una discreta istruzione ai propri figli. Il ragazzo parla francese e aiuta il padre, mentre la ragazzina frequenta le scuole superiori.
Prima del nostro commiato madre e figlia si ritirano alcuni minuti e ricompaiono vestite con sari coloratissime ed adorne di collane. L’aria attorno a noi si fa profumata, sono le lunghe ghirlande di fiori che ci vengono offerte. La madre recita delle nenie propiziatorie per il lungo viaggio che ci apprestiamo ad intraprendere, poi ci abbraccia. Siamo commossi per l’inaspettata accoglienza.
Ci attendono chilometri di strade dissestate in una pianura arsa dal sole, siamo nella grande regione del Maharashtra. Secchi cespugli sono l’unico cibo per piccoli greggi di capre guidate quasi sempre da bambine e bambini. Poi finalmente le strade migliorano. Incontriamo coltivazioni di mais, canna da zucchero, soia, grano e cotone. Nei campi: donne e ancora donne al lavoro, riconoscibili in lontananza dalle sari colorate; scarsa automazione in agricoltura, qualche vecchio trattore qua e là. È l’India dei villaggi sviluppatisi lungo le arterie principali. File di camion trasportano di tutto. Alte colline bianche si intravedono all’orizzonte. Sono enormi concentrazioni di cotone il cui raccolto è terminato da poco.
È una bella campagna, in alcune zone è più lavorata, in altre è brulla, lasciata alla pastorizia. Le casupole sono quasi sempre capanne di paglia, le migliori di mattoni rossi fatti a mano dalle donne, come ci capiterà di vedere.
Si intuisce che è una popolazione laboriosa ed in via di sviluppo.Strade e pompe di benzina sono in costruzione, ma il terzo mondo è sempre lì e fa capolino a volte in modo più evidente e con punte di povertà stridenti.
Il verde aumenta, come pure le macchine agricole, ecco pozzi e invasi di acqua. Bellissime risaie allineate a formare una geometria perfetta. E ancora donne e donne chine nell’acqua. Incrociamo mercatini di verdure e frutta bellissima. Sono soprattutto loro, le donne, a tenere questi piccoli commerci.
Penso che l’attuale rapido sviluppo dell’India passi anche attraverso il sostegno di questa fondamentale economia rurale tutta al femminile. È un paese in cui è in continua crescita il fenomeno dell’immigrazione dalle campagne verso i grandi centri urbani industrializzati con megalopoli oramai impossibili da governare.
Siamo a Badami, un minuscolo paese che custodisce bellissimi templi rupestri induisti dell’India antica.
Il sito è eccezionale sia per la posizione – situato sulle rive di un bacino artificiale – sia per le sculture ed i bassorilievi. Shiva dalle otto braccia seduto sul serpente è stupendo, come pure lo sono le scene mitiche che rappresentano coppie di amanti che alludono alla fertilità.
Dall’alto, il panorama dei templi che abbiamo di fronte e di quelli più in basso nel grande bacino d’acqua, toglie il respiro tant’è magnifico. Donne stanno lavando e lentamente le gradinate dell’enorme bacino si colorano: sono i metri e metri delle sari stese ad asciugare al sole.
Tutto qui è polveroso con un traffico di motorini e auto vecchie i cui clacson emettono un costante rumore dall’alba a notte fonda. Le vacche passano, sostano, ti guardano e aspettano qualcosa, i maiali di forma minuta e con pelo scuro tali da sembrare cinghialini, cercano cibo fra cumuli di immondizie, le scimmie che di sera lasciano gli alberi e i monumenti antichi, si avventurano nelle stradine del paese, pure le galline razzolano libere.
Animali e persone, una convivenza perfetta senza separazioni. Anziani sadu (saggi che vivono di elemosine e percorrono l’intera India) con lunghi capelli e barbe bianche, sostano davanti ai templi e incutono rispetto. Tutto è ai poli estremi, tutto è inverosimile, qui in India.

(12 febbraio 2008)

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