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Una Presidente a Roma

Una Presidente a Roma

Michelle Bachelet - La Presidente del Cile insieme al Presidente Giorgio Napolitano all'inaugurazione dell'Anno Accademico dell'Università Roma Tre.

Angelucci Nadia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2007

Più di tante parole sono piccoli segnali, a volte a margine e cornice di una situazione, che riescono a dare un significato ad un contesto.
Nell’Aula Magna dell’Università Roma Tre, che per l’occasione ospitava, nel segno della tradizione, docenti abbigliati con toghe ed ermellini, l’arrivo sorridente e disinvolto di Michelle Bachelet, Presidenta del Cile, il suo breve ma gioioso saluto a Giuliana Sgrena malgrado la presenza massiccia del servizio d’ordine e il tailler tra il fucsia e viola acceso indossato dalla Presidenta, hanno portato un soffio di aria nuova e buonumore.
Anche il suo atteggiamento durante l’intervento ha sottolineato una discontinuità rispetto alla rigidità della tradizione e un’attenzione speciale a privilegiare il rapporto diretto con la platea, che ha coinvolto nel suo ragionamento parlando praticamente a braccio e rivolgendosi direttamente all’uditorio. Piccoli segnali, certo. Ma nell’immobilismo a cui siamo abituati anche uno sbattere d’ali sembra una cannonata.
E ancora, un ricordo emozionante legato al colpo di stato del 1973. All’indomani del golpe in Cile Giorgio Napolitano, che oggi accoglie la Presidenta Bachelet, aprì in Piazza Santissimi Apostoli, a Roma, la prima manifestazione di solidarietà contro il brutale rovesciamento del governo di Salvador Allende. Nel settembre del 1973 Michelle Bachelet aveva 22 anni e le toccò assistere, come a tanti suoi concittadini, al bombardamento della Moneda, il palazzo del governo, e alla fine sanguinosa del governo democratico. C’è, in questo incontro tra Presidenti che hanno vissuto in maniera così differente lo stesso avvenimento, qualcosa di commovente che ha a che vedere con la fatalità e il rigore della Storia. C’è anche il segno della forza propulsiva di un continente, l’America Latina, capace di svegliarsi da un incubo e rilanciare, nel caso del Cile, con una presidenza femminile piena di contenuti e, forse, l’immobilismo della nostra Europa il cui ricambio di una classe dirigente, seppur meritevole, appare impossibile.
Queste sono le ragioni che ci spingono a guardare con interesse il percorso del Cile che, anche se in modo più moderato, si inserisce nel processo più ampio dei paesi sudamericani che stanno mostrando la volontà di sperimentare nuove soluzioni politiche e nuovi modelli sociali.
La Bachelet, il cui padre, generale fedele ad Allende, morì in seguito alle torture subite nelle prigioni della dittatura, fu lei stessa imprigionata nel tristemente noto carcere clandestino di Villa Grimaldi.
La lezione tenuta dalla Presidenta in occasione dell’apertura dell’anno accademico, verteva su ‘Diritti umani, democrazie e coesione sociale’, tre beni da lei definiti “cruciali per la convivenza nel mondo odierno; tre beni pubblici globali dei quali dovrebbe godere ogni persona” e che sono alla base della creazione di “un ordine sociale più giusto e più inclusivo” possibile “solo se si mette al centro del dibattito il rispetto della dignità della persona umana”. Ha ricordato la sua generazione costretta ad “affrontare la persecuzione politica” e a diventare “adulta in questa lotta”. Questa esperienza ha consegnato alla sua generazione un mandato etico da lasciare alle generazioni future perché mai più accada quello che in tanti hanno vissuto; pronti oggi a “porre molta enfasi nel concetto di riparazione, di educazione e di memoria”.
Analizzando i sistemi politici si è soffermata sulla democrazia come “il sistema politico nel quale i diritti possono crescere, svilupparsi ed estendersi”, ma ha sottolineato la necessità di “porre molta attenzione ai fattori che possono mettere in crisi questo sistema come la fragilità delle strutture di controllo, la mancanza di trasparenza, la corruzione e il disinteresse dei cittadini nei confronti della politica”. Ha concluso rammentando di essere “una militante di sinistra fin dalla gioventù” e di perseguire la giustizia sociale come parte fondante del suo DNA politico. La grande sfida e l’imperativo etico per il rafforzamento delle grandi democrazie progressiste risiedono, secondo la Bachelet, nel raggiungimento della coesione e della giustizia sociale. Ha lasciato la platea con una domanda: “come possiamo continuare a rafforzare le nostre democrazie, far crescere il benessere e lo sviluppo della libertà ma allo stesso tempo far fiorire l’equità sociale?”
Proprio a questo suo interrogativo è doveroso legare le tante contraddizioni che sta vivendo il Cile. Se la sua biografia personale ce la fa sentire vicina per gli eventi che ha dovuto vivere e le scelte che ha fatto, la sua biografia politica, specialmente da quando è al governo nel suo paese, non è sempre in linea con quanto sostiene e quanto ascoltato in questa occasione. In particolare rispetto ai diritti umani del popolo originario dei mapuche, allo scarso vigore dimostrato nel combattere le vere disuguaglianze sociali che affliggono il suo Paese, come educazione, sanità e trasporti pubblici, e ai privilegi incredibili ancora in possesso dell’esercito. Non ci basta che una donna sia al potere per essere soddisfatte, vorremo davvero che ci sia un segnale forte di esercizio della ‘differenza’.

(17 ottobre 2007)

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