Intervista a Donna Tata - vive a Christiania da 30 anni e fa l'artigiana, producendo scarpe fatte a mano che vende in tutta la Danimarca
Maurizio Ledovini Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007
Si chiama Consolata Blanco, 50 anni, originaria della Sicilia, artigiana, produce scarpe fatte a mano. Due figli cresciuti nella comunità di Copenhagen, dove da trent’anni vive e lavora.
L’abbiamo incontrata lo scorso settembre, in Italia, con una delegazione di christianiti, in un campo organizzato da diverse associazioni emiliane. Un’occasione di incontro per parlare di musica e teatro, ma anche di democrazia diretta, autogoverno e autogestione.
Cosa ha abbandonato dell’Italia, che l’ha portata a scegliere Christiania e le sue forme di convivenza?
A Milano, dove vivevo con i miei genitori, alla metà degli anni ‘70, era molto difficile mettere in pratica i sogni di comunità e autogestione. Cosa che invece, ho potuto realizzare a Christiania. Per di più mi sono staccata dalla famiglia, scelta fondamentale per la mia crescita personale.
Credo che il mio percorso sia iniziato dall’esigenza di sentirmi più partecipe alla vita politica, alle decisioni che in qualche modo influenzano la vita di tutti i giorni. Non mi piace di l’idea di firmare una delega in bianco e lasciare la responsabilità di tutto a chi troppo spesso è lontanissimo dalle esigenze della gente comune.
A Christiania ha avuto due figli, come accoglie la comunità i bambini e quali sono le forme di sostegno alla madre?
A Christiania i bambini vivono con i loro genitori in modo piuttosto tradizionale. Ciò nonostante qui si stabilisce spontaneamente una rete sociale fra tutti i genitori, che assicura ai bimbi di avere relazioni strette con tante persone. Si incontrano e si seguono al nido, nei due asili e al doposcuola e poi al club, per i più grandi. Queste strutture sono gestite e finanziate interamente dalla nostra comunità. Non essendoci a Christiania traffico di automobili private, i bambini posso muoversi liberamente in una grande area, hanno rapporti con tanti adulti che li conoscono e li proteggono. Si sentono sicuri e questo permette loro di confrontarsi con la realtà di tutti i giorni in modo diretto. Tutto ciò li rende più maturi e indipendenti. I genitori hanno anche un rapporto stretto con il personale delle istituzioni. Molte madri si incontrano quando i bambini hanno pochi mesi e imparano a massaggiare i neonati nella nostra “casa della salute”.
In Italia si discute molto sulla partecipazione femminile alla vita politica, come è la situazione a Christiania?
Non penso che abbia caratteristiche particolari, però sta di fatto che a Christiania la presenza maschile è in maggioranza. Anche se la forma di partecipazione universale, permette a tutti di avere un ruolo attivo nelle decisioni che riguardano la comunità, in realtà spesso sono gli individui di genere maschile, più carismatici di altri, ad imporre la loro volontà. Il tutto però non mi scandalizza più di tanto, la divisione dei compiti, in base alle attitudini e alle preferenze di ognuno, è un fatto naturale. Ciò che invece secondo me può far riflettere anche l’opinione pubblica italiana, è che le donne a Christiania emergono in tutti quei gruppi di gestione, dove sono le doti di organizzazione e mediazione a fare la vera differenza.
Lei oggi ha 50 anni, due figli cresciuti, e lavora come artigiana producendo a mano scarpe che le sono richieste da tutte le parti della Danimarca, come definirebbe la sua scelta di vita: politica, esistenziale o altro?
Direi che la mia sia stata una scelta politica. Ho voluto impegnarmi in prima persona, non delegando mai a nessuno la responsabilità della mia felicità. Una scelta di accoglienza e apertura, ma anche di rifiuto verso tutte quelle situazioni che il sistema finisce per imporre all’individuo,
impedendogli di agire secondo la propria coscienza. Mi sembra che in Italia si parli molto della difesa della famiglia in senso tradizionale. Credo che ciò che molti definiscono l’istituzione della
famiglia, sia in realtà un concetto molto più sfaccettato, che comprende … il focolare, una sera a casa con gli amici più cari, una telefonata alla persona che ti sa ascoltare e ti aiuta nei momenti più duri, il ricordo delle persone che ci sono state vicine, insomma, non solo le relazioni di sangue, ma anche di vicinanza, amicizia, condivisione, di ideale etc. Chi cerca di definire in maniera troppo rigida la famiglia e di chiuderla all’interno di quattro mura senza finestre, in realtà non la ama.
Con la minaccia di smantellare Christiania la politica irrompe di nuovo nella sua vita, come vive la situazione?
Le leggi speciali su Cristiania volute dal governo danese, effettivamente mettono a repentaglio tutto quello che abbiamo costruito in questi anni. Da parte nostra c’è una volontà aperta di arrivare ad un accordo, che non snaturi la nostra esperienza e ci consenta di proseguire … stiamo pensando alla creazione di una fondazione. Spero sinceramente che si possa arrivare ad un compromesso. Sono comunque ben cosciente che tutto quello per cui ho lottato potrebbe finire da un momento all’altro. L’esperienza che ho vissuto è stata così formativa e totalizzante, che penso di poterne serenamente far tesoro, in qualsiasi altro contesto.
Christiania in Italia, 7-17 settembre 2006, come è stata questa esperienza?
Il campo di Ponticelli, le manifestazioni e gli incontri che per dieci giorni si sono susseguiti a Bologna e Modena, sono stati un momento veramente emozionante. Abbiamo conosciuto molte persone che condividono gli stessi nostri ideali, che hanno voglia di impegnarsi in prima persona nelle scelte – politiche – che la vita di tutti giorni comporta. Tante sono state poi le manifestazioni di solidarietà per la situazione difficile che vive Christiania in questo periodo. Sconsolante è stato invece il rapporto con certa stampa italiana, che ha ci ha definiti hippies e drogati, veri e propri giudizi razzisti che hanno messo in luce un pensiero retrogrado e conservatore. Per fortuna le persone, anche quelle che non conoscevano l’esperienza di Christiania, ci hanno accolto con molto calore e curiosità, dimostrando un interesse profondo per la nostra esperienza.
(22 gennaio 2007)
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