Colla Elisabetta Sabato, 27/12/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2015
L’ultimo Ken Loach - Jimmy’s Hall - non delude, impegnato, poetico e very British (anzi Irish, in questo caso) come sempre e senza mai annoiare, sorretto da una solida sceneggiatura, con immagini e protagonisti scelti con grande cura e palesi richiami all’attualità socio-politica che continua ad opprimere i giusti e valorizzare gli oppressori. Jimmy Gralton (l’attore Barry Ward) è un lavoratore irlandese di idee progressiste e socialiste, costretto a fuggire in America, nel 1921, alla vigilia della Guerra Civile, perché osteggiato con determinazione dal parroco bigotto e dai conservatori locali per aver costruito, insieme ai suoi amici, una sala polivalente (la Pearse-Connolly Hall), dove tutto il Paese si ritrova per ballare, leggere, suonare e dipingere. Dopo dieci anni, nel bel mezzo della Grande Depressione, Gralton ritorna da New York ed i giovani del posto gli chiedono di riaprire la sala e ridare al villaggio uno spazio di pensiero. Ma la mentalità del clero locale, alleato ai signorotti che sorvegliano la ‘moralità’ e l’anti-comunismo del territorio, non sono cambiati, e Jimmy rischia la vita ed il carcere. Un film che non sembra girato da un regista settantottenne ma da uno spirito giovane ed anticonformista, come quello di Loach sarà sempre. Molto importante il ruolo attribuito dal regista alle arti ed alla cultura nella società, come mezzo unico per fare ‘comunità’, mantenere un pensiero indipendente e sottrarsi al controllo del potere bieco e del perbenismo. “Ci sono ancora molte persone appassionate ed idealiste - afferma Loach - ma sono poco rappresentate e chi è contro il mercato viene considerato un estremista”.
Lascia un Commento