Venerdi, 22/07/2011 - Ho trovato questo libro sul comodino di mia figlia e, per curiosità, ho cominciato a leggerlo, scoprendo che trattava della mia generazione, quella che negli anni sessanta ha vissuto le prime volte: le mestruazioni, uscire da sola con le amiche e andare alle feste di pomeriggio, indossare la minigonna, guardare la televisione, divertirsi con Carosello, praticare uno sport, le cotte e tutta la sequela dei particolari di una quotidianità italiana. Il racconto è una storia catanese, come dice il sottotitolo, ma la precisione di nomi e cognomi dei familiari, delle amicizie, delle vie, delle piazze e di tutti i luoghi, in cui si ambienta la narrazione, rafforzata da inedite foto d’epoca, localizzando, apre all’intera nazione gli avvenimenti, i comportamenti e gli atteggiamenti, propri di una classe sociale: la borghesia.
Questo libro può essere letto come un attento ed onesto studio di quella componente della società di allora: gli antenati, la formazione culturale, gli interessi, gli acquisti, le aspirazioni delle donne e quelle degli uomini, le professioni, le attività del tempo libero, gli oggetti, la moda e tanto altro ancora. Un racconto scientifico, non un parlare a vanvera, bensì una costruzione logica, dove l’obiettività ha una parte notevole, tanto che non viene in mente di trovarsi di fronte al nostalgico intimismo di un diario o di una confessione. Un trattato di sociologia o d’antropologia?
No. Se l’atteggiamento è scientifico, l’intenzione dell’autrice è dichiarata: ci tiene ad esprimere il suo punto di vista, perché figli e marito, a cui è dedicato il libro, ma anche un’ eventuale futura nipote di nome Cristina, amici, conoscenti e lettori sappiano come la pensa sulla condizione femminile e umana, sugli avvenimenti storici(il boom economico, i figli dei fiori, gli anni di piombo, il femminismo), sull’amicizia, sulla formazione di una bimba di quella generazione e su se stessa( Scrivo per rileggermi, per capirmi…)
L’autrice è un funzionario dell’Amministrazione archivistica del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, vicepresidente dell’Associazione “Progetto Donne del Mediterraneo”, ha pubblicato numerosi lavori, relativi alla sua attività professionale e ha partecipato a premi letterari, come si legge nella breve biografia. E’ il profilo di una persona realizzata, di una donna emancipata e di una professionista, che ha saputo farsi valere e che, soprattutto, è riuscita a conciliare gli impegni di lavoro con le responsabilità familiari. L’autrice scrive per chiarire quanto sia costato, a lei come a tutte le donne di quella generazione, che hanno potuto studiare in obbedienza al volere dei genitori e poi lavorare, costruendo una famiglia secondo tradizione. L’autrice narra come abbia saputo e dovuto accettare la realtà, pur nella consapevolezza delle contraddizioni con un suo personale sentire e pensare, repressi. Come voleva la famiglia e la società.
L’amarezza esplode nelle ultimissime pagine, quasi a dare voce ad un grido, trattenuto fino ad oggi.
Una storia personale. Il grido delle donne di quella generazione: Maledetta bellezza.
Cristina Grasso, Maledetta bellezza, Giuseppe Maimone Editore, Catania 2009
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