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Una Presidente della Repubblica?

Una Presidente della Repubblica?

L'elezione di Mattarella-bis ha davvero messo la parola fine alla prima Repubblica. Un ricordo personale ma utile a 'leggere' il presente. E il futuro

Martedi, 01/02/2022 - "Questa" elezione di Mattarella-bis ha davvero messo la parola fine alla prima Repubblica. Cosa che preoccupa e che va lasciata alla preparazione delle "politiche" dell'anno prossimo. Ci sono finite dentro anche le donne. Senza grandi novità, anzi scusate la testimonianza autobiografica, ma credo che introduca bene l'atttualità. Scusatemi, ma ogni tanto vale testimoniare.

Il Sandro Pertini di una volta usava ricevere al Quirinale l'8 marzo le parlamentari, una "visita confidenziale" che non divenne mai consuetudine quirinalizia. Compagno di mio padre dall'antifascismo, mi voleva alla sua destra, non importava che toccasse alla vicepresidente della Camera. Subito si congratulò per la crescita di "potere" delle donne: "avete la Thatcher...". Mentre io borbotto "tanto la Thatcher è un uomo", lui si volta a guardarmi "Eh no, mia cara: io l'ho vista da vicino ed è una bella donnotta".  Questo era il meglio del rapporto donne/Quirinale negli anni '80 del secolo scorso.

Quanto al Parlamento, quando l'Italia adottò la Convenzione Onu Contro tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (14 marzo 1985), l'approvazione venne discussa in un'Aula vuota, con tutte le commissioni al lavoro. Interviene la relatrice Ivanne Trebbi, che viene interrotta ("siccome legge l'intervento, può consegnarlo ai segretari"): lei si oppone e continua. Seguono brevi interventi di circostanza dei partiti. Per la Sinistra Indipendente tocca a me, furiosa: l'atto aveva valore simbolico, era atteso dalle donne, avvilito da un'istituzione, da partiti insensibili e mi presi tutto il tempo concesso (pubblicato fa 30.250 battute), improvvisando da un banco di prima fila presidiato da due rappresentanti d'Aula, Labriola e Pochetti, che in piedi davanti al mio microfono sollecitavano a finire. Resta agli atti, ma non c'è scritto che non era stato un intervento formale. Era una protesta.

Oggi siamo state tirate in ballo per la Presidenza della Repubblica. Senza nessuna attenzione al 52% dell'elettorato rappresentato evidentemente da un solo genere che si è auto delegato per "parità" e si permette di usare nomi femminili per togliersi da problemi conflittuali irrisolvibili.

Dopo l'ignobile gioco di presentare un incandidabile (per ragioni giudiziarie) Berlusconi, i cui scandali sono stati condannati a parole anche dalla sinistra, che tuttavia non ha alzato la voce  in nome della dignità di un intero genere (e senza ricordare al paese immemore la gravità delle leggi ad personam). Non bastava: si sono portate alla gogna mediatica Casellati (che, anche se da avvocata ha giustificato la "nipote di Mubarak", si chiama Elisabetta e non Matteo); e poi Belloni, una donna eccezionale che non doveva subire questa offesa.

Non ci siamo. Abitiamo le istituzioni, ma non sono casa nostra. Anche le elette obbligate a partecipare ad un potere che non si riforma, che si allarga a concederti incarichi perché siamo brave, "come un uomo". Le più giovani debbono stare attente a non dare spago al patriarcato che ti lascia coprire posti prestigiosi purché non si riformi il sistema.

Eppure qualcosa si muove: la sinistra dovrebbe studiare la realtà dei fatti e riflettere, perché in Europa, - ma non solo - le donne stanno emergendo come leader riconosciute nei partiti, per la verità prevalentemente di destra. Ma, soprattutto, in molti paesi europei il voto sta premiando le donne: Danimarca, Finlandia, Georgia, (Germania), Gran Bretagna, Islanda, Lituania, Norvegia, Serbia, Slovacchia, Svezia, sono governati da una donna e l'Estonia è l'unico paese al mondo che ha voluto che siano donne tanto il Capo di Stato quanto il Capo di Governo.

L'informazione politica non evidenzia questa crescita e nessun dato ha monitorato continuativamente l'incidenza dei generi nell'elettorato e nei processi, per sapere storicamente quale genere vota-donna di più, se gli uomini o le donne. Le italiane non sono mai state innamorate di un voto settario a favore del proprio genere, ma l'associazionismo femminile non ha alcuna possibilità di influire sulle masse se le organizzazioni politiche pubbliche non si pongono il problema di una politica delle donne. Infatti nella vita quotidiana lavoratrici e casalinghe ma anche studentesse non sanno che la difesa dei loro interessi può determinare cambiamenti benefici per l'intera società: vittime dei social, assorbono lo scontento e la sfiducia nella cosa pubblica. Le più giovani sono pronte a rivendicare posti paritari a tutti i livelli: stiano attente a non adeguarsi al modello unico che riconduce al patriarcato.

Spero che abbia ragione una veterana come Madeline Allbright che, come Segretaria di Stato Usa, sembrava un "falco" ma da quando è andata in pensione ha rivelato il suo femminismo occultato per dovere, essendo obbligo del suo ruolo valere come un uomo. Racconta che la prima volta che partecipò al Consiglio di sicurezza, vedendosi seduta al tavolo con 14 uomini, si era domandata "ma che ci faccio io qui?". Poi, incontrando altre donne delle istituzioni di altri paesi ed esponenti dotate di autorità, aveva trovato che quasi tutte sentivano la percezione del limite che le obbligava ad adeguarsi al modello maschile: "le cose cambieranno quando le donne di governo saranno tante e potranno voltare pagina ai ruoli. Se oggi consideriamo quello che succede in Ucraina e al piacere che induce i maschi alle sfide e ai venti di guerra, come parteciperanno a eventuali conflitti i governi retti da donne? La Allbright dice che, se cresceranno, saranno le donne a impedire Armageddon.... Bisognerà crederci.

 


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