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Una quasi eternità. Intervista a Domenico De Masi

Una quasi eternità. Intervista a Domenico De Masi

demoBOOM/2 - L'aumento della popolazione significa bocche da sfamare ma anche tanti cervelli in più che creano e sognano. Il futuro sarà delle donne: più longeve, preparate, libere e decisive

Marina Caleffi Lunedi, 13/01/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2014

“Extraterrestre portami via, voglio una stella che sia tutta mia…”. La canzone del’78 di Eugenio Finardi sembra quanto mai up to date immaginando il 2050 e un Pianeta overbooking. Saremo così tanti da pestarci le “piume”? Troppo calore umano sarà irrespirabile? Vivere insieme sarà un’esperienza estrema, al punto da desiderare fin da ora un “..un pianeta su cui ricominciare”? L’economia si è divorata la politica, la finanza ha fatto un sol boccone dell’economia, cosa potranno dieci miliardi di persone tutte insieme, tra emozione e razionalità? Per la sopravvivenza avrà più valore la cooperazione o la competitività? Ne parliamo con il Prof. Domenico De Masi, che ci offre un certain regard originale e creante.

“Quando parliamo di incremento della popolazione, parliamo di numeri e di innumeri bocche da sfamare. Io immagino il cervello che c’è sopra la bocca. Dieci miliardi di cervelli popoleranno il Pianeta. La più grande massa cerebrale della Storia e dei pianeti conosciuti. Dieci miliardi di persone che si svegliano tutte le mattine e cominciano a pensare. Che vanno a letto tutte le sere e cominciano a sognare. Un patrimonio straordinario: un’energia, una forza immaginativa, riflessiva, una capacità di amare e di odiare come nella Storia dell’uomo non c’è stata mai”.



Numeri che creano problemi ma anche lei dee necessarie per risolverli. E impongono riflessioni su nuovi e possibili modelli di comportamento nei confronti della collettività. Etici, estetici, religiosi…

Potrebbe anche verificarsi un’auspicabile riduzione dei divari sociali. Che non sono necessariamente in rapporto diretto con la quantità della popolazione. Differenze sociali che purtroppo oggi nei Paesi ricchi tendono ad aumentare: per guardare in casa nostra, in Italia, i primi dieci contribuenti hanno la ricchezza di tre milioni di persone. La società post industriale è quella, dopo il Rinascimento, più estetizzante in assoluto. Le tecnologie del resto hanno esaurito le molte possibilità di sviluppo. Dieci miliardi di persone aumenteranno, se possibile, questa tensione verso la dimensione estetica. E credo ci si incammini verso una maggior laicizzazione, una lunga strada iniziata dall’Illuminismo. Più laici e più politeisti. Del resto il fondamentalismo, pensiamo a quello islamico, ci appare già come un’incongruenza. Mentre in passato coesisteva e si confrontava con altri integralismi ideologici.



Una struttura demografica così robusta presenta sfide che devono essere comprese a fondo e colte in modo efficace ed efficiente. L’anello debole della questione riguarda le proiezioni sull’invecchiamento della popolazione. Ipsa senectus morbus…o opportunità?

Sulla vecchiaia bisogna intendersi: mentre l’inizio della vita ci vede simili, non altrettanto possiamo dire per l’anzianità e la morte. Potremmo quasi affermare che non esistono due persone che muoiono nello stesso attimo e allo stesso modo. E dunque non esistono due vecchiaie uguali.



Cos’è, allora, la vecchiaia e quando comincia?

È un problema tutto da discutere. Ho amici totalmente “rincoglioniti” a 60 anni e altri, come Oscar Niemeyer, uno dei più grandi architetti del mondo, morto l’anno scorso a 105 anni, che fino a una settimana prima creava e ragionava perfettamente. Considerare anziana la popolazione al di sopra dei 65 anni è finzione crudele e stupida. La vecchiaia comincia due anni prima di morire. Lo indica il dato che rivela come in questo lasso di tempo la spesa per farmaci sia pari a quella di tutta la vita precedente. Ma è un esile indicatore esso stesso. Siccome non sappiamo quando moriremo, non possiamo neppure immaginare quando cominceremo ad invecchiare. Nessuno davvero può dire quanti saranno gli anziani tra questi dieci miliardi di persone. Stabilirlo è pura astrazione statistica o banalità giornalistica.



Dunque non è peregrino pensare che potremo attivare capacità e talenti, senza vincoli e limiti di sorta. E in questa dimensione le donne dovrebbero avere un grande ruolo da giocare: numero, studi, competenze saranno patrimonio da spendere molto bene…

È già possibile ipotizzare come evolverà, da qui al 2020, la condizione femminile nella società e nel lavoro. Nel mondo vivranno mediamente tre anni più degli uomini. In Italia sette anni più degli uomini. Il 60% degli universitari, dei laureati e dei possessori di master saranno donne. La maternità risulterà meno antitetica al lavoro e alla carriera. Molte donne sposeranno un uomo più giovane di loro. Pensiamo poi che negli ultimi due anni il numero delle madri che vivono sole con i figli è aumentato del 28%. Le biotecnologie e l’ingegneria genetica consentiranno scambi di spermatozoi, prestiti di uteri, selezioni e clonazioni naturali. La scienza e il costume, dunque, permetteranno alla donna di procreare figli senza avere un marito, mentre agli uomini non sarà tecnicamente possibile avere dei figli senza avere una moglie. Ne deriverà una forma inedita di matriarcato. La cortesia, la dolcezza delle buone maniere, la raffinatezza diventeranno altrettanti fattori competitivi e prevarranno le aziende dotate di una cultura più cortese. I valori tradizionalmente femminili, sommati alla preparazione, alla flessibilità, all’apertura mentale, alla voglia di sperimentare e di mettersi in gioco, determineranno la superiorità sociale della donna. Nelle coppie giovani entrambi i partner condivideranno le attività di produzione e di cura. A tutto vantaggio anche del maschio che non sarà più un cretino specializzato che, dedito ad un solo mondo, ne ha ricavato unicamente aridità. La “furbizia” maschile di retrocedere davanti alla doppia presenza, al doppio lavoro, delegandolo alla donna si è rivelata un boomerang per il maschio stesso.

La donna dunque più affaticata ma certo meno alienata coglierà la superiorità sociale, affermerà la superiorità professionale. La creatività ormai indispensabile nel lavoro umano, è una dote multipla, fatta di fantasia e di passione non meno che di concretezza e di ragione. I maschi, storicamente educati all'agire razionale, rigido e programmato, appaiono sempre meno idonei ad attività creative che richiedono senso estetico, multitasking, flessibilità, soggettività. Dovunque si afferma questo tipo di attività; già ora le donne si sono rivelate indispensabili perché dotate delle skills necessarie ad adiuvandum della loro preparazione scrupolosa. Ma le previsioni le indicano protagoniste anche nei settori tradizionalmente appannaggio dei maschi (banche, politica, multinazionali, ecc.) e nei ruoli decisionali. E le donne più innovative instaureranno nuovi stili di leadership e nuovi modelli di convivenza aziendale basati sulla parità tra i sessi.



Al centro del nuovo sistema sociale, dobbiamo cominciare a prepararci ad un primato, non solo demografico, che ci competerà. Non solo perché così vuole il corso naturale degli eventi, ma grazie ai decenni di lotta inesausta dietro le spalle…

Nessuna lotta è stata così tenace, a volte in sordina, a volte in prima persona. Come, per esempio, sta avvenendo in questi giorni in Russia, dove le ragazze affrontano il carcere per la lotta femminista. Nessuno vi ha regalato niente. Anche perché chi detiene il potere non regala cose a chi non le ha.

Twitter@marinacaleffi

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